Un Ultimo affare: recensione del thriller di Klaus Härö
All'Umbria Film Festival un thriller atipico, che riporta alla mente "La Migliore Offerta" di Giuseppe Tornatore
Un Ultimo Affare recensione. Presentato in concorso all’ultima edizione dell’Umbria film Festival, Un Ultimo Affare del regista finlandese Klaus Haro è un esperimento cinematografico estremamente interessante che si inerisce perfettamente nel programma del Festival di Montone. L’Umbria film Festival si svolge nel borgo medievale di Montone (Perugia, Umbria) racchiuso fra i monti e le campagne. Il posto si erge sulle colline dell’Italia centrale in un immaginario davvero da sogno. Sotto la luce della luna, nella piazza centrale della città, gli abitanti del paese e gli ospiti internazionali si incontrano per vedere i film in concorso: sogno, realtà, fantasia e fiaba si mescolano fra loro creando un mondo magico fuori dal tempo.
L’edizione 2019 del festival si è potuta fregiare della presenza di un ospite d’eccezione: Terry Gilliam; il genio visionario americano, naturalizzato britannico, regista tra gli altri di Brazil e L’uomo che uccise Don Chisciotte. Gilliam infatti è cittadino onorario della città dove ha una casa e dove si ferma spesso a parlare per scambiare opinioni e pareri con attori, registi o semplici appassionati. Un Ultimo Affare è stato proiettato durante la terza giornata del festival, colpendo per la sua delicatezza e il particolare estro comunicativo.
Indice
Trama – Un Ultimo Affare recensione
Nella Finlandia moderna, Olavi è un vecchio mercante d’arte, in procinto di andare ina pensione. Le sue giornate passano lente fra affari, aste, incontri con gli amici e cene solitarie. Un giorno però tutto prende una svolta inaspettata. Un minuscolo quadro, raffigurante un monaco russo, inizia ad ossessionarlo. Il quadro, di autore ignoto, non vale molto, ma, secondo Olavi, nasconde un incredibile segreto. Si mette quindi ad indagare, per presentarsi all’asta in cui verrà venduto.
Nel mezzo delle sue ricerche viene interrotto dalla figlia che decide di affidargli il nipote Otto, per fargli fare un tirocinio dal vecchio nonno. I due, inizialmente distanti, scoprono di avere in comune un innato intuito per gli affari che li porterà a svelare un importante verità. Il quadro da loro ricercato, non è di autore ignoto, ma è stato dipinto da Ilya Repin, uno dei maggiori pittori russi dell’ottocento. Questa scoperta rende il valore del quadro inestimabile; Olavi è quindi intenzionato a impossessarsi del quadro, a ogni costo, non importa quello che sarà disposto a perdere. Ma come ogni storia ci insegna, chi troppo vuole nulla stringe.
Sceneggiatura – Un Ultimo Affare Recensione
In Un Ultimo Affare, Il personaggio protagonista rappresenta forse l’elemento più piacevole di tutto il film. Inequivocabilmente, Olavi ricorda il personaggio di Virgil Oldman, interpretato da Geoffrey Rush, ne La Migliore offerta di Giuseppe Tornatore. Un vecchio introverso, schivo, silenzioso, a tratti ripugnante, ma con una forza di volontà fuori dal comune. La sua ossessione per gli affari e le sue straordinarie intuizioni lo rendono affascinante e degno di ammirazione. Tuttavia, questa sua vocazione affaristica lo porta inevitabilmente a compiere delle scelte che lo esulano dalla compagnia altrui. Per Olavi è importante guadagnare, quindi conta unicamente il suo lavoro. Come il personaggio di Clint Eastwood in The Mule, Olavi non si dedica minimamente alla famiglia, che anzi respinge con disprezzo. Perciò la sua totale solitudine non è solo il frutto di una vita passata nella ricerca spasmodica di opere d’arte, ma anche di un suo personale autocompiacimento.
L’ho fatto per me, mi piaceva farlo e mi faceva sentire… vivo.
direbbe Walter White. Tuttavia, a cambiare le carte in tavola, arriva il nipote Otto. Il legame che nasce fra lui e l’anziano non è per nulla banale. Mentre vive un rapporto conflittuale con la figlia, il vecchio si ritrova perfettamente in sintonia con il nipote. Questo loro rapporto di confronto e di ammirazione reciproca, li porta a confrontarsi e a crescere insieme apprendendo l’uno dall’altro i segreti del mestiere del commercio d’arte. La personalità di Olavi però non è monolitica né in rapida trasformazione, per quanto si apra al nipote, il suo carattere non muta; si trasforma, restando fedele alla sua natura. La trama dunque si appoggia totalmente sul personaggio del vecchio commerciante. Tuttavia il protagonista si annichilisce nel corso della vicenda, appassendo come un fiore, sfumando alla fine in un ultimo canto del cigno.
Regia – Un Ultimo Affare Recensione
Kalus Haro è il più importante regista finlandese del nostro tempo. I suoi film hanno sempre ottenuto un ottimo consenso sia da parte del pubblico che della critica: infatti sono stati candidati cinque volti agli Oscar per rappresentare la Finlandia, nella categoria di miglior film straniero. Perciò da un simile regista non ci si può che aspettare il meglio. E oggettivamente il film non delude le aspettative. Un Ultimo Affare è un thriller delicato, sontuoso e ovattato come un’opera d’arte di fine ottocento, ma pur sempre un thriller. Ci si aspetterebbe perciò un film carico di azione. E invece no. Il regista lavora molto per sottrazione: la messa in scena è spoglia, il montaggio rilassato e la recitazione misurata.
Manca quell’azione e quell’adrenalina che ci si aspetterebbe da un classico thriller. Eppure, per quanto il film sia sottotono nel ritmo e nell’incedere degli eventi, non ci sono pause, né momenti di quiete; la narrazione è incredibilmente coinvolgente e per quanto la regia sia estremamente documentaristica e iperrealista, scuote lo spettatore nell’ intimo. Questa mancanza di azione, porta lo spettatore ad essere attivo nella vicenda, così da prestare attenzione a qualsiasi dettaglio, pur di cogliere ogni più insignificante sfumatura del minimalismo della messa in scena.
Considerazioni finali – Un ultimo affare Recensione
Quindi qual è il risultato? Un minimalismo assoluto sia emotivo che figurativo, non scevro però da colpi di scena e da momenti di grande tensione e dramma che generano suspense. Da apprezzare poi la bravura di Haro nel gestire i fuoricampo, una delle tecniche cinematografiche più difficili (ma più suggestive) dell’intera grammatica audiovisiva: il regista toglie, e togliendo, lascia libero spazio all’immaginazione dello spettatore, che deve ricordare, colmare e sovvertire lo spazio vuoto.Perciò, nel confezionare questo thriller atipico, Klaus Haro dimostra la sua abilità e la sua raffinata abilità nel sperimentare le migliori soluzioni visive.
Un ultimo Affare è davvero un film imperdibile, non soltanto per la storia, la narrazione e le emozioni che suscita, ma anche per la squisita raffinatezza con cui è girato. Certo, ci troviamo di fronte a un film dal ritmo molto lento e pacato che difficilmente andrà in contro ai gusti degli spettatori abituati ai thriller moderni. Tuttavia la sua natura d’Essai attirerà coloro che ancora pensano che il cinema sia fatto, di attese, di silenzi, di dettagli, ma soprattutto di emozioni.
Un Ultimo Affare
Voto - 9
9
Lati positivi
- Regia
- Sceneggiatura originale
- Minimalismo scenico
Lati negativi
- Ritmo lento