The Young Pope – Analisi della serie di Paolo Sorrentino
In questa analisi, tratteremo The Young Pope, la serie diretta da Paolo Sorrentino con Jude Law protagonista!
Il regista italiano Paolo Sorrentino ci ha già spesso messo davanti al suo evidente anticonformismo. Questo però risulta ancora più sorprendente quando si confronta con un contesto atipico, quello della Chiesa cattolica e della figura importante del Papa. Lo fa in The Young Pope, acclamata dalla critica e dal pubblico proprio per l’impatto visivo e narrativo dell’opera, immersa in un mondo di difficile ammaestramento.
La serie è una co-produzione internazionale di Sky, HBO e Canal+ e vede tra i protagonisti volti noti del cinema tra cui Jude Law e Diane Keaton. Sorrentino, in The Young Pope, narra i tormenti e le vicende legate attorno alla figura dell’appena eletto papa Pio XIII. Una storia piena di carisma e simbolismo, piena dell’espressionismo che ci ha abituato a vedere, e soprattutto sentire, nei precedenti lavori. Ecco la nostra analisi della serie!
The Young Pope – Analisi della serie di Paolo Sorrentino
«Cosa ci siamo dimenticati?»
«Cosa ci siamo dimenticati?». Sono le parole con le quali Lenny Belardo, aka Pio XIII, si presenta ai fedeli. Ed in qualche modo così li affronta, si mette a tu per tu con il problema. Affronta non solo il fedele, ma la Chiesa in generale, le istituzioni ecclesiastiche e laiche, un sistema, a suo modo di vedere, aberrante. Il Sorrentino anticonformista de “La Grande Bellezza” ritorna in auge quando affronta il concetto di decadenza. In The Young Pope, Lenny Belardo è il nuovo messia, colui che ha il diritto, come emissario di Dio, di poter rimettere insieme la Chiesa, trovando e costruendo dei meccanismi per arrivare sempre più alla tormentata figura divina.
Lo fa in contrasto con gli ideali religiosi della Chiesa di Roma, opponendosi al gioco di potere instaurato alla corte papale da personaggi come il cardinale Voiello. Pio XIII non accetta di essere un burattino. E il contesto attorno a cui ruotala serie è il gioco a cui partecipano non solo papa, cardinali, fedeli: principalmente sono uomini e come tali sono più di quanto non si possa dire a prima vista. E Sorrentino potenzia questo concetto con una sapienza narrativa ed una storia con un impatto fortissimo.
Il vangelo secondo Lenny Belardo
Lenny Belardo è una bomba ad orologeria. Un giovane cardinale, sempre in ordine, forse troppo, con un carisma che non nasconde una forza espressiva incredibile. Essa però cela una profonda ferita, un profondo vuoto: il buio genera i mostri, e tutti gli uomini hanno il loro lato mostruoso. Lenny sembra tale ma è forse soltanto un bambino orfano che non è mai riuscito a crescere.
Abbandonato dai genitori da bambino, Lenny Belardo sviluppa una sorta di rifiuto categorico per l’affetto e l’amore, con fugaci dimostrazioni di calore per personaggi come Suor Mary o il cardinale Dussolier (legati a lui comunque da un legame che fonda le sue radici negli anni dell’abbandono). L’amore quello vero e per cui vale davvero la pena lottare, è solo quello in Dio. E anche in questo Lenny è turbato: i certi momenti ci chiediamo se davvero, non solo ami, ma creda nella figura divina.
Il passato è un luogo molto vasto, ci si può trovare di tutto dentro.Il presente no, invece. È una piccola feritoia per solo un paio di occhi.
Sembra come essersi imposto il destino di amare solo Dio: non sente il mondo degno e pronto ad amare altro all’infuori del cielo, e questo lo fa vivere in subordinazione a questo. Lenny è soltanto un piccolo uomo, fragile e questo lo capiscono fin da subito i “potenti” in Vaticano. La ferita dentro Pio XIII ha fatto che si che il suo male diventasse quello comune. Prova ad annullare la fiducia, che egli stesso non ha più, nella Chiesa cattolica e nell’altro. Sviluppa, in se e negli altri, la meditazione interiore per essere i servi di Dio e in vita per lui. Facendo così non permette di amare, non permette che ci si ami tra esseri umani. Proprio come lui non ha potuto amare i suoi genitori e non h potuto ricevere il loro amore, durante la sua vita, segnata negativamente e mai decollata.
Amiamo Dio perché proviamo troppo dolore ad amare uomini e donne. Incapaci di reggere lo struggimento dell’amore. Io non sono un uomo, sono un vigliacco come tutti i preti
«L’uomo è come Dio: non cambia mai»
E non cambia neanche il registro di Sorrentino, anche quando cambia contesti e temi. In questo, meraviglioso esteticamente quanto grottesco per i toni, affresco del mondo che ruota attorno a Lenny Belardo. E pur sforzandosi di riassumere le meraviglie evocate e richiamate con intellettualissimi simbolismi, si ritorna sempre lì, si ritorna sempre al nostro Pio XIII e alla magnifica interpretazione di un sensazionale Jude Law. L’attore britannico si supera con una capacità di rendere il suo personaggio sia freddo e antagonista, quanto fragile, debole e alla fine il vero buono. Affetto da una “malattia” che lo porta ad agire da iconoclasta conservatore, ma come dice lui stesso, rivoluzionatore. Senza escludere la megalomania e il narcisismo.
Ma The Young Pope non è solo Lenny Belardo, è anche Lenny. Ma dietro ci sono i meccanismi di potere, la storia di uomini e donne, feriti e traditori, scaltri e deboli, oppressi e oppressori. Crudeli pianificatori che trovano il tempo di occuparsi di piccole opere di bene, per rifuggire dal peccato. La storia è quella dell’esistenza umana, è quella del vivere o meglio, del mal di vivere: la Chiesa è solo il pretesto per parlare, attraverso un papa tutto sigarette e lusso, di un contesto generale. The Young Pope non parla della Chiesa, parla dell’uomo e dell’umanità che risiede dentro quest’ultimo.
«Santo Padre, cosa ha intenzione di fare? – La rivoluzione»
Che Jude Law interpreti un Papa atipico, ne abbiamo parlato. Adornato di lusso, agisce con prepotenza e audacia. Però il merito della riuscita di The Young Pope risiede in tanto altro. Restando ancora sul cast è notevole la prova di Diane Keaton nel ruolo di Suor Mary: madre e sorella, protettrice ma quasi succube, colei che sembra non riuscire più a dominare il piccolo uomo che ha cresciuto ma che a tratti sembra essere l’unica in grado di farlo ragionare. E sorpresa tra le sorprese, Silvio Orlando, il cardinale Voiello. Orlando mette al servizio la sua esperienza per la caratterizzazione di un piccolo despota, reso proprio piccolo dalla sua fragilità nascosta. Voiello non si distacca molto da Belardo. E sarà proprio Pio XIII a portare Voiello a rivedere in se stesso.
Paolo Sorrentino ha trovato tra i corridoi del Palazzo Apostolico, tra Michelangelo e Bernini, il suo habitat naturale. The Young Pope è un’opera che va oltre il mero apporto tecnico, su cui torneremo tra pochissimo. È una già citata storia di uomini, delle loro debolezze, follie, paure, frustrazioni e vizi. La storia del male, del mondo intero raccolto tra le mura vaticane e del disagio: semplicemente del disagio di starci, al mondo. Forse preso troppo alla lettera dai vertici della Chiesa, quella reale, The Young Pope è una lettura che va fatta tra delle righe veramente sottili. Lenny Belardo non è il papa, il luogo non è il Vaticano: Lenny Belardo siamo noi, il luogo è, se pur non fisico, l’esistenza.
La nona ora
Parlavamo di come Sorrentino abbia trovato in The Young Pope quel luogo felice in cui poter esercitare quell’anticonformismo visto ne “La Grande Bellezza“. In fondo, tra Roma e Città del Vaticano, la strada non è poi molta. Proprio gli ambienti, le scenografie e gli spazi sono gestiti con una maestria tale da enfatizzare il contesto quasi poetico. L’operazione svolta dalla fotografia, dai movimenti di macchina e dalla perizia estetica riflettono tanto, forse troppo, la figura di Lenny Belardo: tanto belli, tanto ostentati quanto vuoti. Poetica, onirica e assuefacente è la colonna sonora.
Il contributo della sigla iniziale non è da poco, con un impatto seducente e spiazzante. Sulle note di “All Along the Watchtower” di Bob Dylan (nella versione dei Devlin), Pio XIII attraversa la storia della Chiesa, sotto forma di opere d’arte note (tra cui Perugino e Caravaggio). Luci e ombre sul suo volto lo squarciano quasi ad identificare questo dualismo caratteriale. La opere sono attraversate da una cometa, che pian piano diventa come un meteorite. La Chiesa e della sua storia risiedono lì: la sua nascita era una stella ma con il tempo, le personalità e le circostanze, si è trasformata in un macigno. Macigno che alla fine della sigla si scaglia contro l’opera di Maurizio Cattelan, “La nona ora“. L’opera ritrae l’abbattimento di Papa Giovanni Paolo II e Sorrentino la usa come metafora del cambiamento, della rivoluzione: ora tocca a Belardo, il passato viene spazzato.
The Young Pope è stato uno dei successi più grandi di Sky e tanto deve alla collaborazione con il colosso HBO, sicurezza qualitativa. Sorrentino non si è fatto pregare per poter sfruttare in ogni modo tutte le risorse possibili (da questo punto di vista, si vede diversamente la presenza nei giardini papali di quel canguro): «Con 40 milioni di budget potevo permettermi di girare una scena solo per il gusto di girarla». Il successo ha permesso di produrre un nuovo capitolo, che vedremo quasi sicuramente nel 2019, “The New Pope“.