Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers: recensione dell’ultima stagione
McKay torna alla scrittura di una serie tv che mette al centro la famiglia e la rivalità.
Adam McKay, autore di Don’t Look Up e Succession, torna con la seconda stagione di Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers, la serie targata HBO che racconta la nascita della dinastia dei Lakers. Questa seconda stagione, dopo una prima ondata di episodi che ha convinto pienamente, racconta la rivalità tra i Boston Celtics e i Lakers in particolare tra Magic Johnson e Larry Bird.
Una serie che continua ad essere pienamente promossa grazie ad una scrittura brillante e a dei personaggi che ricordano degli archetipi classici in una storia che appassiona anche chi non è un fan dei Lakers o del basket in generale. Una serie come poche se ne vedono in giro, ma che purtroppo è stata cancellata troppo in fretta.
Indice
Seconda stagione – Winning Time, la recensione
Questa seconda stagione copre quattro anni cruciali, quelli dal 1980 al 1984. In questo anno si sono svolte le finali dell’NBA, gara 1. A Boston, i Lakers hanno appena battuto i Boston Celtics e sono appena saliti sul pullman in fretta e furia per scappare dall’ira dei fan locali. Questa vittoria è solo una delle tante, seppur decisiva, ma è anche l’anno di presidenza Buss durante il quale i Lakers vincono il campionato.
L’aria del mito è già palpabile, i Lakers sono ad un passo dal diventare la squadra leggendaria che, ai giorni d’oggi, conoscono tutti. C’è Kareem Abdul-Jabbar (Solomon Hughes), Earving “Magic” Johnson (Quincy Isaiah), un allenatore pronto a tutto e con idee innovative quanto coraggiose Paul Westhead (Jason Segel), l’assistente attento e scrupoloso Pat Riley (Adrien Brody) e, a chiudere il gruppo, il general manager Jerry West (Jason Clarke).
Dall’altra parte, c’è Larry Bird (Sean Patrick Small), la stella dei Celtics, che ha un conto in sospeso con Magic Johnson dai tempi dello sport giovanile, il cui passato è la punta di diamante di Winning Time. Larry Bird, difatti, è una vera e propria leggenda del basket, ma qui, in una storia che gira attorno ai Lakers e a come sono diventati la squadra che conosciamo, Bird viene rappresentato da Adam McKay come un vero e proprio villain, la nemesi dell’eroe Magic Johnson.
Un’estetica nostalgica e tipica degli anni Ottanta – Winning Time, la recensione
Quel che colpisce subito, di Winning Time, è quel velo nostalgico e immersivo dato non solamente dalla scrittura, ma soprattutto dalle scelte registiche. La serie punta a raccontare una vera e propria era in cui i Lakers sono i protagonisti tanto quanto lo sono gli anni in cui le vicende protagoniste sono accadute. La fotografia è calda, i colori un po’ sbiaditi e le riprese richiamano il racconto televisivo dell’epoca con primi piani, zoom, movimenti di macchina frenetici con una grana che richiama le trasmissioni televisive degli anni Ottanta.
L’effetto è meraviglioso e miscela uno stile retrò e nostalgico senza risultare fittizio. A rendere ancora più realistico lo stile sono l’introduzione delle immagini di repertorio e filmati dell’epoca alternati a scene volutamente ricreate come se fossero estratti originali che aiutano a catapultare lo spettatore nella serie, sui campi e negli spogliatoi, nelle vite di ognuno di quei giocatori e allenatori.
La scrittura di McKay – Winning Time, la recensione
La storia dei Lakers viene qui appositamente romanzata – seguendo lo stile del romanzo da cui la serie è tratta dal titolo Showtime: Magic, Kareem, Riley, and the Los Angeles Lakers Dynasty of the 1980s di Jeff Pearlman – e addolcita per essere appetibile per un pubblico diverso da quello appassionato ai Lakers o, in generale, di basket. Non a caso, come dicevamo, Larry Bird qui veste i panni del villain della storia. Questa scelta non solamente è votata alla scrittura televisiva – quasi più cinematografica nel caso di Winning Time – ma serve a stratificare una storia che sarebbe al contrario probabilmente troppo piatta.
La scrittura di McKay è qui particolarmente arguta e si basa sulle contraddizioni: sulla famiglia e l’amicizia, ma anche sui sentimenti contaminati dall’effetto di tenere in piedi quella che non è solamente una squadra, ma un impero multimilionario, sui compagni di squadra e su quelli che sono veri e propri nemici. McKay ancora una volta non delude, quel che è frustrante è che Winning Time non avrà una terza stagione.
Winning Time - L'ascesa della dinastia dei Lakers
Voto - 8
8
Lati positivi
- La scrittura di McKay
- L'estetica anni Ottanta