White Christmas: analisi dell’episodio natalizio di Black Mirror
Ecco un'analisi di uno degli episodi più riusciti e angoscianti di Black Mirror, uscito per Natale 2014
Il 16 dicembre 2014 usciva su Channel 4 lo speciale di Natale di Black Mirror, intitolato White Christmas (Bianco Natale). Scritto dall’ideatore della serie Charlie Brooker, lo speciale si allontana dal convenzionale buonismo natalizio, mantenendo della festività solo l’ambientazione. L’episodio è composto da tre diversi filoni narrativi tenuti insieme da un prologo iniziale: due uomini, Matthew (John Hamm) e Joe (Rafe Spall) sono imprigionati da più di cinque anni in un surreale non-luogo, una stanza arredata per la Vigilia di Natale. I due cominceranno a raccontare cosa li abbia portati lì.
White Christmas è l’ennesimo successo della serie, che sfrutta la fantascienza per parlarci del problema dell’alienazione contemporanea. La lucida penna di Charlie Brooker ci proietta in un futuro imprecisato, dove il progresso tecnologico aumenta il senso d’inquietudine, concretizzando al massimo le nostre paure e ossessioni. Il futuro di White Christmas non fa altro che raccontare il nostro presente. Ed è quando la realtà diventa complessa e spaventosa che l’appello alla finzione sembra l’unica luce per cercare di orientarsi nel buio del turbamento.
White Christmas – 0. Lo scenario surreale
Siamo in un futuro imprecisato. Matt Trent (Jon Hamm) e Joe Potter (Rafe Spall) vivono da più di cinque anni in un luogo sperduto, in una casupola isolata dal mondo, immersa in un’infinita distesa di neve. È chiaro fin dall’inizio che il loro rapporto non è mai fiorito, rimanendo spoglio come lo scenario surreale dove i due sono costretti a vivere. Il giorno di Natale, però, Matt decide di preparare un pranzo per riuscire a entrare in contatto con Joe, taciturno e chiuso in sé stesso.
Per farlo aprire, Matt deciderà di racconterà la sua storia. Lo spettatore viene così trasportato dall’abile penna di Charlie Brooker in un viaggio narrativamente tripartito. È proprio nella forma del racconto e della confessione, prima dell’uno, poi dell’altro, che il chiarimento e la purificazione giungeranno e colpiranno come pugni nello stomaco. Interesse per la trama, amarezza per le considerazioni riportate e inevitabili riflessioni si incontreranno al termine della storia.
Per un’analisi accurata e precisa di White Christmas è però necessaria una divisione in segmenti ordinati diversamente dalla maniera in cui ci vengono presentati nell’episodio.
White Christmas – III-IV L’io e il suo clone
La puntata può essere divisa in sei segmenti narrativi, e non a caso la terza parte è il vero cuore pulsante che funge da raccordo e da faro. Veniamo a sapere che Matthew lavorava per la Smartelligence, società che garantisce un miglioramento della vita dei suoi clienti, impiantando un cookie vuoto nel loro cervello. Nel giro di una settimana, copiati i dati della persona ospitante, il cookie rende possibile estrapolare ciò che può essere definita la coscienza. Questa viene così educata ad eseguire gli ordini del suo vecchio corpo.
La famosa e stereotipata vocina nel cervello, da complice e protettrice, si trasforma in un ostacolo. Ecco che viene così introdotta la storia di Greta (Oona Chaplin), che si sottopone al particolare intervento per trapiantare la propria coscienza in un device che controlli le funzioni della casa e programmi i suoi appuntamenti. Il suo clone, inizialmente incapace di accettare la sua sorte, sarà costretto ad arrendersi dopo aver sperimentato gli orrori di una vita inattiva.
L’alienazione e l’assopimento dell’io viene reso perfettamente su schermo dal viso attonito della piccola Greta. Il messaggio è preoccupante. L’uomo e l’high-tech hanno volontariamente ridotto il complesso sistema del pensiero umano ad una semplice stringa di codice, creando un clone del proprio “io” più nascosto e recondito. La crudeltà dell’uomo però emerge anche nei confronti del suo stesso “io”, visto come altro da sé, arrivando persino a schiavizzarlo. Ancora una volta, a dare la misura del reale è ciò che esibiamo e non ciò che siamo davvero.
White Christmas – I-II Isolamento e invisibilità
White Christmas si interroga anche sugli effetti che l’intelligenza artificiale può produrre su ciascun individuo, analizzando come siano cambiate le relazioni umane. Ecco quindi il focus della prima parte dell’episodio. Matthew usa infatti le proprie abilità manipolatorie per aiutare ragazzi ad abbordare belle e avvenenti donne grazie attraverso i particolari Z-eyes, un impianto oculare che permette di condividere le proprie esperienze.
Sarà così che nel primo dei tre racconti Matt aiuterà l’impacciato Harry (Rasmus Hardiker) a sedurre una ragazza di nome Jennifer (Natalia Tena). La mente umana e le dinamiche amorose sono ridotte a una somma finale di elementi, ipoteticamente controllabili a proprio favore grazie a un vero e proprio allenamento. Nessuno vuole sentirsi isolato e invisibile, ma basta una variabile impazzita sulla propria strada per sentire che può cambiare tutto.
Conoscere e vedere coincidono e gli Z-eyes (forma estremizzata dei Google Glass) rappresentano alla perfezione questo concetto. La possibilità di vedere attraverso gli occhi di un’altra persona e di leggere l’altro su uno schermo, dà la convinzione che l’altro sia già immediatamente conosciuto. L’high-tech riduce il reale a una superficie visibile e comprensibile, ma alla fine si rivela fallimentare nella sua arroganza. Nulla può salvare Harry dalla sua tragica fine. L’isolamento e l’invisibilità si compiono drasticamente. Se così anche l’esibizione e la vista possono fallire, è rimasto davvero qualcosa di sincero a cui aggrapparsi?
White Christmas – V-VI L’unilateralità dei rapporti umani
Hanno così inizio gli ultimi due segmenti dell’episodio, dove attraverso le parole del riservato Joe, ogni tassello del racconto si riavvolge su sé stesso. Scopriamo così che Joe è stato bloccato nella vita reale (come in un social network) dalla moglie Beth (Janet Montgomery) senza spiegazioni una volta saputo di essere incinta. Per cinque anni, fino alla morte di Beth, che permette di annullare il blocco, Joe non ha mai saputo nemmeno del sesso del proprio figlio. Fino al giorno di Natale, dopo la morte di Beth.
Ogni categoria della realtà viene svuotata di significato e in primis il Natale, non semplice cornice, ma livello narrativo primo e ultimo che esemplifica come non esista più nulla di autentico. Non gli affetti, non la vicinanza fisica ad una persona. Joe lo scoprirà vedendo gli occhi a mandorla della figlia, rendendosi conto della sua cecità e del tradimento della moglie con il collega asiatico. Nessuna tecnologia può arrivare infatti a compensare i limiti naturali dell’uomo. Joe in preda a una furia cieca, ucciderà il padre di Beth, lasciando sola la piccola May. Ciò causerà anche la morte della bambina, lasciata sola a congelare nel tentativo di cercare aiuto.
La vita viene vista quindi come un social network con tutte le sue dinamiche, per cui diventa possibile persino bloccare una persona. Ma l’ostracizzare l’altro non coincide con la rimozione del trauma causato, ma anzi l’impedirgli di comunicare, di chiedere, di ascoltare, coincide con una vera e propria tortura. Ecco emergere l’argomento principale di White Christmas: l’unilateralità dei rapporti umani, la scomparsa della comunicazione, la codardia che si nasconde dietro un impersonale tasto che dice blocca.
White Christmas – VII Ricominciare a comunicare
Il colpo di scena. La verità viene a galla. La casupola nella neve è un luogo finto, riprodotto e impossibile da lasciare. Joe è costretto a vivere sempre lo stesso giorno di Natale, riascoltare la stessa canzone, torturarsi sullo stesso rimorso. Tutto ha luogo grazie alla manipolazione del suo cookie da parte di Matthew, alla ricerca del proprio riscatto personale. Matt infatti aveva l’incarico di far confessare Joe, per poter essere scarcerato dopo l’omicidio non riportato del malcapitato Henry.
Joe resta così chiuso in cella, con il suo clone condannato a millenni di solitudine e pazzia nella sua prigione virtuale. Matt invece ritrova la sua libertà, però a un caro prezzo. Viene infatti inserito nel registro dei molestatori sessuali e una volta uscito di prigione, risulta bloccato da tutte le persone che lo circondano. Un’immagine rossa in un mondo di vacue immagini bianche: l’azzeramento della comunicazione. L’unico legame relazionale è anche per lui reciso.
Siamo immersi in una complessa e inestricabile galleria di specchi, dove si riflette sempre la stessa immagine, non riuscendo più a distinguere tra realtà e menzogna. L’umanità di White Christmas sembra aver perso ogni capacità empatica nei confronti del prossimo e i pochi superstiti come Joe sono vittime del medesimo trattamento. Condotte all’omicidio, alla follia, all’autodistruzione.
Probabilmente non esistono conclusioni. L’unica cosa da fare è solo un atto di coscienza, di revisione e di ripensamento proprio nel giorno di Natale. Potrebbe essere l’occasione giusta per fare qualcosa di più, ricominciare a comunicare ed entrare veramente in contatto con chi ci siede accanto, senza la mediazione di uno schermo. Insomma… buon Natale a tutti voi.