The Gentlemen: recensione della serie Netflix di Guy Ritchie
I folli mondi criminali di Guy Ritchie rivivono in una serie che è la summa delle tematiche e della poetica del regista britannico
Dal 7 marzo è disponibile su Netflix la serie The Gentlemen, creata, scritta e diretta da Guy Ritchie. Un ideale spin-off dell’omonimo film del 2019 che racchiude in se tutti gli archetipi, i temi e le situazioni ricorrenti dell’autore di Lock & Stock e The Snatch, dando vita a un’educazione criminale fatta di personaggi sopra le righe, dialoghi esilaranti, umorismo imperante e un gusto per il racconto immediatamente riconoscibile.
Prodotto per Netflix da Miramax Television, il primo esperimento seriale (se si esclude quello di Lock, Stock, ispirato al primo film di Ritchie ma non interamente curato da lui) del regista britannico si fa così summa della sua poetica, esaltazione del suo ormai celeberrimo universo criminale e di uno stile capace di rimanere sempre uguale a se stesso indipendentemente dal formato utilizzato. Una sfida a suo modo vinta, che si prende tutto il tempo a sua disposizione per raccontare personaggi e situazioni, incurante di un senso di déjà vu inevitabilmente destinato a fare capolino durante la visione.
Indice:
Trama – The Gentlemen recensione
Alla morte del padre, il capitano Edward Halstead (Theo James) scopre che il genitore ha lasciato tutto a lui, escludendo l’inetto primogenito Freddy (Daniel Ings) dal testamento e dal titolo di duca. Uno shock ben presto surclassato dalla scoperta che il vecchio lord era anche in affari con una famiglia di gagster specializzata nella produzione e nella distribuzione di marijuana. Vittima degli eventi a Eddie non resta così che adattarsi, facendosi guidare in quel nuovo mondo dalla giovane Susie (Kaya Scodelario), figlia del temibile boss Bobby Glass (Ray Winstone).
Per saldare i debiti di gioco del fratello però il duca sarà ben presto costretto a sporcarsi le mani in prima persona, immergendosi fino al collo in un sottobosco criminale in cui stranamente sembrerà sempre più a suo agio. Tra misteriosi personaggi altolocati (Giancarlo Esposito) e gangster senza scrupoli Eddie dovrà così lottare per proteggere la sua famiglia e i suoi interessi da tutti coloro che vorrebbero mettere le mani su quell’impero criminale di cui, suo malgrado, è entrato a far parte.
Dallo zoo alla giungla
C’è chi vive nella giungla e chi, incapace di sopravviverci, si accontenta di stare in uno zoo. È una visione del mondo semplice e cristallina quella che da sempre caratterizza i film di Guy Ritchie. Realtà criminali archetipiche dove a prosperare è sempre il più forte, il più furbo, il più spietato e dove tutti sono pronti a fregarsi a vicenda, in barba (o quasi) a qualsiasi affetto o legame famigliare. Non sorprende allora che anche il primo, vero esperimento seriale del regista britannico si immerga proprio in quello stesso mondo, riprendendo lo spunto alla base dell’omonimo film del 2019 per espanderlo fino a costruirci attorno un ideale spin-off.
Perché se i punti di contatto col lungometraggio con Matthew McConaughey e Hugh Grant si esauriscono con l’idea del “sistema” messo in piedi dal boss Mickey Pearson (immense piantagioni sotterranee di cannabis nascoste negli ampi possedimenti dell’aristocrazia inglese), il mondo in cui il giovane duca Edward si ritrova suo malgrado catapultato è sempre lo stesso. È qui, tra castelli e campi nomadi, tra un incontro di pugilato e una bevuta coi peggiori criminali di Londra, che prende piede un’anomala scalata al crimine che ricorda e allo stesso tempo si distingue dai film precedenti.
Un nuovo respiro
La principale differenza tra The Gentlemen e il resto della filmografia del regista sembra d’altronde risiedere soprattutto nei tempi dilatati e nel respiro più ampio del suo racconto. Con a disposizione otto episodi dalla durata consistente Ritchie approfitta infatti del formato seriale per prendersi tutto il tempo che gli serve. È così che la lenta discesa del protagonista nel sottobosco criminale di Londra e dintorni porta con sé un nuovo respiro che non snatura lo stile del regista (i primi episodi, oltre che scritti, sono anche diretti da lui stesso) ma gli permette di descrivere come mai prima contesto, personaggi e situazioni.
Tra antieroi sopra le righe, umorismo nero, inseguimenti assurdi e una violenza onnipresente – sebbene edulcorata rispetto a quella dei lungometraggi – (ri)prende così vita il mondo folle e spietato dell’autore di The Snatch. Un’umanità insieme terribile ed esilarante fatta di narcotrafficanti timorati di Dio, nomadi dal grilletto facile, fattoni innamorati e aristocratici sommersi dai debiti. Tutti gli elementi tipici, insomma, del cinema di Ritchie, qui moltiplicati e dilatati per una storia dal respiro (ancora più) corale.
Educazione criminale
Ecco allora a una prima parte quasi procedurale, con Eddie alle prese con una missione diversa ad ogni episodio, contrapporsi una seconda destinata a complicarsi col progredire degli episodi, tra doppi e tripli giochi, colpi di scena e intrecci cervellotici. E se, col nuovo formato, a rimetterci sono sicuramente il ritmo incalzante e lo stile sopra le righe tipici del regista, è innegabile – nonostante uno sviluppo più tradizionale, segnato a tratti da tempi morti e digressioni non sempre fondamentali – la capacità di The Gentlemen di coinvolgere e divertire.
Una storia che è anche un viaggio di formazione ribaltato, un’educazione criminale che non è altro che la riconciliazione del protagonista con la sua vera natura. Tema perfettamente in linea con la poetica di Ritchie e coi suoi mondi insieme spietati e divertenti, rozzi ed eleganti, dove il confine tra bene e male è talmente sottile da sparire, lasciandoci con il dubbio che, forse, non sia nemmeno mai esistito.
The Gentlemen
Voto - 7
7
Lati positivi
- La serie è la quintessenza del cinema di Guy Ritchie
- Il cast, composto da vecchie e nuove conoscenze del regista, funziona e da vita a una vera e propria storia corale
Lati negativi
- Con il formato seriale il ritmo tipico dei film di Ritchie a volte ne risente, tra tempi morti e digressioni non sempre fondamentali
- La storia è decisamente derivativa, senza particolari guizzi o spunti originali