Voir: recensione della docu-serie prodotta da David Fincher
Il nuovo documentario di Netflix è una lettera d'amore al cinema in tutte le sue forme
La collaborazione tra Netflix e il regista David Fincher torna ad essere prolifica. Tolti i panni del regista, Voir è la nuova docu-serie, di cui vi presentiamo la nostra recensione, prodotta da David Fincher assieme a David Prior. Quest’ultimo è un nome noto soprattutto in America e tra gli appassionati di documentari, grazie alla sua lunga carriera come documentarista. I suoi progetti si sono più volte intrecciati con i film di David Fincher. Con il quale ha girato vari video documentaristici su alcuni dei suoi film più famosi, tra cui Uomini che odiano le donne.
L’amore di Prior per i documentari e quello per la settima arte di Fincher dà vita ad una docu-serie sul cinema diversa dalle altre. Una svolta che sembra essere naturale se si osserva la collaborazione tra una delle più famose piattaforme streaming e David Fincher, da cui sono nate la magistrale serie tv Midhunter e uno dei film più iconici uscito lo scorso anno, Mank. Un film metacinematografico che indaga le dinamiche dello studio system negli anni Trenta della ruggente Hollywood.
Indice
Un saggio visivo – Voir, la recensione
Il filo conduttore dei sei brevi episodi che compongono la serie è una domanda che dei famosi critici oltreoceano e degli artisti che lavorano dietro le quinte si pongono come fruitori. Cosa affascina così tanto del cinema? Cosa spinge a vedere una determinata storia e come questa può, se ben raccontata, cambiare una persona o l’intera industria filmica statunitense? Per far questo la struttura delle puntate cambia di volta in volta, adattandosi al racconto stesso. Voir si distacca totalmente dai classici documentari sulla storia del cinema o di quelli che si concentrano sui retroscena.
L’intenzione originale sulla natura della docu-serie la dà la stessa sigla. Un occhio vispo che occupa l’intera inquadratura, il titolo che si traduce dal francese “vedere” e una breve didascalia che descrive le puntate come dei saggi visivi. Voir infatti rassomiglia più ad un saggio scritto a più mani, la cui finalità è quella di raccontare dei momenti del cinema ben precisi. Un documentario cinematografico che si colloca a metà strada sia per gli appassionati che non hanno bisogno di un ripasso della storia e analisi del cinema, sia per i neofiti. La mancata direzione di un target a cui parlare è, però, il più grosso difetto della serie.
Da Lo squalo a Netflix – Voir, la recensione
Sasha Stone racconta come Lo squalo ha cambiato non solo la sua vita, ma anche come la sua esperienza della visione sia stata condivisa da centinaia di persone. Il film di Spielberg, infatti, ha cambiato completamente l’industria cinematografica che, dopo l’estate del 1975, si è lanciata in una strategia di marketing presente ancora oggi: il blockbuster estivo. All’uscita de Lo squalo, tutti avevano visto il film che monopolizzava sale cinematografiche e drive in innescando una risposta entusiasta dal pubblico. Dando vita a un evento di massa dove tutti vedevano il film più e più volte, leggevano il libro dal quale è tratto ed esibivano con fierezza il merchandising.
Un solo film ha cambiato la Hollywood degli anni Settanta e non solo. Dopo 46 anni, i mesi estivi sono ancora dedicati principalmente ai blockbuster. In parallelo la penultima puntata è dedicata ad uno dei topic più discussi degli ultimi anni: la televisione può sostituire il cinema? Una rivalità che è nata negli anni Cinquanta e che è tornata in auge con l’avvento delle piattaforme streaming. Non è nuova la divisione che sostiene la morte del cinema. Una discussione simile si faceva già quando il sonoro ha soppiantato il muto, ma è tornata alla carica quando vedere un film o una serie tv comodamente sul divano di casa è diventata la prassi. Sono molteplici i punti di vista, ma da un documentario che ha come punto focale l’amore per la settima arte, la puntata si concentra sulla bellezza della narrazione.
Cosa rende interessante un personaggio – Voir, la recensione
Le puntate centrali diventano, man mano, sempre più tecniche e specifiche. Tony Zhou analizza le peculiarità del genere revenge, uno dei più prolifici nel panorama statunitense e non solo, descrivendo come Lady Vendetta sia per lui uno dei film migliori del genere.
Attraverso somiglianze e peculiarità, il critico si immerge in una lezione di storia del cinema. In modo simile, Drew McWeeny intavola una lezione sul perché non è fondamentale che i protagonisti di molti film ci piacciano. Partendo da Lawrence d’Arabia, passando per il cinema di Scorsese con il suo Taxi Driver, Toro Scatenato fino ad arrivare alla trilogia del Padrino. In modo simile, Walter Chaw analizza il modo in cui il razzismo sistematico è rappresentato nel film 48 ore, debutto sul grande schermo di Eddie Murphy e di come la sua carriera si sia, successivamente, allineata a film lontani dalla critica sociale.
La puntata più bella coincide con quella più tecnica ed è dedicata al cinema d’animazione. A parlarne sono l’animatore Taylor Ramos e la regista del film Pixar The Brave, Brenda Chapman. L’episodio si dipana in molteplici questioni che approfondisce in appena 18 minuti. Parte da come vengono disegnati i personaggi femminili e come i corpi femminili siano rinchiusi in stereotipi, anche nell’animazione. Passando per come i personaggi vengono creati per poi concludersi sulla riflessione riguardante il far provare emozioni tangibili a dei disegni.
In conclusione
Voir è una docu-serie sul cinema che ci si aspettava fin dalla notizia che David Fincher ne sarebbe stato il produttore. L’amore per la settima arte è tangibile in ogni frame. Ogni episodio ripercorre parte della storia del cinema alimentando la curiosità dello spettatore, stuzzicata anche dai continui riferimenti a numerose pellicole. A causa della brevità degli episodi, più che essere educativo, Voir accende la curiosità. Che si parli di film già visti o ancora sconosciuti, dopo la visione si ha voglia di scoprirne sempre di più al riguardo.
Il poco approfondimento, però, impedisce di capire chi sia esattamente il target di riferimento. Qualcuno che non ha molte conoscenze sull’argomento, resterà deluso. Chi invece è un esperto del tema, non scoprirà nulla di nuovo. La bellezza delle puntate e l’amore che trasmettono gli intervistati sono il fiore all’occhiello. E rafforzano la speranza per una seconda stagione, che possa aggiustare la rotta di questi primi – brevi, ma intensi – sei episodi.
Voir
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Il fil rouge che lega gli episodi
- L'amore per il cinema che traspare in ogni fotogramma
Lati negativi
- Gli episodi troppo brevi impediscono alla serie di individuare un target ideale