The Report: recensione del nuovo film Amazon con Adam Driver
Adam Driver è il protagonista del dramma presentato al Sundance Film Festival
Amazon Prime torna con un nuovo contenuto e lo fa con un titolo molto intrigante come The Report di cui vi presentiamo la recensione. Distribuito nelle sale italiane solo nelle giornate del 18,19 e 20 novembre, il lungometraggio sarà invece disponibile sulla piattaforma Prime Video dal 29 novembre. Il film, presentato in anteprima al Sundance Film Festival lo scorso gennaio, si qualifica come un dramma. Esso tratta la storia vera del report che rese note le torture perpetrate dalla CIA nei confronti dei sospetti terroristi post 11 settembre. Approfondiamo le tematiche di The Report nella nostra recensione.
L’opera, distribuita da Amazon e diretta da Scott Z. Burns, si rivela molto ben congegnata e si inserisce perfettamente nel solco del cinema americano liberal e d’inchiesta. Un cinema che negli ultimi anni è stato capace di regalarci film come La grande scommessa, Vice – L’uomo nell’ombra e Il caso Spotlight.
Produzione targata VICE Studios, Undranded Pictures, Margin of Error e Topic Studios, la pellicola presenta un cast di assoluto livello; in esso sicuramente spicca la figura di Adam Driver, ma il film può contare su anche altre buonissime attrici come Annette Bening e Jennifer Morrison. Inoltre l’opera non si limita ad utilizzare gli stilemi del dramma, ma alle volte riproduce anche gli elementi tipici del thriller all’americana. Il risultato è quindi un buon prodotto, ma non si può annoverarlo tra i capolavori del cinema di denuncia americano per alcuni difetti evidenti.
Indice
- La trama
- L’efficienza e il conflitto tra legalità ed illegalità
- La vergogna di una nazione, l’insabbiamento e la superiorità diplomatica
- Il lato tecnico
- Considerazioni finali
La trama: The Report recensione
Daniel Jones (Adam Driver) è un giovane idealista americano, single, attaccato al paese e volenteroso di fare la sua parte per la sicurezza nazionale. Daniel, dopo una serie di esperienze lavorative proficue, si ritrova al servizio della senatrice democratica Feinstein (Annette Bening). Il suo compito è di indagare sulla detenzione dei prigionieri appartenenti ad Al Quaeda post 11 settembre e sui sospetti abusi praticati durante gli interrogatori. Partendo inizialmente con altri 5 colleghi, 3 repubblicani e 2 conservatori, egli si ritroverà sempre più solo e ostacolato contemporaneamente da più organi istituzionali.
Infatti durante le indagini non mancheranno i depistaggi, gli insabbiamenti e la denigrazione ai danni di Jones, il quale, nonostante un ostruzionismo stoico dei servizi di intelligence, non mollerà mai il suo lavoro. Daniel infatti riuscirà a compilare il suo rapporto, un rapporto torbido e nefando, contenente non solo ricostruzioni scomode e dannose per il nuovo direttore della CIA Brennan (Ted Levin), ma anche le prove di un abuso di potere. Il protagonista in seguito non solo verrà a sua volta accusato, verranno anche messe alla prova la sua moralità e la sua pazienza, che più di una volta vacilleranno di fronte alle illegalità dei poteri forti.
Le domande sono quindi queste: riuscirà Daniel a pubblicare legalmente il suo rapporto di 7600 pagine o dovrà servirsi di altri mezzi e tradire se stesso? La CIA pagherà per i suoi abusi disumani e i suoi continui interventi di depistaggio? In che cosa consistono le prove di Jones e perché non vengono divulgate dal presidente Obama?
L’efficienza e il conflitto tra legalità ed illegalità
Il film realizzato da Burns si concentra su due temi scioccanti per il modo in cui vengono rappresentati. Infatti le tematiche fondamentali dell’efficienza e del conflitto tra legalità ed illegalità vengono approfondite e sviluppate con notevole perizia; una perizia capace di intaccare perfettamente la sfera emotiva e la ragione dello spettatore. Gli argomenti sono quindi collegati e per la loro comprensione è bene rifarsi agli abusi perpetrati dalla CIA a Guantanamo e nella prigione di Abu Ghraib. Qui l’intelligence americana si serviva delle cosiddette tecniche di “interrogatorio potenziato”, le quali consistevano principalmente nella pratica del waterboarding, del digiuno forzato e della continua intimidazione.
I due temi portanti di The Report emergono lapalissianamente e operano in una logica malatissima. Infatti nel film è possibile vedere come, nonostante un’evidente inefficacia delle tecniche utilizzate per ottenere le informazioni dai presunti terroristi, i servizi segreti americani continuarono a metterle in pratica. Essi infatti agivano secondo la logica che se gli interrogatori e gli abusi si fossero rivelati utili per ottenere informazioni fondamentali contro il terrorismo, allora il tutto sarebbe risultato legale agli occhi della nazione. Se invece le pratiche si fossero rivelate inutili, solo allora le torture sarebbero state messe in discussione.
Questa visione distopica mette in luce quella “zona grigia” che è il confine tra legalità ed illegalità, riprendendo il dibattito tra giusnaturalismo e giuspositivismo tipico di tutto il 900 post secondo conflitto mondiale. Pertanto il focus del film è capire se machiavellicamente il “fine giustifichi i mezzi” o se esista invece un’etica connaturata al diritto.
La vergogna di una nazione e la superiorità diplomatica
In The Report Burns, collaboratore di Soderbergh, ha deciso di approfondire altri tre temi come la vergogna di una nazione, l’insabbiamento e la superiorità diplomatica. Come appare evidente un tema è conseguenza dell’altro, ma risulta interessante vederne la trattazione. Infatti la vergogna di una nazione è tutta nel personaggio di Daniel, un personaggio spigoloso. Non è morbido, nonostante il suo patriottismo evidente dall’inizio, e a tutti gli effetti è disgustato dai sei milioni di documenti che visiona. Documenti che materialmente costituiscono la trasposizione di una frangia malata della società americana e tuttora molto presente.
Una fazione razzista, nazionalista e barbara, capace non solo di torturare il prossimo, ma anche di non porsi problemi nel farlo, cercando di giustificarsi con il più puerile argomento del “bene superiore”. La vergogna assume quindi più sfaccettature: una prima che si può riassumere come morale, ovvero la mancanza di empatia, di etica e di civiltà; una seconda invece raffigurata dallo sdegno civile, dalla vergogna non solo sociale, ma anche personale che il cittadino Daniel vive. Lo si dirà appunto nel film: “I cittadini americani devono sapere”. Devono sapere del germe che li infetta, “l’ospite inquietante” che si aggira nel loro tessuto sociale ormai spezzato. Così come si ritrova spezzata anche la personalità spigolosa di Jones e come il grido di tutte le vittime degli abusi.
Naturale conseguenza della vergogna è appunto l’insabbiamento, soprattutto visto e considerato il ruolo degli USA a livello mondiale. Un insabbiamento che viene sviscerato nel film nel migliore dei modi, facendo emergere le pratiche della censura e della gogna sociale, passando anche attraverso l’emarginazione. Tuttavia la verità nel film non emerge, si potrebbe dire fortunatamente, con lo stilema americano dell’atto di coraggio e dissidio politico, bensì con la diplomazia. Essa diventa quindi sintomo di superiorità e fiducia nel sistema giudiziario.
Il lato tecnico: The Report recensione
Procediamo nella recensione di The Report approfondendo il lato tecnico dell’opera. Tecnicamente la pellicola risulta certamente ben interpretata e riesce a regalarci un Driver straordinario. Egli infatti lavora per ritrazione delle emozioni, fornendoci un personaggio vitreo, asfittico, incarnando perfettamente lo stile del film e della narrazione. Quest’ultima è infatti asciutta e fredda, trovando anche nelle prestazioni di Annette Bening e Ted Levin una sua completa finitezza.
La regia di The Report è buona e, seppur non stupisca con movimenti di macchina, ha dalla sua un rigore in linea con la storia. Tuttavia il film ha anche le sue pecche, come testimonia un certo caos nella prima parte e un’evidente difficoltà nel gestire i flashback. Un difetto che è da imputare anche alla fotografia, abbastanza nella media e con alcune scelte alle volte fuori luogo, soprattutto nella gestione della palette di gialli e marroni. Il montaggio è invece virtuoso ed eleva una sceneggiatura che, nonostante pecchi di un’eccessiva verbosità e complessità di concetti per i non addetti ai lavori, fa il suo egregiamente.
La scenografia è anch’essa più che positiva, ma la stessa cosa non può dirsi per la colonna sonora. Questa è infatti totalmente inespressiva e priva di colore, incapace di innalzare l’esperienza filmica e di caricare artisticamente le scene rappresentate. Infine emerge forse un po’ troppo citazionismo nella pellicola, che si ritrova ad essere debitrice di film come Tutti gli Uomini del Presidente di Pakula e I tre giorni del Condor di Sidney Pollack.
Considerazioni finali: The Report recensione
Nella conclusione della nostra recensione di The Report vogliamo evidenziare come il film si qualifichi come ben realizzato, ossia una produzione ben pensata. Essa è in grado perfettamente di colpire lo spettatore e approfondire le tematiche, riportando in auge la distruzione del fanatismo nazionalista americano. Un fanatismo che è stato rimesso in discussione ultimamente anche da film come The Kill Team e con cui The Report costituisce un dittico di denuncia all’interno delle produzioni statunitensi del 2019. La durata del film può risultare un po’ eccessiva, soprattutto se si considera che l’ultima parte del film risulta a tratti ridondante e retorica.
Il finale è comunque impattante e, sebbene riprenda il solito gioco della dissolvenza del sonoro e della didascalia, si integra perfettamente all’autonoma identità filmica dell’opera. Per concludere la pellicola risulta molto buona e socialmente importante, ma alcuni problemi tecnici, una confusione iniziale e una certa ripetitività nel finale ne intaccano la valutazione. Pertanto il lungometraggio non arriva ad una critica eccellente e si va quindi ad aggiungere al novero dei buoni film.
The Report
Voto - 7
7
Lati positivi
- Buone interpretazioni
- Interessante riflessione e trattazione delle tematiche
- Montaggio egregio
Lati negativi
- Sceneggiatura troppo verbosa e a tratti complessa
- Fotografia e colonna sonora non all'altezza