The Decameron: la recensione della nuova serie Netflix ispirata a Boccaccio
Adattando (molto) liberamente il capolavoro di Boccaccio, la nuova serie originale Netflix racconta, con toni da black comedy, la grottesca lotta per la sopravvivenza di un'umanità terminale. Con esiti non sempre felici
Dal 25 luglio è disponibile su Netflix The Decameron, la serie di otto episodi creata da Kathleen Jordan con la collaborazione di Jenji Kohan (Orange is the New Black) e ispirata alla celebre opera di Giovanni Boccaccio. Una trasposizione decisamente anomala, che usa il testo di partenza quasi come semplice spunto per una storia di amore, morte, seduzioni e tradimenti (ma anche classismo e disuguaglianza sociale) decisamente convenzionale, anche quando si confronta con temi complessi e con altri prodotti seriali recenti dello stesso genere (My Lady Jane, The Buccaneers).
Con un cast di giovani volti noti al pubblico delle piattaforme – dalla Tanya Reynolds di Sex Education alla Zosia Mamet di Girls, passando per la Saoirse-Monica Jackson di Derry Girls e l’Amar Chadha-Patel di Willow – The Decameron sembra così indecisa se voler essere una classica serie comedy Netflix in salsa medievale o qualcosa di completamente nuovo e differente. Il risultato è così una serie che, pur sorretta dalla bravura e dalla simpatia dei suoi interpreti, non riesce a trovare una sua direzione precisa, trasformandosi ben presto in un’opera a tratti confusionaria e caotica che ben poco ha da spartire con il testo di partenza.
Indice:
- Trama
- Un adattamento inevitabile?
- Tra convenzioni e indecisioni
- Quando il black humour (forse) non basta
Trama – The Decameron recensione
Firenze, 1348. Mentre la peste nera dilaga in tutta Europa, tra i nobili della città comincia a girare la voce che in campagna il morbo non sia ancora arrivato. È così che un gruppo di cittadini abbienti, assieme ai loro fedeli servitori, riceve l’invito di un lontano conoscente, il Visconte Leonardo, a trascorrere quei giorni di morte e follia nella sua tenuta tra i boschi fuori Firenze: Villa Santa. Ma da subito è chiaro come le cose siano più complicate del previsto. Il padrone di casa, infatti, risulta scomparso, probabilmente già morto di peste e nascosto dal maggiordomo Sirisco (Tony Hale) per paura di perdere la propria posizione.
Ma anche da parte degli ospiti i segreti e i misteri sembrano essere all’ordine del giorno: da quello che custodisce Licisca (Tanya Reynolds), serva travestitasi da nobildonna dopo aver gettato la sua padrona Filomena (Jessica Plummer) giù da un ponte, a quello che nasconde la coppia composta da Panfilo (Karan Gill) e Neifile (Lou Gala). Per non parlare degli strani rapporti di co-dipendenza che legano la manipolatrice Pampinea (Zosia Mamet) alla serva Misia (Saoirse-Monica Jackson) e il nobile Tindaro (Douggie McMeekin) al suo medico Dioneo (Amar Chadha-Patel). Riuscirà questo gruppo male assortito a sopravvivere alla peste e, soprattutto, a una convivenza forzata che non pare destinata ad avere vita breve?
Un adattamento inevitabile?
Non si può certo dire sia un fulmine a ciel sereno questo adattamento seriale del “Decameron” di Boccaccio. A partire dall’omonimo film di Pasolini e dal filone da esso involontariamente generato nel corso degli anni Settanta (il così detto sottogenere “decamerotico”), per poi arrivare al nuovo millennio con titoli dimenticabili come Decameron Pie ma anche interessanti come il Meraviglioso Boccaccio dei Taviani, sono stati molti infatti gli adattamenti – più o meno fedeli, più o meno pretestuosi – dedicati alla celebre opera.
Era solo questione di tempo, allora, prima che l’immortale raccolta di novelle vedesse una sua trasposizione seriale, forse scorgendo in questo formato il contenitore ideale per rendere al meglio la sua natura corale e la sua struttura episodica. Eppure è proprio di quella struttura che The Decameron decide sin da subito di fare a meno, conservando solamente la cornice dell’opera originaria (il gruppo di giovani rifugiatisi in campagna per fuggire alla peste) e accontentandosi delle dinamiche che intercorrono tra i personaggi presenti in essa, sulla falsariga di tanti altri prodotti originali Netflix.
Tra convenzioni e indecisioni
Più un pretesto che un reale adattamento, dunque. Come se gli autori avessero voluto semplicemente trovare un contesto inedito e originale a una vicenda che di originale ha ben poco. Eppure sarebbe fin troppo facile etichettare The Decameron come un Sex Education nel Trecento o un Boccaccio in salsa Bridgerton. Perché al di là degli stravolgimenti e della lesa maestà a mancare nella serie creata da Kathleen Jordan sembra proprio l’originalità e l’audacia che avevano sancito il successo della serie con Gillian Anderson e Asa Butterfield, quel senso di libertà (anche sessuale) che pur rimane alla base anche di questa serie e dei suoi sviluppi.
Tra un erotismo decisamente convenzionale – con scene di sesso mai veramente esplicite e spesso pretestuose – e una vicenda che a volte pare girare su se stessa, con allontanamenti e ritorni, prevedibili colpi di scena e dinamiche risapute, The Decameron pare costantemente indeciso su quale direzione prendere, su cosa fare di quelle premesse che avrebbero meritato una scrittura più ispirata e rigorosa.
Quando il black humour (forse) non basta
È così che la serie sembra sospesa a metà strada tra commedia degli equivoci e gioco al massacro, erotismo patinato e black humour, indecisa se assecondare appieno la sua anima ludica (i colpi di scena, gli intrighi e i tradimenti) o il suo sbandierato sottotesto politico (i rapporti di classe, le ingiustizie sociali). Un contesto caotico al cui centro restano i personaggi con le loro parabole narrative, i loro sensi di colpa e desideri, in un percorso alla scoperta di sé a tratti forzato e posticcio.
Un’operazione non del tutto riuscita e di cui, probabilmente, non ci sarebbe nemmeno stato bisogno. Ma godibile quanto basta per essere un discreto prodotto di intrattenimento fatto di battute e momenti esilaranti, una colonna sonora immancabilmente eighties (Depeche Mode, Joy Division, New Order, Duran Duran, Pet Shop Boys…) e una riflessione sull’amore e le sue derive tossiche (“l’amore ha lunghi artigli”) non banale benché solamente abbozzata. Tutto quello che serve, insomma, per la potenziale serie dell’estate. Nel bene e nel male.
The Decameron
Voto - 6
6
Lati positivi
- Il tono da commedia nera ben si sposa alla vicenda e alla recitazione sopra le righe dei suoi interpreti
Lati negativi
- La storia, mettendo da parte la struttura novellistica, spesso gira su se stessa e le dinamiche tra i personaggi a volte sono fin troppo risapute
- Le tematiche, anche quando interessanti (i rapporti tossici, le disuguaglianze sociali), spesso sono poco approfondite