The Mandalorian: recensione della serie spin-off di Star Wars
Entriamo ancora una volta nel mondo di Star Wars, ma con un'accezione diversa
The Mandalorian è oramai giunto al termine e non ci resta che tirare le somme attraverso una recensione, con l’intento di capire se questo progetto ha giovato o meno all’universo creato da George Lucas. Grazie anche al collegamento con Star Wars: L’ascesa di Skywalker, la serie di Jon Favreau ha potuto godere di ampia visibilità. L’idea di fondo è quella di scostarsi dai temi e dai simbolismi cardine dell’universo cinematografico, allontanandosi da jedi, sith o spade laser. The Mandalorian gode di una pluralità di registi, che si sono occupati di uno o due episodi a testa. Dave Filoni, Deborah Chow, Ruck Famuyiwa, Taika Waititi e Bryce Dallas Howard sono stati investiti dell’onere di portare in auge l’universo di Star Wars anche nella serialità non animata.
La serie si avvale delle performance attoriali di Pedro Pascal, Carl Weathers, Werner Herzog, Nick Nolte, Gina Carano, e Giancarlo Esposito. Ambientato 6 anni dopo la caduta dell’Impero, The Mandalorian narra la storia narra le peripezie di Mando, un cacciatore di taglie mandaloriano. Quando l’Impero Galattico occupò Mandalore, il protagonista scappò insieme all’odio che lo accompagnerà per sempre; quello verso gli imperiali e quello, più preponderante, verso i droidi. Durante una missione Mando scoverà Il bambino, un piccolo della stessa razza di Yoda. Il neonato è ricercato da un affiliato dell’Impero per ragioni sconosciute e Mando opta dunque per non consegnare questa taglia, decide invece di proteggerla. Inizia quindi un lungo viaggio che vede Mando proteggere Il bambino, mentre riaffiorano frammenti del suo travagliato passato.
Indice
Filler o non-filler? – The Mandalorian recensione
Troppo spesso sul web la parola filler viene usata a sproposito. Il filler tecnicamente è un riempitivo, un qualcosa di non necessario ai fini della storia meramente utilizzato per allungare il brodo. Viene dunque aumentata la durata di una serie senza però intervenire sulla sua sostanza, che invece rimane sempre la medesima. Ecco dunque che il filler non deve alterare in alcun modo la trama, non intaccandola nel modo più assoluto. Piuttosto deve rappresentare una storia secondaria, coerente con gli stilemi del resto della serie ma lontana per importanza dagli episodi che godono di uno sviluppo di trama al loro interno. Alla luce di questa definizione appare chiaro come in The Mandalorian non siano presenti filler. Le puntate additate tali (Sanctuary, The Gunslinger e The Prisoner) non lo sono affatto.
Il quarto, il quinto e il sesto episodio della serie soffrono l’assenza della trama principale, quella che narra di Baby Yoda, ma sono lontanissimo dall’essere episodi filler. Anche se l’assenza della trama primaria porta a pensare alla relativa futilità dell’episodio, ci sono molti altri aspetti da considerare. In primo luogo The Mandalorian, un prodotto che affonda le sue radici nelle serie fantascientifiche degli anni ’70, è ben consapevole della sua natura episodica. Gli episodi elencati in precedenza sono infatti relativamente autonomi, ma sono fondamentali nell’esplorare il personaggio di Mando, il suo passato e il suo rapporto con Il bambino. Seppur non contenutisticamente abbondanti come gli altri, questi “filler” sono ingiustamente inseriti in una categoria non in grado di sviluppare i personaggi in un modo simile.
Qualcosa, ma in Star Wars
Uno degli aspetti più affascinanti di questa serie è la sua capacità di navigare tra generi diversi. The Mandalorian, essendo una serie ambientata nell’universo creato da George Lucas, nasce da uno spunto fantascientifico fatto di navi spaziali, alieni e droidi. La fantascienza di Star Wars diventa però solo un contesto: è il mondo all’interno del quale i personaggi si muovono ad essere fantascientifico, la serie si avvia invece verso sentieri ben diversi. Innanzitutto è presente l’elemento western, dominante nei primi tre episodi. In The Child, il secondo episodio, assistiamo a un classicissimo assalto al treno che, pur diventando un Sandcrawler, riesce a mantenere delle dinamiche estremamente western. Un’altro esempio lo ritroviamo in The Prisoner, dove è presente il leggendario stallo alla messicana.
Oltre a queste palesi citazioni è importante notare come sia proprio l’atmosfera stessa pregna del genere di Sergio Leone, omaggiato in diverse circostanze. Oltre al western vengono testati anche altri generi, come ad esempio in Sanctuary dove ci si misura con un costrutto simile a quello di I sette samurai, oppure in The Prisoner dove si spinge su di un’atmosfera horror che molto deve a Alien. Questa fantastica e riuscita commistione di genere si deve imputare per gran parte agli spin-off della saga: Rogue One e Solo. Questi due film rappresentano i primi tentativi, più riuscito il primo e meno il secondo, di trasportare l’immaginario di Star Wars verso altri lidi e ora possiamo ammirarne il risultato.
Padre e figlio – The Mandalorian recensione
Alla base della trama ci sono senza dubbio Mando e Baby Yoda, i due personaggi chiave di questa storia. Il piccolo, nonostante abbia la bellezza di 50 anni è, a causa della longevità tipica della sua razza, ancora un neonato difficilmente caratterizzabile psicologicamente. È dunque logico che venga relegato a un ruolo prevalentemente comico che, come testimoniato dall’enorme successo che ha riscosso, svolge molto bene. Yodino è divenuto in pochissimo tempo l’emblema di questa serie e il duo che costituisce con Mando è incredibilmente bilanciato. Il Mandaloriano ha infatti una caratterizzazione molto profonda che emerge a piccole dosi. Presentato come spietato cacciatore di taglie, impariamo ben presto a riconoscere il cuore sotto la scorza metallica.
In una delle scene migliori della serie scopriamo parte del suo passato in un montaggio febbrile, scandito dalle secche martellate del Fabbro. Poco a poco viene a galla la sua umanità, anche grazie a una prova strepitosa di Pedro Pascal, attore in grado di trasmettere emozioni senza l’ausilio delle espressioni facciali. Il dualismo dei due personaggi funziona e, dopo il fantastico plot-twist del primo episodio, si evolve. Il bambino passa dall’essere una taglia all’essere quasi il figlio di Mando, che più di una volta sembra agire come un padre, proteggendo e accudendo il piccolo. Emblematico in questo senso è Sanctuary, costruito proprio sul binomio tra genitore e figlio. Insieme reggono la scena in modo perfetto, spesso anche senza parole, e sono il motore principale della trama, dalla quale poi si sviluppano le avventure del mandaloriano.
Un mondo di citazioni – The Mandalorian recensione
Favreau è abilissimo nel destreggiarsi tra citazione e novità, confezionando magistralmente diversi riferimenti alla saga originale. Viene ripreso il sistema di prigionia provvisoria della grafite, lo stesso che in L’Impero colpisce ancora imprigionò Han Solo, e riaffiora alla memoria anche il celebre “Niente disintegrazioni” di Darth Vader, unica restrizione che il fu Anakin Skywalker diede a Boba Fett quando lo sguinzagliò alla stregua di Luke e compagni. In The Child Rick Famuyiwa dirige una lunga sequenza omaggiando i Jawa, i piccoli alieni conosciuti in Una nuova speranza. Oltre al leggendario SandCrawler, una citazione più sottile si nasconde tra i piani prospettici: si tratta di un droide R5, lo stesso visto nella pellicola di Lucas proprio quando i Jawa tentano di vendere dei droidi a Luke e zio Owen.
Un’altro fantastico riferimento lo troviamo in The Gunslinger quando Toro Calican ci viene presentato in una posa simile a quella di Han, nello stesso posto, disattendendo poi comicamente gli orizzonti. Riconoscibile lo zampino di Dave Filoni, amatissimo autore di Star Wars: The clone wars e Star Wars: Rebels e qui regista del primo e del quinto episodio, che spesso infila qualche riferimento alle sue creazioni. Questo può essere una semplice creatura aliena, come il gatto-loth in Sanctuary, fino al diventare un fantastico colpo nel finale dell’ultimo episodio, Redemption. In questo caso Taika Waititi sceglie anche di prendersi beffa della mira scadente degli Stormtrooper in una scena davvero esilarante.
Conclusioni – The Mandalorian recensione
The Mandalorian è qualitativamente un ottimo prodotto che non delude neanche nell’adrenalinico finale di stagione. Una pecca la si riscontra nella scarsa caratterizzazione e utilizzo di quello che si prospetta come antagonista principale della prossima stagione: Moff Gideon. Anche a causa della tardiva entrata in scena, il personaggio di Giancarlo Esposito non riesce a lasciare il segno come invece dovrebbe, nonostante una recitazione impeccabile e alcuni dialoghi taglienti.
Seconda solamente a Rogue One, questa serie dimostra come Star Wars, anche sotto l’egida disneyana, è in grado di sfornare prodotti di una certa maturità contenutistica e artistica. Il terreno su cui si basa questo universo è troppo fertile per limitarlo ai soliti schemi. Questa ventata di aria fresca è un toccasana per un franchise che ha potenziali di sviluppo pressoché illimitati. Con la seconda stagione annunciata per l’autunno 2020, non ci resta che attendere godere di un’altra inebriante visione.
Voto - 8
8
Lati positivi
- L'incredibile e propedeutica commistione di generi
- Equilibrio perfetto tra novità e citazione
- Mando e Baby Yoda sono già du personaggi iconici, funzionali e complementari
Lati negativi
- Antagonista ancora troppo anonimo