The Grudge: recensione del nuovo capitolo della saga ispirata al film horror giapponese
Il nuovo capitolo della saga di The Grudge si muove fra remake, reboot e sequel
L’horror giapponese tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del Duemila ha avuto grande fortuna in tutto il mondo. A questi anni risalgono film famosi e apprezzati come Ringu di Hideo Nakata, The Eye dei fratelli Pange e Ju-On – The Grudge di Takashi Shimizu. La grande risonanza di questi prodotti ha generato in terra statunitense quella che chiameremmo “ansia da remake”, il desiderio di rifare quelle storie adattandole a un linguaggio più occidentale e, ovviamente, commerciale. Questi remake però, il più delle volte, si sono rivelati delle vere e proprie delusioni e questo ha indotto alcuni produttori a ritentare la sorte. Dopo il rifacimento americano del 2004, ecco arrivare una nuova versione di The Grudge, di cui vi presentiamo la nostra recensione.
Il film, diretto da Nicolas Pesce, è approdato nelle sale americane a gennaio, mentre in Italia è riuscito a giungere nei cinema giusto qualche giorno prima della chiusura delle sale, causata dall’emergenza Coronavirus. Con la presenza (di nuovo) di Sam Raimi come produttore e la promessa di una visione più adulta della storia, questa nuova versione americana di The Grudge si presentava come una scommessa vinta. Il cast promettente, da Andrea Riseborough a Lin Shaye, faceva poi ben sperare. Tuttavia anche questa volta il risultato non è dei migliori. Questo dunque ci porta a operare una riflessione: Ju-On di Takashi Shimizu, dell’ormai lontano 2000, è un film che ha bisogno di un’ulteriore rivisitazione? Analizzando il nuovo The Grudge cercheremo di capirlo.
Indice
Trama – The Grudge recensione
La storia del nuovo The Grudge non è propriamente un remake o un reboot. In realtà è più simile a un sequel, dato che i suoi eventi si inseriscono nel mezzo della trilogia americana. Fiona Landers lascia la casa in cui ha soggiornato per un breve periodo a Tokyo e decide di fare ritorno negli Stati Uniti, in Pennsylvania. La donna è turbata da strane visioni poco prima di lasciare il Giappone. Non sa che la maledizione del rancore si è legata a lei e la spingerà a compiere atti atroci, che daranno vita a una nuova casa maledetta negli USA.
La detective Muldoon (Andrea Riseborough) si è da poco trasferito nella stessa cittadina di Fiona Landers e si ritrova a investigare su una serie di strane morti. Tutte le vittime hanno in comune un solo elemento: la casa dei Landers, che negli anni ha visto succedersi diverse persone. Muldoon, tentando di andare a fondo nella storia, inizierà anche lei a vivere un terribile incubo.
Il ritorno della maledizione del rancore – The Grudge recensione
Tra sequel e remake, è inevitabile che il materiale narrativo di una saga si saturi, ma questo non sembra fermare la logica hollywoodiana. Sam Raimi, già produttore del The Grudge del 2004 con Sarah Michelle Gellar, ritorna su questa storia di rancore, cercando una nuova visione ma rimanendo nei binari della saga. Un progetto non facile, tenendo conto anche del tempo trascorso da The Grudge 3 del 2006. Il film di Nicolas Pesce (regista di altri due horror, The Eyes of My Mother e Piercing) ricalca diversi elementi dell’opera originale, ma vi aggiunge anche del suo.
La trama si dispiega su più storie familiari in diversi archi temporali, che si alternano continuamente durante la visione. La narrazione così si fa più costruita, ma non è tutto. La pellicola tenta di allontanarsi dal tipico horror per adolescenti, pieno di jumpscares, e tratta temi più adulti: dalla gestione del dolore dopo la perdita di una persona cara fino all’aborto. Infine si cerca di dare all’opera una confezione dignitosa, con un lavoro tecnico ben svolto, soprattutto per quanto riguarda la fotografia di Zach Galler. Questi aspetti relativi al ritorno del Ju-On sullo schermo tuttavia non si mescolano per creare un buon film horror. Il risultato finale è un horror sbiadito, il cui inserimento nella saga di The Grudge può anche essere messo in discussione.
Un film veramente necessario?
Il nuovo The Grudge sfrutta senz’altro furbamente il titolo per puntare agli incassi, tralasciando il materiale narrativo, che risulta alla fine incoerente e poco chiaro nei suoi punti chiave. La costruzione dei piani narrativi è sicuramente lodevole; quello che manca è un collegamento forte col materiale originale. Le dinamiche relative alla maledizione del rancore sono mal gestite e risultano poco chiare. In questo film infatti vi è un “aggiornamento” particolare sul Ju-On che sarà il motore di partenza della storia. Tuttavia una sua spiegazione più chiara ci viene negata. Tornando poi al collegamento con l’originale, vi sono tutta una serie di scene già viste nel remake del 2004, che potevano essere anche non riproposte, cercando magari di plasmare in modo originale una paura che ricordasse quella del The Grudge originale.
La versione americana del 2020 è un rifacimento fiacco, un horror sbiadito e privo di tensione. Una delle grandi pecche della pellicola è che non spaventa: il più delle volte sembra di essere di fronte a un film drammatico, a causa delle tematiche scelte per arricchire le storie dei personaggi. Questi fortunatamente sono valorizzati da interpretazioni convincenti. Nel cast troviamo infatti attori di talento, a partire dalla protagonista Andrea Riseborough (vista di recente in Nancy). Convincono anche Lin Shaye (Insidious), qui in un ruolo alquanto inquietante, Jacki Weaver (Il lato positivo) e John Cho (Searching). Il lavoro del cast e del comparto tecnico non sono utili tuttavia a risollevare interamente le sorti di un film non necessario.
Giudizio finale – The Grudge recensione
Il The Grudge del 2020 è dunque un’opera scialba, fiacca e che non è in grado di reggersi sulle proprie gambe, se non con collegamenti già visti al materiale originale. Ci si chiede perché Sam Raimi abbia voluto ritornare su territori già esplorati. Per dar vita ad un remake più adulto forse? Nell’ambito delle tematiche trattate probabilmente questo accade, ma non nel territorio della paura. La tensione e i momenti di terrore sono inefficaci e mal si accostano a un materiale narrativo quasi da film drammatico.
La regia tutto sommato riuscita di Nicolas Pesce, il buon lavoro di fotografia di Zach Galler e le interpretazioni convincenti del cast risultano alla fine sprecate, alla mercé di un remake/reboot/sequel che poteva anche non essere realizzato. La figura dell’onryo, lo spirito vendicativo tipico della cultura giapponese, è stato già fin troppo sfruttato anche in territorio americano. Ma è in questo film che subisce il trattamento peggiore: lo spirito in questo caso è simile a tanti altri fantasmi di molti horror banali.
The Grudge
Voto - 4.5
4.5
Lati positivi
- La gestione dei piani temporali
- Il cast e il lavoro di regia e fotografia
Lati negativi
- Questo capitolo non aggiunge nulla alla saga
- Non spaventa: sembra più un film drammatico che un horror