The Devil’s Candy – la recensione dell’ horror scritto e diretto da Sean Byrne
The Devil’s Candy (2015) è una pellicola horror appartenente al cinema indipendente che racconta una tragica storia di possessione demoniaca a ritmo di Heavy Metal.
Jesse (Ethan Embry) è un pittore tormentato che insieme a sua figlia Zooey (Kiara Glasco) e sua moglie Astrid (Shiri Appleby) acquista una casa che in passato era stata teatro di omicidi. Dopo essersi trasferito con la sua famiglia, qualcosa di sinistro si risveglia nella casa: litanie demoniache iniziano a risuonare nella mente di Jesse mentre le sue capacità di pittore maturano improvvisamente. La sua arte muta, i suoi quadri adesso raffigurano morte e demoni. Come se non bastasse Ray (Pruitt Taylor Vince), un killer di bambini indemoniato, inizia a tormentare e ossessionare Zooey. Ray è anche il figlio dei precedenti proprietari della casa infestata. Jesse dovrà scegliere se cedere alla forza demoniaca musa ispiratrice della sua nuova vena pittorica di successo o se sacrificare tutto per salvare la sua famiglia.
I riferimenti cinematografici di The Devil’s Candy sono molteplici, primo tra tutti Shining (Stanley Kubrick). Ma la vicenda si ispira anche al leggendario musicista Robert Johnson che secondo il mito firmò un patto con il diavolo per diventare il miglior chitarrista Blues della storia. Nel film, inoltre, viene citato più volte il killer satanico Charles Manson.
The Devil’s Candy è intriso di arte: la pittura di Jesse, caratterizzata da nervose ed energiche pennellate di colore, si fonde alla ruggente e rabbiosa colonna sonora Heavy Metal. Le tracce dei vari Machine Head, Slayer, Ghost, Sun O))), Metallica dettano la narrazione e sorreggono la struttura dell’intero film. I riff heavy descrivono sia il bel rapporto tra padre e figlia che la presenza del maligno soprattutto in quelle scene dove la ragione dei posseduti naviga drammaticamente nell’oscurità.
Visivamente The Devil’s Candy è ben realizzato. Il regista Sean Byrne utilizza classiche inquadrature statiche per girare l’intera pellicola. Con la sua regia ci suggerisce per tutto il film che “il diavolo è nei dettagli”. Infatti il rosso, a cui l’ immaginario collettivo è solito associare il colore dell’inferno e del diavolo, è presente in quasi ogni inquadratura, che siano particolari o sfondi. Ad esempio il rosso è nella barba e nella capigliatura di Jesse, nella tuta di Ray, nella croce della vetrata del portone, nelle luci, nella leggendaria chitarra Gibson Flying V, nei quadri, nel rossetto sulle labbra della segretaria della galleria di quadri, nel manico della pala con cui il killer scava le fosse, nel pregiato cognac “sangue della terra” che Jesse offre al suo nuovo gallerista, nell’accendino e nella tanica di benzina usati da Ray…e ovviamente nel sangue e nelle fiamme (senza citare la mostruosa locandina del film).
Venendo ora ai personaggi possiamo dire che il protagonista Jesse, talentuoso pittore “metallaro” ricoperto di inquietanti tatuaggi, è ben caratterizzato. Quando Jesse viene posseduto dal demonio comincia a dipingere demoni e fiamme, diventa inoltre depresso, spaventato, ossessionato e talvolta rabbioso, con rari momenti di lucidità. Inizia così a sacrificare i rapporti con la sua famiglia per la sua arte. Jesse cambia, e cambiano anche le tonalità di colore dei suoi quadri. Se nelle scene iniziali utilizzava molto il bianco ed il blu adesso utilizza principalmente il nero ed il rosso. Da sottolineare che questo cambio di tonalità si può notare anche semplicemente guardando le mani di Jesse, sporcate da colori differenti durante il film. Interessante, anche se meno forte, la figura della figlia Zooey e il rapporto con suo padre. Convince poco la moglie Astrid, abbastanza fuori luogo come personaggio ed estraniata dal rapporto padre-figlia; viene inoltre messa da parte per buona parte del film. Il serial-killer Ray invece è inquietante, ma non abbastanza, non incute il giusto timore anche perchè a volte è così impacciato e “bambinesco” che cade nel ridicolo.
La storia è la solita trama già vista, risentita, lineare, piatta, così scontata da rendere il film spesso prevedibile e noioso sebbene scorrevole nei suoi 90 minuti. Il punto a favore è che The Devil’s Candy, a differenza di tanti horror moderni, punta sulla tensione psicologica e su una minacciosa colonna sonora piuttosto che sul classico mostro ad effetto. Alla fine dei conti The Devil’s Candy mette paura, ma non abbastanza e questo è sicuramente un problema per un horror. Proprio per questo, per la debolezza della trama e per quella di alcuni personaggi , The Devil’s Candy, pur essendo una buona e originale prova di stile dal punto di vista visivo e uditivo, scende immancabilmente nel mare magnum della mediocrità. Piacevole e divertente, ma non troppo. Consigliato per passare una serata differente.
Vi lasciamo al trailer del film, nelle sale italiane dal 7 settembre 2017. Buona visione
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Rating - 6
6
The Good
- Colonna sonora
- Personaggio principale
- Non il classico horror
The Bad
- Trama
- Personaggi secondari deboli
- Non abbastanza paura