Le serie tv con protagonisti affetti da malattia mentale
Ecco le 10 migliori serie tv che grazie al loro protagonista hanno mostrato al meglio la follia e la malattia mentale
La follia, intesa come malattia mentale e disagio psichico, è una particolare condizione che da sempre affascina l’uomo. C’è chi crede ci sia una stretta relazione tra il potenziale creativo di un individuo e la follia. Per Cesare Lombroso, fondatore della criminologia come scienza, la genialità, la follia, la criminalità sono tutte devianze da una preconcetta normalità. Secondo Petrarca, invece, “Non esiste alcun ingegno se non mescolato alla pazzia”. Oggi quello della malattia mentale è un tema che scatena da una parte un’innata curiosità di volerne sapere di più e, dall’altra, scatena l’opposto, tanto da diventare quasi tabù. Ogni cultura ha una sua visione della follia e spesso anche il cinema ci ha regalato pellicole indimenticabili legate a questo tema. Pensiamo a Ragazze Interrotte, A Beautiful Mind, Shutter Island, Qualcuno volò sul Nido del Cuculo e Psycho.
In seguito anche alcune serie tv si sono occupate della follia, della devianza quando con coraggio, quando con violenza e orrore e quando con ironia. Perché la malattia mentale può generare mostri creati dalla feroce fantasia di Hannibal Lecter che non solo uccide e mangia le sue ‘prede’ ma spesso le disseziona e le ricuce a suo piacimento. Oppure può avere il volto dolce e tormentato di Eva Green in Penny Dreadful. Ancora, può trattarsi semplicemente di essere un adolescente problematico come il protagonista di The End of the F***ing World. Vediamo quali serie tv, grazie al loro protagonista o personaggio, sono riuscite a mostrarci, a farci capire e talvolta ad accettare la malattia mentale.
Le serie tv con protagonisti affetti da malattia mentale
HANNIBAL
Hannibal è una serie tv capace di mettere in scena le due facce della malattia mentale. Quella che ci suscita empatia e quella che ci spaventa. Hannibal (Mads Mikkelsen) e Will (Hugh Dancy) sono due facce della stessa medaglia. Spietato e freddo il primo, quanto empatico e tormentato il secondo. Entrambi sono prigionieri della propria natura, e, vista la natura dei loro disturbi nessuno dei due può essere o sente di poter essere veramente se stesso nella società. Hannibal dà libero sfogo al proprio sadismo sfociato nell’unico grande tabù della società occidentale: il cannibalismo. Will ha una personalità dissociata ed è inoltre affetto dalla sindrome di Asperger.
I due troveranno una soluzione al loro stato di prigionia cercando rifugio nell’altro. Hannibal racconta di un’ossessione che porta a scoprire la parte malata dell’altro, e ad accettare la propria. La psicopatologia viene qui mostrata nel suo lato insieme più vero e più fittizio: Hannibal è un mostro che si nasconde tra le persone normali. Ma nascondendosi, mostra allo stesso tempo il suo lato migliore, quello che è sensibile alle parole di Will, e al suo dolore. Gli altri esempi di follia che vediamo in Hannibal sono un compendio dei lati più oscuri della mente umana: come la malattia che impedisce di riconoscere i volti e le allucinazioni che mostrano le persone in fiamme.
BATES MOTEL
Il complesso di Edipo, teorizzato da Freud alla fine dell’Ottocento, è uno dei principali cardini della psicanalisi. Concetto sopravvissuto, seppur rivisto dagli studiosi post-freudiani, fino ai giorni nostri. Nella serie tv Bates Motel il protagonista Norman Bates (Freddie Highmore) incarna dalla testa ai piedi il suddetto archetipo freudiano. La serie si ispira liberamente al classico dell’horror Psycho, in cui il protagonista uccide la madre, da cui è completamente ossessionato, e ne prende il posto, impersonandola. Crea una vera e propria doppia personalità, diventando capace di vivere due vite parallele, che cozzano tra di loro. Impersonando la madre, il protagonista ha l’illusione di liberarsi dalla sua stretta materna, troppo forte e limitante. Ovviamente non sarà così…
LEGION
David Haller (Dan Stevens) è un trentenne tormentato da disturbi psichici che gli rendono difficile restare ancorato alla realtà. La schizofrenia gli è stata diagnosticata durante l’adolescenza e da allora ha trascorso gran parte della sua vita in cura psichiatrica. Dopo aver tentato il suicidio, viene forzato a un lungo ricovero al Clockworks Psychiatric Hospital, istituto in cui ritrova entusiasmo dopo l’incontro con Sydney Barrett, un’altra paziente, che diventa presto la sua ‘fidanzata’, pur non entrando mai in contatto fisico a causa delle fobie di lei. Tuttavia quando Sydney viene dimessa David prova a baciarla.
Il contatto fa temporaneamente scambiare loro i corpi e Sydney, non controllando le abilità di David, involontariamente uccide con poteri telecinetici un’altra paziente. Le voci e le visioni che lo hanno da sempre perseguitato potrebbero non essere frutto solo di disturbi mentali, ma di veri e propri poteri soprannaturali. Ispirata all’omonimo personaggio dei fumetti Marvel Comics, Legion è la prima serie prodotta dalla Marvel Television a non far parte del Marvel Cinematic Universe.
MINDHUNTER
Anche per Ed Kemper, uno dei serial killer che Holden Ford (Jonathan Groff) intervista in Mindhunter, la madre riveste un ruolo preponderante. Ma in una maniera che non ha niente di ironico, o psicanalitico. Ed Kemper, personaggio realmente esistito, ha ucciso la madre che l’ha sempre disprezzato. Non contento le ha amputato la testa e ha avuto con questa un rapporto orale.
Mindhunter ci porta dentro la mente dei serial killer da una prospettiva capace di metterci a disagio. Gli psicopatici sono proprio davanti a noi, davanti a Holden, lo toccano, gli parlano. Una distanza forse troppo ravvicinata. Tanto da causare ripercussioni sullo stesso protagonista, portando la sua ossessione per i serial killer a un livello inaudito. Holden cambierà nel corso della serie tv, intrecciando uno strano rapporto proprio con Kemper, che in Holden, forse, vede un allievo.
PENNY DREADFUL
Penny Dreadful al primo sguardo sembra solo una variegata storiella gotica di fantasmi, demoni e presenze oscure. Da un altro punto di vista però, la serie diventa la storia di una donna che lotta per mantenere la sanità mentale, in un mondo, quello vittoriano, che opprime e schiaccia la femminilità e l’intraprendenza delle donne. È dunque molto di più di una storia dell’orrore. È la storia di Vanessa Ives, un po’ santa e un po’ strega, che per tutta la vita cerca di conciliare queste due metà di sé, finendo per soccombere. Ad imprigionare Vanessa sono in prima istanza gli uomini, al resto pensa la sua mente. Perché forse non c’è nessuna vera ‘presenza’ che la vuole, forse è solo lei a essere troppo sensibile, troppo profonda, ‘troppo’ per quel mondo.
L’ALIENISTA
Più o meno nello stesso periodo in cui Vanessa combatte contro il male che sente dentro, i protagonisti de L’Alienista combattono con un mostro tutt’altro che immaginario. Un serial killer che strazia i bambini, i piccoli che si vendono ai bordi delle strade, vestiti da donna, per attirare gli orchi. Se siete deboli di stomaco L’Alienista non è la serie tv che fa per voi. I corpi delle piccole vittime sono mostrati senza sconti, e il tema della prostituzione giovanile è cardine e motore della storia. La serie tv ha il merito di descrivere molto bene il lavoro di coloro che al giorno d’oggi sono chiamati profiler, ma che all’epoca erano chiamati alienisti. Ovvero coloro che studiano gli ‘alienati’, le persone che si sono allontanate dalla loro natura umana, per abbracciare una natura animale, che gli fa commettere crimini efferati.
THE END OF THE F***ING WORLD
Già il fatto di essere un adolescente fa schifo di per sé. E se sei uno psicopatico, le cose si complicano un tantino. È questo il punto di partenza di The End of The F***ing World, serie Netflix pensata per adolescenti un po’ cresciuti che vogliono rivivere quel periodo. E così in questa serie vediamo le strane avventure di James e Alyssa, che nel corso delle loro scorribande si scopriranno innamorati, forse felici, e umani. Per Alyssa la frequentazione con James sarà l’occasione per sentirsi amata, capita da qualcuno, per poter finalmente gettare la maschera. Per James sarà un sollievo riuscire a provare qualcosa, dopo una vita anestetizzata. Scoprirsi normale, dopo aver creduto per tutta la vita di essere sbagliato o fuori posto… è in fondo quello che provano tutti gli adolescenti fino a che non crescono e trovano il loro posto nel mondo. E poi sì, ci sono quelli che restano ragazzini per sempre.
BLACK MIRROR
Se diciamo Black Mirror quello della malattia mentale non è certo il primo tema che ci viene in mente. Però riflettiamoci bene. La serie tv è disseminata di esempi di protagonisti affetti da malattia mentale. Come il comportamento di Marie, la madre di Arkangel, chiaro esempio di ossessione e mania di controllo. La smania social della protagonista di Caduta Libera, tanto da distaccarla dalla realtà. La glacialità del comportamento della protagonista di Crocodile, che si scopre essere un’assassina. Tra tutte le serie tv, Black Mirror indaga e sceglie di presentarci la malattia per eccellenza del nostro tempo. L’ossessione per i social. Che trasforma tutti i protagonisti in automi, in esseri capaci di commettere le peggiori atrocità per la smania di apparire, di postare, di condividere.
MANIAC
Anche in Maniac, un ottimo prodotto marcato Netflix, la soluzione è l’altro (come in Hannibal se avete letto sopra). Ma in un senso decisamente meno distruttivo e oscuro che in Hannibal. In questa serie tv, la soluzione alle nevrosi di Annie (Emma Stone) e Owen (Jonah Hill) è il rapporto che si instaura tra di loro. Un rapporto di protezione, sopraffazione, amore e amicizia che li porta a tirar fuori il lato peggiore di loro stessi. Proprio come sul lettino dello psicoterapeuta, i partecipanti al trial si calano nella propria mente percorrendo i tre stadi che li porteranno alla risoluzione dei propri problemi. Ma nessuno si salva da solo. Il messaggio di Maniac è proprio questo: la connessione è la medicina. Annie e Owen si sentiranno veramente liberi solo quando stanno insieme e si accettano reciprocamente. Un messaggio che esalta l’amicizia, la condivisione e l’ascolto, in una società che con troppa facilità ghettizza i malati, imponendogli una vita che non gli appartiene.
SHARP OBJECTS
La protagonista questa volta è Amy Adams, nei panni di una giornalista che deve tornare al proprio paesino di origine in Missouri, Wind Gap, per scrivere articoli sui casi di omicidi accaduti in quei giorni. È così che Camille (così si chiama il suo personaggio) dovrà fare i conti con il passato, la comunità, la famiglia, le disgrazie accadute. Grazie alla serie tv Sharp Objects scopriamo un disturbo piuttosto inusuale: la Sindrome di Münchhausen per procura. Si tratta di un disturbo psichiatrico in cui chi ne è affetto fa del male a qualcun altro, in genere il figlio, per farlo credere ammalato e per poi attirare l’attenzione su di sé. In questo modo otterrà per sé attenzioni, stima e affetto perché si occupa dell’ammalato. Contorto non vi pare?
Questo è l’assurdo rapporto instaurato tra la madre di Camille, che si chiama Adora, e la sorella Amma. Camille invece rifiuta questa condizione deviata. Nella serie tv Sharp Objects vediamo puntualmente l’evoluzione di questa patologia. Adora, tiene sotto controllo Amma avvelenandola e Amma, a sua volta, si lascia avvelenare e curare dalla madre per non perderne l’affetto. Quello che la serie ci mostra è come un rapporto così viscerale, come quello tra madre e figlia, possa essere duplicemente dannoso. Sia che la madre ami eccessivamente (arrivando a soffocarne ogni libertà), sia che odi la figlia (privandola dell’amore incondizionato che ogni figlio dovrebbe ricevere dal genitore). L’amore di questa madre, Adora, è dato interamente da un unico fattore: quanto le sue figlie si sottopongono alle sue ‘cure’ e quanto, quindi, mostrano di dipendere da lei.