The Politician 2: recensione della serie originale Netflix di Ryan Murphy
Payton Hobart è tornato e questa volta punta al Senato
Nel 2018 Ryan Murphy, già autore di serie come Glee, American Horror Story e American Crime Story, strinse un accordo quinquennale con Netflix alla modica cifra di 300 milioni. Il primo prodotto nato da quell’accordo fu la prima stagione di The Politician, serie uscita a settembre dell’anno scorso. A meno di un anno di distanza dalla prima, il giovane politico Payton Hobart torna con The Politician 2, di cui vi proponiamo la nostra recensione.
Ciò che aveva colpito maggiormente nella prima stagione di The Politician, oltre all’estetica sontuosa, era l’approccio al mondo politico. La prima parte infatti vedeva Payton gareggiare per essere il rappresentante della propria scuola, ma questa volta le cose cambiano. L’obiettivo infatti non è più la rappresentanza d’istituto, bensì la candidatura a senatore di New York. Visti i presupposti c’era molta curiosità per questa seconda stagione che, però, non è come ce la saremmo aspettata. Nei panni del protagonista troviamo Ben Platt, un giovane attore dalle incredibili potenzialità che ha già vinto un Tony Award ed un Grammy Award; ma tra i membri del cast poi troviamo anche Gwyneth Paltrow, che interpreta la bizzarra madre di Payton.
Indice
C’è qualcosa che non quadra – The Politician 2, la recensione
La prima stagione di The Politician fu qualcosa di inaspettato. Una serie ambientata in una scuola in cui un giovane ragazzo, ossessionato dall’idea di diventare un politico, concorre alle elezioni per la rappresentanza d’istituto. Nell’ approcciarsi al mondo politico con un tono così grottesco e satirico la serie stupiva, e trattava argomenti delicati in maniera esplicita proprio per il contesto in cui era ambientata. Uno dei problemi della prima stagione però era che, andando avanti con le puntate, la storia iniziava a concentrarsi troppo su aspetti teen – come le vicende amorose e i litigi dei personaggi – perdendo di vista il punto centrale. Con il cliffhanger finale, in cui veniva annunciata la candidatura di Payton a senatore di New York, erano sorte delle aspettative: finalmente avremmo visto certi personaggi e un certo stile di narrazione, e un clima di vera lotta politica per ottenere un ruolo di peso.
Purtroppo però non è andata così. L’impressione generale è che gli sceneggiatori non avessero molte idee su come sviluppare questa storia. In primis lo si può notare dalla riduzione del numero di episodi (da 7 a 8), e poi lo si deduce dalla ripetitività di alcuni eventi. Ciò che accade è comunque interessante e non annoia, ma dopo un po’ ci si rende conto di dove si andrà a parare. Stesse situazioni proposte più volte e risvolti di trama ripresi direttamente dalla prima stagione, solo riadattati con qualche modifica. Persino alcuni personaggi, che erano stati fondamentali nella prima parte, ora hanno un ruolo marginale e sembra siano lì unicamente perché già presenti nella stagione precedente. The Politician 2 aveva l’occasione di fare il salto di qualità e rimediare agli errori fatti, ma ha sprecato la sua occasione.
I temi “politici” – The Politician 2, la recensione
Tra il finale della prima stagione e l’inizio della seconda vi è un salto temporale di circa un anno: la serie infatti inizia a meno di un mese dalle elezioni, evitando di sviluppare il periodo di campagna elettorale e tralasciando le modalità tramite cui Payton è riuscito a ottenere il consenso dei cittadini. Proprio per questo motivo, la lotta politica non è mostrata e il tutto si riduce al trovare scandali che possano far crollare le quotazioni del rivale. C’è da dire però che, nonostante questo, The Politician 2 affronta tematiche forti e lo fa con più cura rispetto alla prima stagione. Portare lo scontro elettorale in un contesto diverso da quello scolastico fa sì che certi temi siano trattati con maggiore attenzione. Da un lato abbiamo la lotta di Payton per il clima; uno dei temi più cari ai giovani è, infatti, il cambiamento climatico.
Murphy non ha di certo ignorato ciò che sta accadendo nel mondo, da Greta Thunberg e dal movimento Fridays for Future, e ha fatto in modo che questo fosse il cavallo di battaglia della campagna di Payton. Dall’ altro lato invece abbiamo la rivale, Dede Standish, che dopo aver governato per tredici anni consecutivi si trova di fronte un giovane privo di esperienza. È questo un altro punto su cui si sofferma la narrazione: il ricambio generazionale. I governanti più anziani hanno di certo maggiore esperienza, ma hanno avuto la loro occasione e adesso è ora di lasciar posto ai giovani. O forse non è così? La serie non si limita a sviscerare questo aspetto, e accennando a tematiche quali l’orientamento e l’apertura sessuale, la maternità e l’aborto. Possiamo dunque affermare che il titolo, The Politician, non è stato scelto a caso.
Analisi tecnica – The Politician 2, la recensione
Dal punto di vista tecnico le serie di Ryan Murphy sono sempre una certezza. Già la prima stagione aveva una regia molto cinematografica e lo stesso accade per la seconda. L’unica differenza è il comparto fotografico, leggermente meno ispirato. La prima parte infatti era caratterizzata da una fotografia giocata su colori pastello e che alla lontana ricordava le pellicole di Wes Anderson. C’è anche da dire però che il contesto scolastico era più adatto ad uno stile del genere e forse questo cambiamento era inevitabile. La seconda stagione è infatti perlopiù ambientata tra le strade e gli uffici di New York, e ciò ha lasciato poco spazio ai colori forti. Un forte plauso va poi al cast, composto da attori sono estremamente convincenti; merita una menzione Ben Platt, attore che faremmo bene a tenere d’occhio.
La sceneggiatura infine è l’elemento che resta più in dubbio. La prima stagione infatti, si distaccava troppo dal tema centrale finendo per presentare troppe storyline e tematiche accennate ma non sviluppate. In questa seconda stagione invece le side story sono state ridotte, mentre i temi politici hanno maggiore spazio. Certo non tutto è trattato alla stesso modo, ed è evidente che gli sceneggiatori abbiano preferito dare più importanza ai piani elettorali dei candidati; ma questo è sicuramente un passo avanti rispetto alla prima stagione, in cui molti argomenti erano buttati lì un po’ a caso. Lo stesso discorso purtroppo non può essere fatto per la trama principale, che come accennato prima sembra forzata e non convince appieno.
Considerazioni finali
Se con Hollywood Ryan Murphy ha fatto un lavoro egregio, non si può dire lo stesso per The Politician. L’idea di base era forte e lo si era capito sin dalla prima stagione, ma purtroppo questa non è stata sviluppata nel modo migliore. Nella prima stagione il problema erano le eccessive sottotrame e i rapidi accenni a temi che meritavano maggiore approfondimento; ora il problema sta nella trama principale. Il sottotesto politico relativo alla lotta per il clima, il ricambio generazionale e tutti gli altri argomenti affrontati è gestito decisamente meglio rispetto a quanto fatto in passato e questo è di certo un passo avanti; ma è la storia in sé a non funzionare.
Ciò che accade non convince e alcuni risvolti sono decisamente forzati. Pur con i suoi difetti, la prima stagione era caratterizzata da una storia decisamente più interessante, mentre qui l’intreccio è ridotto ad un litigio tra politici: una gara a chi trova più argomenti per affossare l’avversario. The Politician 2 è un prodotto estremamente godibile, divertente e che in certi casi, anche grazie alle brillanti performance attoriali, riesce ad emozionare; la serie resta un buon prodotto ma, semplicemente, si sarebbe potuto fare di meglio.
The Politician 2
Voto - 6.5
6.5
Lati positivi
- Cast e regia
- Tematiche politiche ben approfondite
Lati negativi
- Trama piena di forzature