The Irishman: recensione del film di Martin Scorsese
Il regista italo americano torna dietro la macchina da presa con la vera storia di Jimmy Hoffa e Frank l'Irlandese
Dopo una lunga attesa e tanto mistero l’ultima fatica di Martin Scorsese prodotta da Netflix ha finalmente visto la luce. The Irishman, film di cui ci apprestiamo a presentarvi la recensione, è stato mostrato in anteprima nazionale alla 14a edizione della festa del cinema di Roma. Come ribadito dallo stesso regista in conferenza stampa, sarebbe stato impossibile realizzare il film senza i finanziamenti del colosso dello streaming; l’elevato costo della produzione e la complessità dell’opera hanno richiesto infatti un grande sforzo economico. Scorsese è riuscito così ad assicurarsi un cast stellare ed un girato che arriva a “solleticare” le tre ore e trenta di durata complessiva.
Ma cosa rappresenta fondamentalmente il The Irishman di Scorsese? Una semplice reunion di grandi attori appartenenti ad un’altra generazione oppure una sorta di testamento di uno dei più grandi registi di sempre? È questo l’atto finale del ciclo dei suoi mafia movie di successo? Al Pacino, Joe Pesci, Robert De Niro e Harvey Keitel riuniti dietro la cinepresa di Martin Scorsese in uno dei film più attesi degli ultimi anni.
Indice
Trama – The Irishman recensione
Tratto dall’omonimo bestseller di Charles Brandt, The Irishman narra una storia ambientata in diversi intervalli temporali. Fortemente ancorato a fatti realmente accaduti il film ci mostra il punto di vista di Frank Sheeran (Robert De Niro), veterano della seconda guerra mondiale e autotrasportatore di quarti di bue. Come da tradizione del cinema martiniano il “bravo ragazzo” inizia a muovere i suoi primi passi nella criminalità con piccole truffe che gli comportano un notevole ritorno economico. Dopo essere entrato nelle grazie del boss Russell Bufalino (Joe Pesci), Frank entra ufficialmente nel mondo della criminalità organizzata.
Padre di famiglia, nonché membro attivo del sindacato dei Teamsters il protagonista dovrà capire come conciliare i diversi aspetti della sua nuova esistenza. A cambiare definitivamente la vita di Frank sarà l’amicizia col potente sindacalista Jimmy Hoffa (Al Pacino), prezioso elemento nella scacchiera degli affari della malavita. Un rapporto inizialmente di circostanza che si trasformerà presto in qualcosa di più profondo, legando i due in modo indissolubile. Gli eventi che seguono porteranno Frank a diventare un importante intermediario tra il mondo criminale e quello dei sindacati.
The Irishman recensione: analisi in breve
Lo schema narrativo di The Irishman è un canovaccio che si è già visto più volte nei vari capolavori diretti da Scorsese. Il ritmo, gli schemi e la parabola di vita sono in gran parte sovrapponibili a quanto già visto in film come Goodfellas, Casinò e perfino lo stesso The Wolf of Wall Street. C’è sempre un protagonista che inizia con piccoli crimini per poi diventare sempre più ricco e potente fino a scontare tutto nella parte finale. In questo senso The Irishman di Martin Scorsese non offre nulla di innovativo rispetto a quanto era già stato fatto in passato. Possiamo dire che si tratta del più classico dei film “alla scorsese”, con una voce narrante fuori campo, repentini cambi di scena e molti salti temporali. A tutto questo si aggiunge un po’ di quell’humor macabro tipico del regista, condito con regolamenti di conti e qualche colpo sparato a bruciapelo.
Da Ray Liotta in Goodfellas a Robert De Niro in The Irishman, due protagonisti/narratori che hanno più di quanto possa sembrare in comune. In quasi 209 minuti di girato Scorsese riesce a raccontarci una storia complessa affrontando tematiche di spessore come la lealtà, l’amicizia e la famiglia. Il film rimanda continuamente a fatti storici americani. Partendo dalla presenza dei fratelli John e Robert Kennedy si arriva a Castro e la baia dei porci passando per la complessa figura di Jimmy Hoffa, la cui scomparsa rimane tutt’oggi un mistero. Meno questioni d’onore e più politica rispetto ai mafia movie a cui il pubblico è stato abituato. La sostanza rimane la stessa anche se gli ingredienti usati vengono mescolati in proporzioni differenti.
Il tempo come giudice supremo
Il tempo è sicuramente il protagonista aggiunto del film, affiancandosi a De Niro, Pesci e Pacino. La storia si articola in almeno tre periodi differenti, che si muovono paralleli tra loro. Sono serviti ben sei mesi di lavoro in post-produzione per ringiovanire ed invecchiare ad hoc i volti degli attori protagonisti. Un lavoro costoso ma ben realizzato dal momento che vedendo il risultato finale ci è sembrato che si trattasse più di un ottimo lavoro di trucco e parrucco piuttosto che di CGI. Come dicevamo il tempo rappresenta il cardine centrale di The Irishman. Il film ci dimostra come nessuno può sottrarsi alle leggi naturali. Anche i più forti, i più potenti e spietati invecchiano, si ammalano e muoiono. Le maglie del tempo stringono la presa come un cappio intorno al collo, proprio come i sicari fanno con le loro vittime.
In questo senso non è solo un gangster movie, c’è il chiaro tentativo di raccontare anche altro, un qualcosa che va oltre la semplice narrazione dei fatti. Questo qualcosa ha a che fare sia con il destino che con il caso; l’elemento chiave è appunto il tempo, una dimensione superiore a cui nessuno può sottrarsi. Nessuno sfugge alla legge naturale dell’invecchiamento, alle malattie e alla triste fine che spetta ad ognuno di noi. Nessuno può regolare i conti o corrompere la morte, come già insegnava Ingrid Bergman ne Il settimo sigillo. Cosa rimane alla fine di tutto quel potere e ricchezza accumulati in vita se il corpo è destinato a venir meno? Non sono forse gli affetti, la famiglia e l’amicizia il vero valore anche in punto di morte?
The Irishman recensione: considerazioni finali
Scorsese riesce a realizzare un film che rimane godibile per tutte le tre ore e mezza; una cosa non da tutti ma che ci si poteva aspettare da un maestro del cinema come lui. Tutto in The Irishman è di livello ottimale, a partire dal comparto tecnico che può vantare un montaggio, una regia e degli effetti speciali realizzati in modo impeccabile. La recitazione dei protagonisti è supportata da una sceneggiatura ricca e curata che scorre per tutta la durata della pellicola senza cedere mai. Il verdetto finale di questa nostra recensione è che The Irishman non rappresenta né l’opera definitiva di Scorsese né il suo testamento artistico. Si tratta solo dell’ennesimo gangster movie diretto dal regista italo americano, quello che forse va a chiudere un cerchio, aperto negli oramai lontani anni ’70.
The Irishman è un’ottima pellicola che tuttavia non porta nulla di nuovo né al genere né al cinema di Scorsese. Un bel film, ben al di sopra della media ma che rimane un gradino sotto rispetto i suoi illustri predecessori. È presto per dire se il film possa diventare un pezzo di storia del cinema o una vera e propria pietra miliare della cinematografia. Sarà il tempo, giudice implacabile e inflessibile, a decidere il destino della pellicola, così come per i protagonisti del film.
The Irishman
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Recitazione e cast
- Regia
- Sceneggiatura
- 209 minuti non sono per tutti
- Schema già visto nella filmografia di Scorsese
Lati negativi