The Upside: recensione del remake USA di Quasi Amici
Approda su Amazon Video "The Upside", remake USA del cult "Quasi Amici"con Bryan Cranston e Kevin Hart. Ecco la nostra Recensione.
The Upside recensione. Dopo quasi due anni arriva in Italia un film destinato a suscitare le solite polemiche. The Upside (talvolta tradotto in “Sempre Amici”), infatti, è il remake USA del cult Quasi Amici (2011) di Nakache e Toledano. Al posto di François Cluzet e Omar Sy qui troviamo le superstar Bryan Cranston e Kevin Hart con Nicole Kidman nel ruolo dell’assistente personale del protagonista. Dopo una prima presentazione al Toronto Film Festival del 2017, la pellicola è approdata nelle sale USA con modesto successo ed è visibile da noi su Amazon Prime Video.
Affrontare il remake di una storia amatissima dal pubblico è sempre un rischio (poco) calcolato. I pericoli aumentano quando si decide di riadattare qualcosa che, all’apparenza, non aveva alcuna necessità di subire questo trattamento. Il cast stellare e i mezzi hollywoodiani saranno riusciti a rendere giustizia al materiale originale e, contemporaneamente, a iniettarvi nuova linfa? Cercheremo di analizzarlo nella nostra recensione.
The Upside – la recensione
Dubitiamo sia necessario riassumere la trama ma, per amore di tradizione, lo facciamo. Ispirandosi a una storia vera, The Upside racconta l’incontro tra un miliardario tetraplegico di nome Phil e il perdigiorno Dell. Il primo ha bisogno di un assistente; il secondo di un lavoro stabile (anche se si accontenterebbe di una firma per mantenere il sussidio di disoccupazione). Sembrano lontani anni luce ma finiranno per sviluppare il più improbabile dei rapporti. Phil sceglie di assumere Dell, ignorando la sua totale inesperienza, perché è l’unico a non trattarlo come un disabile. L’uomo, con un passato da delinquente e una famiglia disastrata, supera i primi pregiudizi e si rivela determinante nello spingere il suo datore di lavoro a uscire dall’isolamento nel quale si è rinchiuso.
Se vi state domandando quali siano le differenze fra questo The Upside e Quasi Amici vi rispondiamo subito: non ce ne sono. Il remake USA gioca sul sicuro e ripete pedissequamente gli elementi che hanno portato al successo l’originale francese. Esistono molte scuole di pensiero nei riguardi dei rifacimenti di film e la più accreditata ribadisce l’inutilità di rifare storie di successo. Sarebbe sempre meglio concentrarsi su progetti che non sono riusciti, per motivi disparati, a sfruttare il proprio potenziale per riprovarci attraverso una diversa chiave di lettura. Non è questo il caso, però, e il risultato è tanto incomprensibile quanto sconcertante.
The Upside Recensione – Rifare ma non migliorare
Sempre seguendo il ragionamento sopracitato, potremmo domandarci: cosa avrebbe potuto “migliorare” questa pellicola rispetto all’originale? In cosa avrebbe potuto differenziarsi? Nella rappresentazione del conflitto sociale, ad esempio. Chiunque abbia visto e apprezzato Quasi Amici è consapevole di quanto trattasse lo scontro fra ceti diversi in maniera blanda e all’acqua di rose. Tutto era molto semplice, tutto era molto roseo e le poche incursioni nella critica sociale occupavano pochissimo spazio. Nessun problema, chiaramente: non er quello il film destinato ad affrontare simili tematiche. Un ottimo modo per differenziare i due prodotti, però, avrebbe potuto essere una diversa e più realistica rappresentazione delle difficoltà da parte di due soggetti così diversi di stringere un legame solido.
Peccato che non solo tutto questo non accada ma, al contrario, in The Upside venga narrato molto peggio. La sceneggiatura ricalca l’originale e, come tutte le copie carbone, si limita a riprodurre il macro limitando al massimo il micro. I personaggi sembrano vivere le loro vicende perché devono farlo, perché è previsto dal loro essere ricalchi delle matrici originali e non per volontà personale. Basti guardare la scena dell’assunzione di Dell, così sciatta, veloce e priva del minimo pathos; come se il regista desse per scontato il fatto che gli spettatori abbiano visto l’originale e sbrighi la pratica del primo incontro come fosse un pro forma. Non è l’unica volta che lo vedremo accadere in questo film ed è una delle ragioni che lo rendono irritante nel suo vivere come una variazione sul tema priva di personalità.
The Upside Recensione – A cosa serve un cast se non lo si usa?
La regia di Neil Burger, autore che è passato dal thriller Limitless (2011) alla saga di Divergent (2014) senza mai capire a quale genere votarsi, è piatta e monocorde. Risulta efficace solo quando replica i momenti più riusciti del predecessore e commette l’errore madornale di depotenziare le performance del cast. Serve davvero una dose spregiudicata di follia per dirigere male un peso massimo come Bryan Cranston. Seconda scelta di cast dopo l’abbandono di Colin Firth, la star di Breaking Bad è un attore ricco di sfumature e di mestiere ma qui non usa né l’uno né l’altro.
La sua caratterizzazione del miliardario disabile è priva di quell’austerità che rendeva efficace quella di Cluzet e che contribuiva a rendere credibile il divario socio-culturale tra i due personaggi. Cranston passa da una seriosità ostentata a un’affabilità repentina. Sembra lavorare al minimo sindacale delle sue potenzialità, quasi stesse recitando in una fiction dozzinale e con la mente proiettata altrove. Con Kevin Hart, invece, Burger commette un errore ancora più dilettantistico: credere che un comico risulti efficace nel dramma costringendolo a fare il serio. Hart è attore dirompente se ben servito (come nel recente Jumanji) e tutto si può dire della performance di Omar Sy tranne che fosse seriosa. Il suo Dell dovrebbe “risvegliare” l’animo del suo capo ma è talmente immusonito e poco dinamico da risultare noioso.
Stendiamo un velo, infine, su Nicole Kidman, emblema del dramma che vivono attrici non più giovanissime in una Hollywood che sembra non sapere che farsene di loro. Se in Aquaman l’avevano quasi trasformata in un personaggio in CGI, qui è impalpabile e per nulla incisiva. Un nome da cartellone e poco più, normalizzata al punto tale da renderla talvolta irriconoscibile.
The Upside recensione – In conclusione
Sappiamo bene quanto i remake siano vittime del luogo comune che li associa alla cronica mancanza di idee da parte di Hollywood (anche se, sovente, quando prodotti originali finiscono in sala è il pubblico a disertarli perché alla ricerca dell’usato sicuro)! Non è sempre così ma è indubbio che film come The Upside sembrino nati per assecondare una simile visione. Un produzione pigra e che vive sulle spalle del successo dell’originale non ha nessuna speranza di distinguersi agli occhi di un pubblico che la vedrà, ovviamente, con enorme sospetto. Nessuno ritiene che il rifacimento di una pellicola preesistente sia una pratica spiacevole, ci mancherebbe. Viene da domandarsi, però, il senso di buttarsi in un confronto senza nemmeno tentare di pareggiare ( perché vincere, in questo caso, era da escludersi).
The Upside
Voto - 4
4
Lati positivi
- Meglio che vi concentriate sui lati negativi!
Lati negativi
- Il film è una piattissima variazione sul tema dell'originale, priva di uno straccio di personalità
- L'ottimo cast è usato nel peggiore dei modi
Non sono assolutamente d’accordo su nulla, se nn sul fatto del perché rifare un film (pochissimi anni dopo, tra l’altro) invece di farne uno nuovo, in realtà il motivo lo sappiamo tutti, anche se, a quanto pare poi i presupposti perdono il loro senso.
Detto questo, il film francese per quanto piacevole, commovente a tratti, divertente a tratti, purtroppo risulta macchiettistico (e romanzato più del dovuto) per molti tratti. Ci sono mille e nn più mille dettagli (il micro, appunto) che dovrebbero delineare i personaggi e condurci nella storia, ma, per lo più sono forzati.
Alcuni esempi; l’assistente e il “badante”, che belli sono? Peccato nn sia vero e serve solo a dare verve (fuori luogo) al sceneggiatura.
Il badante, nn è nemmeno lontanamente somigliante a quello vero, ne fisicamente ne caratterialmente, Abdel è basso, tarchiato e molto meno divertente (a tutti i costi).
Il miliardario paralizzato del film francese oltre a nn assomigliare x niente a quello reale è anche troppo “impalato” e monocorde, mentre Pozzo di Borgo è si paralizzato dal collo in giù ma da lì in su è molto più “mobile” ed espressivo.
La fantomatica relazione epistolare che alla fine (ma proprio alla fine) di questo film si trasforma nel classico e veramente assurdo (in questo caso soprattutto) “e vissero (tutti) felici e contenti” fa rabbrividire di suo, se poi aggiungiamo che nn è successo realmente (?).
Ci sono molti altri piccoli (ma nn troppo) dettagli che hanno trasformato il film francese nella “storia perfetta” adatta a tutti e tutti, piena di buoni sentimenti…bla bla bla, ma, nn è la verità.
Il film Americano, invece, tratta tutti questi argomenti con maggior realismo, meno gag, meno sentimentalismo forzato, più normalità e soprattutto con maggior aderenza alla storia vera.
Non è quindi vero che nn ci siano differenze tra l’uno e l’altro film, ci sono eccome, quelle che servono, quelle che hanno senso, sempre che si voglia raccontare una storia VERA.
Il film Americano nn è un remake di quello francese, bensì un altra interpretazione del libro dal quale è stato presa la storia.
Che il confronto sia inevitabile posso comprenderlo, che l’ultima versione possa esser vista (dai più) come un operazione commerciale (dato il grande successo della versione francese) posso comprenderlo, che molto spesso si tenda a sminuire i prodotti delle Major americane ed a sopravvalutare quelli di tutti gli altri (soprattutto quelli francesi, per patriottismo o molto spesso per malcelato e malriposto intellettualismo della mutua) è risaputo, poi xò coerenza e lucidità dovrebbero prevalere, dovrebbero, si, ma a noi piace tanto così…tanto per…