True Detective: Night Country – recensione della quarta stagione
True Detective torna in grande stile con una stagione che coniuga le atmosfere della prima stagione, una struttura thriller classica e una scrittura dedita al risollevare dei personaggi femminili affossati dai suoi predecessori.
True Detective è tornato a brillare. Dopo una prima stagione che è diventata un cult, le due successive non hanno colpito nel segno essendo ritenute troppo sperimentali e senza il mordente necessario per mettere in scena un thriller. La showrunner Issa Lopez è riuscita, con questa quarta stagione, nel non facile passaggio di testimone diventando un degno erede delle idee di Nic Pizzolatto sebbene lui sia il primo a dire il contrario.
Indice
Trama – True Detective: Night Country, la recensione
Durante le prime ore di una notte che dura giorni, in un’Alaska fredda e inospitale, otto ricercatori vengono ritrovati morti in un groviglio congelato di corpi che presentano fin troppe anomalie. Gli otto non si sono solamente spogliati di propria volontà, ma i loro volti sono contorti in una smorfia di puro terrore.
Nessuno ad Ellis aveva mai affrontato una tragedia di questa portata e soprattutto le forze di polizia sono completamente impreparate. La soluzione migliore sarebbe lasciare che un’altra contea se ne occupi, ma è un’idea a cui Elizabeth “Liz” Danvers e Evangeline Navarro non vogliono sottostare.
Liz (interpretata da una bravissima Jodie Foster) è una detective vecchio stampo, rigida e intransigente, segnata da una tragedia familiare che ha rovinato anche il rapporto con sua figlia. Evangeline Navarro (una altrettanto brava Kali Reis) ha una forte etica del lavoro dettata da un caso a cui era coinvolta una ragazza il cui ricordo non la lascia in pace. A differenza della sua collega, Evangeline ha un rapporto stretto con sua sorella e con la comunità con cui condivide background, retaggio culturale e folklore.
Uno spazio ostile – True Detective: Night Country, la recensione
Lopez ambienta la stagione in un luogo ostile, un astio che viene rappresentato non soltanto dal clima, dal buio che non lascia mai spazio alla luce, ma anche da una cittadina i cui abitanti sono rancorosi e violenti. In questo Night Country si allontana parzialmente dalle classiche dinamiche delle serie crime in cui l’omicidio iniziale getta nel caos una, all’apparenza, quieta e tranquilla città.
Non c’è quindi un distacco tra le detective intransigenti e i restanti personaggi che nascondono segreti dietro una facciata ben costruita, sono tutti induriti dagli eventi e dall’ambiente circostante. Anche il restante corpo di polizia ha i medesimi tratti: incurante, negligente, pronto alla caccia all’uomo piuttosto che interessato alla giustizia.
L’eredità spirituale della prima stagione – True Detective: Night Country, la recensione
Lopez fa un’operazione intelligente che era mancata nelle due stagioni precedenti ossia creare un filo conduttore tra questa e la prima stagione, riuscendo al contempo nel creare una storia originale.
Lopez gioca con i rimandi e con gli opposti: dalla calda e soleggiata Louisana ci spostiamo in un’Alaska fredda e inospitale; dove prima c’erano due poliziotti le cui vicende personali erano il punto focale, ora ci sono due detective molto differenti tra loro, ma che cedono alle credenze che affondano le radici dell’intera comunità.
L’enorme differenza, però, e il maggior maneggiamento dell’opera iniziale sono i personaggi femminili. Quando si pensa a True Detective la prima cosa che viene in mente sono i due detective che oscurano tutto il resto, perfino la vittima. O vittime sacrificali o prostitute, tutti personaggi femminili della prima stagione sono facilmente dimenticabili. In Night Country la narrazione gira attorno alle esperienze femminili dell’intera cittadina, a partire dalle due protagoniste i cui eventi, però, non prendono il sopravvento. Rose Aguineau, Leah Danvers, Julia Navarro sono tante facce della stessa medaglia, sfaccettature della stessa storia. Qui i personaggi fanno fronte comune.
Lunga vita al classico – True Detective: Night Country, la recensione
Night Country è un puzzle formato da vari aspetti, vari tasselli dove niente viene lasciato indietro e che unisce il classico con un nuovo punto di vista. Un’ambientazione che sembra uscita da un romanzo thriller nordico che incontra un metodo investigativo classico. Uno dei tratti distintivi di Liz è proprio una sua frase che ripete fin dal primo episodio e che accompagna tutta la storia: “stai facendo la domanda sbagliata”.
Il duo è formato da una detective fredda, razionale e dedita al suo lavoro come via di fuga da una situazione familiare complessa. L’altra è una poliziotta intransigente che è la voce portante delle credenze dalla tribù, del voodoo e della parte più soprannaturale che diventa parte integrante dello show.
Come dicevamo prima, nulla è lasciato al caso ed ogni personaggio aggiunge sempre qualcosa alla storia. Si torna ad un tipo di investigazione che non si svolge in teatri di posa piccoli, in uffici blandi dove l’ispirazione sopraggiunge nel momento opportuno; Liz ed Evangeline scendono in campo, si sporcano le mani, tornano costantemente negli stessi posti, parlano con le stesse persone, cercano indizi e risolvono il caso grazie ad una miscela ben dosata di intelletto, gioco di squadra e scetticismo che, inevitabilmente, viene meno.
True Detective: Night Country
Voto - 8
8
Lati positivi
- Le atmosfere e l'ambientazione non originale, ma comunque ben sfruttata
- Le dinamiche tra le due detective e con la comunità
- Il filo conduttore con la prima stagione