The White Lotus 3: recensione della serie tv di Mike White

Una stagione che si adagia sugli allori preferendo una struttura già ben collaudata piuttosto che aggiungere qualcosa di nuovo

The White Lotus ha un concept che ha conquistato fin dalla prima, indimenticabile, stagione: guardare la vita dei ricchi, metterla sotto la lente di ingrandimento in un momento specifico, quando vanno in vacanza in un luogo trasformato in una gabbia per ricchi. La serie antologica – con alcuni personaggi che ritornano – è stata ambientata nel resort lusso chiamato White Lotus nelle Hawaii e in Sicilia (grazie Mike White per aver demolito tutti gli stereotipi e le false credenze dei turisti sull’Italia) ed ora il nostro gruppo di protagonisti si trova in un esclusivo resort in Thailandia.

La preoccupazione, dopo una seconda stagione che tocca vette molto alte, è che il format – una persona viene uccisa durante il pilot, ma solamente al finale di stagione verrà rivelata l’identità della vittima e del carnefice, e tutte le puntate ricostruiscono le dinamiche che hanno portato alla morte di uno o più ospiti dell’hotel – potrebbe stancare, non sapersi rinnovare e diventare la copia di se stesso. Questa terza stagione, con i suoi alti ei suoi bassi, non riesce a smentire le preoccupazioni.

Indice

 

Eat the rich – The White Lotus 3, la recensione

The White Lotus

The White Lotus. Pallogram, The District, Rip Cord Productions.

Il punto focale di The White Lotus rimane il medesimo, la critica sociale ai ricchi, al loro stile di vita e al loro nutrirsi di stereotipi, vanno in vacanza in luoghi di tendenza ignorando la cultura del luogo, anzi piegandola a semplice intrattenimento per i loro occhi. Mentre i ricchi si godono la loro vacanza nel resort, guardano danze del popolo di cui sono ospiti mentre cenano e discriminano e minimizzano la cultura del luogo, i poveri sono la seconda faccia della medaglia. The White Lotus riserva lo spazio anche alle persone del luogo, quelle che lavorano nei resort e che per lavoro soddisfano i capricci e le richieste – più o meno assurde – degli ospiti.

Nella terza stagione tutto questo è presente, ma in maniera più sottile. Forse troppo sottile. La divisione nella serie di Mike White è netta e richiama alla memoria un tipo di rappresentazione binaria in cui i ricchi sono avidi, malvagi, piegano le regole secondo il loro voleri e a loro beneficio, mostrando problemi che non sono umani; mentre la classe operaia, chi lavora nei resort è obbligato a piegarsi al loro volere per lavoro. Un’enorme critica ai sistemi del capitalismo che in questi nuovi episodi si arricchiscono di un nuovo tassello: cosa si è disposti per far soldi? Come cambia la morale quando c’è la possibilità di diventare ricchi?

I nuovi ricchi – The White Lotus 3, la recensione

The White Lotus 2

The White Lotus. Pallogram, The District, Rip Cord Productions.

Qui i ricchi assumono una nuova sfumatura e, alcuni di loro, sono consapevoli dei privilegi che hanno, della fortuna che la vita gli ha concesso. Come la famiglia Ratliff che sta per perdere ogni loro avere, ma l’unico a conoscere la situazione finanziaria della famiglia è Timothy (Jason Isaacs), che ha truffato i suoi clienti per quelli che lui definisce “dieci miseri milioni” e noi spettatori che assistiamo alla caduta della famiglia che è fin troppo abituata al lusso, ma ne è consapevole. La consapevolezza non colpisce tutti allo stesso modo. È il caso di Rick e della sua giovane fidanzata Chelsea che sono in Thailandia perché Rick è deciso a mettere fine ad un suo trauma infantile.

Tra donne che tentano di salvare degli uomini che non ascoltano, il buddismo filtrato attraverso gli occhi di ricchi americani che trovano affascinante la meditazione solamente nella dependance a bordo piscina e storyline tirate per i capelli, questa terza stagione di The White Lotus manca l’obiettivo. La critica non è feroce come prima (non ci saranno probabilmente più scene del vecchio e ricco americano che sogna di andare nel luogo dove hanno girato Il Padrino) e si è persa la grande opportunità di parlare anche del turismo sessuale in Thailandia, a favore di una narrazione poco incisiva e che va sul sicuro.

In conclusione – The White Lotus 3, la recensione

The White Lotus 3

The White Lotus. Pallogram, The District, Rip Cord Productions.

Anche i personaggi sono facilmente dimenticabili, con dialoghi per nulla incisivi. A rimanere della stessa qualità sono la recitazione – menzione d’onore a Jason Isaacs – e la regia che ci regala un incredibile inquadratura ispirata all’Ophelia di John Everett Millais. Per il resto, purtroppo, questa nuova stagione di The White Lotus ha meno mordente delle precedenti. Oltre alla critica sociale che si è raffreddata notevolmente, ad essere una delusione sono i personaggi che sono facilmente dimenticabili.

È il caso del trio di amiche – Kate, Laurie e Jaclyn – il cui rapporto non viene mai approfondito e l’ipocrisia della loro amicizia è appena sotto la superficie, ma il cui vantaggio sociale che le lega – più dell’affetto – non viene mai davvero indagato. La colpa è di una scrittura che si adagia su cose già dette senza aggiungere nulla di nuovo, sul comfort e la sicurezza di una struttura già ben collaudata che perde di carattere. 

 

Caricamento...

The White Lotus 3

Voto - 7

7

Lati positivi

  • La recitazione rimane uno dei cavalli di battaglia della serie
  • L'incipit continua ad essere attuale

Lati negativi

  • La scrittura è diventata pigra e sceglie di rimarcare più le idee già portate dalle stagioni precedenti piuttosto che aggiungere qualcosa di nuovo
  • Alcune occasioni sono state sprecate rendendo la critica alla base della serie più leggera

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *