The Great Hack: recensione del documentario Netflix
Uno sguardo al documentario originale Netflix che racconta lo scandalo di Cambridge Analytica e Facebook
Oggi parliamo di The Great Hack attraverso la recensione di quello che è uno dei numerosi documentari del catalogo Netflix. Il documentario racconta il famoso scandalo di Cambridge Analytica. Quest’ultima è stata una società anglo americana che ha abusato dei dati privati di milioni di utenti americani per pilotare le elezioni del 2016. Attraverso testimonianze e prove dirette, il documentario segue le vicende di alcuni dei protagonisti. Lo spettatore verrà portato all’interno di un meccanismo che sembra impossibile da concepire, ma che influenza la nostra vita quotidiana.
The Great Hack non differisce da molti altri film che raccontano un evento del genere. Per molti palati, questo documentario potrebbe risultare quasi troppo allarmista, se non addirittura complottista. Tuttavia adotta una formula da reality per raccontare uno scandalo che riguarda tutti noi. Lo scandalo narrato ha scosso gli animi dei cittadini di molte nazioni nel mondo. La società, presieduta dall’amministratore Alexander Nix, è stata accusata e poi condannata per l’utilizzo dei dati di milioni di elettori durante le votazioni in varie nazioni. Qui la nostra recensione di The Great Hack.
Indice
The Great Hack recensione – Il grande fratello
Il più eclatante scandalo che riguarda Cambridge Analytica, oltre che il più provato, è quello che collega la società a Facebook e alla campagna elettorale di Trump. Elezioni che sono culminati, come si sa, con la vittoria del Tycoon. Il tutto, secondo le indagini, grazie ad una campagna che si è avvalsa di dati condivisi, inconsapevolmente, dai cittadini. Il tutto tramite il social network più famoso del mondo. Quello che viene fuori da The Great Hack è un quadro quasi utopistico, da romanzo di George Orwell. Invece il dipinto che ci troviamo ad osservare è estremamente realistico ed attuale.
L’invasione della privacy e della libertà dall’essere manipolati rappresenta l’altro lato di una stessa medaglia; dove da un lato i social hanno permesso di avvicinare e abbattere le distanze, dall’altra hanno creato l’ambiente perfetto per manipolare e estorcere le informazioni private. Un ambiente che è impercettibile, e che allo stesso tempo ci circonda invisibile come particelle. Ma le conseguenze di ciò che avviene nella virtualità, poi, ha delle conseguenze nella realtà. Ed è cosi che scopriamo, attraverso varie testimonianze e materiale processuale, come i nostri dati sono stati, e sono tuttora, usati a nostra insaputa. Con risultati che a volte cambiano il mondo.
Buoni o cattivi?
I protagonisti di questa storia sono vari, anche se, ad essere onesti, il punto di vista è quello di una parte di questi personaggi. I registi del documentario, prodotto da Netflix, hanno un chiaro intento di denuncia e presentare allo spettatore come tutto ciò che è accaduto ha dei responsabili. Alcuni di questi confermati dalla giustizia; altri, invece, restano impuniti. La storia viene raccontata da individui che direttamente o chi indirettamente ne sono rimasti coinvolti.
David Carrol è un giornalista americano che ha denunciato la società per non avergli dato accesso ai propri dati; Brittany Kaiser è un’ex manager della società che ha deciso di collaborare con le varie autorità nazionali; e Carole Cadwalladr, giornalista del quotidiano inglese The Guardian che ha fatto conoscere al mondo la storia. Dall’altro lato troviamo Alexander Nix, CEO di Cambridge Analytica. Dal documentario traspare l’ambiguità non solo del personaggio, ma anche della società stessa e quello che rappresenta. La dualità di una situazione in cui la legge è indietro rispetto ai tempi. Tempi in cui solo la moralità collettiva riesce a reagire dove la legge non arriva.
Una linea sottile
The Great Hack segue le vite dei tre protagonisti durante le fasi precedenti allo scoppio dello scandalo fino ai momenti finali. Il caso è arrivato fino ai parlamenti inglesi e statunitensi portando al tavolo dei testimoni colossi come Zuckerberg. Quello che risulta chiaro è una forte lontananza fra quello per cui questi sono accusati e le effettive protezioni legislative. I dati sono i veri protagonisti di questo documentario. Una risorsa che, a detta di Brittany Kaiser, sono una miniera d’oro, ma anche una vera e propria arma. Un’arma che lei stessa ha aiutato a creare, che ha influenzato elezioni e referendum dai paesi africani fino agli USA e alla Brexit. Ma dove arriva la legge quando si tratta di proteggere i dati? E dove per proteggere la libertà dalle manipolazioni degli individui?
Sono queste alcune domande che i registi e i protagonisti di questa storia si pongono continuamente. E la risposta, per quanto possa sembrare scontata in realtà non lo è. Dove la morale vede chiaramente una violazione della privacy e della libertà di scelta, dall’altra è chiaro come in molti casi le società accusate abbiano posto in essere atti non illeciti. O quantomeno non illeciti ovunque. Ed è proprio questo che traspare da The Great Hack. Il web è un mondo invisibile che non ha barriere e confini e, di conseguenza, non ha una tutela uniforme. Come può l’individuo proteggersi e nascondersi da questi algoritmi onnipresenti che, in ogni istante della vita, prelevano dati su di noi e li riutilizzano per lucro e, ancora peggio, per influenzare le nostre scelte?
The Great Hack recensione – Conclusioni
Il documentario Netflix ha una tensione che allo stesso spettatore risulta difficile da spiegare. La minaccia è invisibile e, allo stesso tempo incombente e sempre più vicina. I registi sono stati bravi a montare un prodotto che risulta semplice nella spiegazione di qualcosa che, in realtà, nasconde numeri e algoritmi incomprensibili ai più. Nonostante la sua natura informativa e documentaristica, The Great Hack pecca forse di una totale oggettività, accentuata spesso da una forte ridondanza.
Nonostante la giustizia abbia dato ragione alle accuse, il documentario a volte sembra un prodotto di finzione anche se la storia raccontata è a tutti gli effetti vera. Il film ha comunque il pregio di essere un prodotto ben costruito nonostante l’invisibilità dei suoi protagonisti, i dati. Ed è un documentario che ci spinge a riflettere: quanto siamo disposti a condividere pur di usare i social? Quanto ne sanno su di noi queste società? Quanto siamo manipolabili?
Voto - 7
7
Lati positivi
- Tema più che mai attuale
- Tensione ben espressa
Lati negativi
- Qualcuno potrebbe trovarla di parte
- A volte sembra un reality piuttosto che un documentario