Tigertail: recensione della nuova commedia targata Netflix
Recensione di Tigertail, film Netflix prodotto in America ma ambientato a Taiwan
Lontani ma vicini è lo slogan di questi mesi difficili. Netflix, dobbiamo dirlo, si sta prodigando affinché possiamo vedere sullo schermo quello che non possiamo vedere nella vita reale. Negli scorsi mesi abbiamo parlato di prodotti come A mente fredda, Go-Kart o Isi e Ossi, prodotti in diverse parti del mondo. Tigertail, di cui parliamo in questa recensione, ci porta in un posto ancora nuovo: Taiwan. Questo film è il primo film in mandarino prodotto dalla piattaforma, che ormai sta espandendo le proprie radici su tutto il pianeta. Non sempre la varietà di offerta rispecchia una altrettanto varia distribuzione della qualità dei prodotti. Tigertail, come vedremo più avanti nella recensione, lascia dei grandi punti interrogativi nella mente dello spettatore. Cercheremo di rispondere al più grande che si ha prima di vedere un film: vale la pena?
Se vi avvicinate a questo film perché avete avuto come primo approccio con il cinema orientale Parasite, probabilmente ve ne allontanerete presto. Tigertail ha i ritmi di un film asiatico, ma siamo molto lontani dai successi coreani che stanno scuotendo Hollywood. Va precisato subito che il film non ha un doppiaggio italiano disponibile. Questo va, in realtà, a favore della nota più lieta dell’opera: la distinzione tra le varie lingue parlate. Sentiamo, infatti, parlare tre lingue: il mandarino, il taiwanese e l’inglese. Questa variazione linguistica tra personaggi e luoghi ha più potere evocativo di tutti gli altri elementi del film. Certo, a meno che non parliate fluentemente i tre idiomi avrete bisogno dei sottotitoli, ma poco importa. Non vi sveliamo altro, addentriamoci nell’isola di Taiwan con la recensione di Tigertail.
Indice
Tigertail: recensione – Trama
Taiwan; Pin-Jui è un bambino che vive in una casa tra le risaie insieme alla nonna. Suo padre è morto e sua madre lo ha mandato in campagna per nasconderlo dalla guerra. In quei campi Pin-Jui trascorre un’infanzia fatta di paura e nascondigli, e ogni tanto si illude di vedere i suoi genitori nelle risaie. Un giorno incontra qualcuno di reale nei campi: Yuan, una bambina che subito entra in sintonia con lui. I due giocano e trascorrono del tempo assieme. Pin-Jui cresce e torna a Huwei (Tigertail in inglese), e perde i contatti con la ragazza. Il destino, però, li unisce nuovamente. I due si innamorano e vivono una vita felice insieme, fatta di balli e cene non pagate in ristoranti di lusso. Pin-Jui nasconde a Yuan quale sia la sua reale condizione economica: lei è benestante, lui non ha denaro e lavora in fabbrica con la madre.
La condizione di vita precaria della sua piccola famiglia fa sentire Pin-Jui inadeguato nella sua nazione. Il suo sogno è quello di trasferirsi in America e cercare di fare fortuna con i propri mezzi. Una volta guadagnato il denaro necessario, il ragazzo sogna di portare con sé sua madre, per allontanarla da quella vita difficile. Pin-Jui non ha il denaro necessario per affrontare il viaggio, ma non si perde d’animo. Dalla fabbrica tanto odiata arriva l’opportunità che lui attendeva. Il proprietario rivela a Pin-Jui di aver pensato a lui come marito della figlia. Il ragazzo decide di uscire con la ragazza in questione, nonostante continui a incontrare Yuan, con cui è fidanzato. La vita di Pin-Jui dipenderà dalla difficilissima scelta che si troverà ad affrontare: sposare la donna che ama e restare a Taiwan o sposare Zhenzhen e ottenere dal suocero i soldi necessari ad andare in America.
Tigertail – Recensione
Sembra di tornare indietro nel tempo. Questa commedia richiama alla mente un gran numero di film d’amore, ma non ne cita mai nessuno. C’è grande rispetto da parte del regista Alan Yang nei confronti di questa storia, che sappiamo essere in parte autobiografica. La scrittura degli eventi è estremamente lineare, anche se non coinvolgente. Quello che funziona da un punto di vista narrativo è il cambiamento di piani narrativi che avviene costantemente tra tre livelli: passato a Taiwan, passato in America e presente. Il vero, enorme problema del film è che la storia è poco accattivante, a tratti noiosa. Fortunatamente dura poco, ma sembra comunque estremamente dilatata come narrazione. Sarebbe bastato rendere un po’ più avvincente l’intreccio, dando anche spazio alla psicologia dei caratteri. A chi non apprezza in un film il comparto tecnico, Tigertail apparirà piatto.
L’impressione è che il numeroso team che ha messo mano al prodotto non abbia voluto azzardare troppo. Quando c’è la possibilità di allungare la gamba e fare un passo, si resta fermi. Non è un difetto grave, ma inficia in maniera incredibile la godibilità di una storia che aveva grandi possibilità. Quello che funziona di più, come già detto in questa recensione di Tigertail, è la varietà linguistica. Gli attori sono incredibilmente bravi, e rendono chiare le differenze nell’uso delle tre lingue: mandarino, taiwanese e inglese. In alcuni punti ricorda l’intreccio di Revolutionary Road (paragone da prendere con le molle), ma la potenza interpretativa di un film come quello è ben lontana. Tigertail poteva essere molto di più. Ci sono molti spunti interessanti in questo film, che lo rendono allo stesso tempo difficile da descrivere.
Tigertail: recensione – Aspetti tecnici
Se la trama e l’intreccio non sono il punto forte di questo film, in questo ambito ci sono enormi sorprese. La regia è estremamente lineare, con movimenti fluidi e puliti. Non ci sono sequenze particolarmente memorabili. Le uniche che meritano di essere citate sono quelle che fanno da intercalare tra una sezione narrativa e l’altra. In queste la camera è fissa sul personaggio e un carrello allontana lentamente l’obiettivo. Non sono sequenze molto originali, dal momento che sono sempre state molto utilizzate dai cineasti asiatici, ma sono ben eseguite. Sebbene Alan Yang non sia paragonabile a Kurosawa o a Bong Joon-ho, dimostra di aver studiato molto attentamente lo stile dei grandi. La fotografia è abbastanza limpida, ma forse migliorabile dal momento che non riesce a creare dei distacchi chiari tra i diversi piani temporali. Le scene di esterno sono poche, e non lasciano il segno.
Elemento fondamentale è la colonna sonora. La scelta è curiosa e – stavolta sì – originale. Nella prima parte del film non esiste musica che non sia prodotta da elementi presenti nella narrazione; per esempio, nel bar in cui i ragazzi ballano, la musica è prodotta dal giradischi e si ferma quando si ferma l’oggetto. C’è un punto, però, dal quale questa regola si interrompe. Quando la narrazione si sposta in America, la melodia suonata dall’organetto di Pin-Jui diventa, all’improvviso, esterna alla vicenda. Questo effetto ha un grande impatto sulla scena, e sembra esplicitare l’avvenuta evoluzione nella vicenda. Se non la apprezzerete, non potrete non ammettere che sia una trovata interessante. Il livello degli attori, che non sono star, è comunque alto, e tutti i personaggi sono ben caratterizzati. C’è poco da poter criticare riguardo al comparto tecnico.
Considerazioni finali
Come detto all’inizio di questa recensione, Tigertail lascia molti punti interrogativi; possiamo tuttavia rispondere a quello posto in precedenza. Vale la pena di vederlo. Se siete amanti del cinema orientale in particolar modo. Soprattutto va visto per capire che Netflix sta offrendo anche prodotti interessanti, e non solo film come Coffee e Kareem. Certo, siamo lontani dai grandi film prodotti e proposti dalla piattaforma, ma il livello si alza. Non possiamo non prendere in considerazione, nella valutazione, che sia una quasi opera prima, di un regista giovanissimo. Non siamo di fronte ad un film destinato a scrivere la storia. Probabilmente molti degli spettatori storceranno il naso in più punti. Ma c’è l’impressione che il giovane regista abbia tutte le carte in regola per ritagliarsi uno spazio importante nel futuro. Hollywood si sta sempre di più aprendo all’Asia, chissà che col tempo questa tendenza non si consolidi.
I viaggi di Netflix proseguono, ma ancora la meta sembra lontana. Se Il Buco ci aveva mostrato qualcosa di innovativo, non si trova ancora chi possa proseguire la strada. Di tempo ce n’è tanto, la speranza è quella di vedere ancora grandi titoli. Questo soprattutto perché Disney+ sta accrescendo sempre di più il suo bacino d’utenza, e sta facendo sentire ai colleghi il fiato sul collo. Netflix non perderà sicuramente utenti, ma la speranza di questi è che non perda ulteriormente qualità, quasi sempre lasciata da parte in favore della quantità. Uno spunto che possiamo prendere dalla visione di Tigertail, e attraverso questa recensione, è quello di conoscere la storia di una realtà controversa come quella di Taiwan. In questo film viene spiegata poco la storia dell’isola, ma gli spunti iniziali lanciano delle esche interessanti allo spettatore. Vi invitiamo a raccoglierle, non ve ne pentirete.
Tigertail
Voto - 7
7
Lati positivi
- Comparto tecnico
- Gestione della colonna sonora
Lati negativi
- Intreccio poco avvincente
- Vicenda troppo lineare e scontata