Cinque film da guardare premiati come miglior fotografia
Eccovi una top 5 di film da non perdere assolutamente. Stiamo parlando di pellicole che sono state premiate come “miglior fotografia” in varie manifestazioni cinematografiche. Non ci vogliamo dunque limitare solamente al più noto premio Oscar come “miglior fotografia”.
Cinema e fotografia: un connubio indissolubile
Il direttore della fotografia ha un ruolo fondamentale durante la creazione di un film, e lavora in stretta collaborazione col regista durante la fase di pre-produzione. Si occupa dell’illuminazione, dell’inquadratura, della messa a fuoco, dei formati cinematografici, della profondità di campo e anche della correzione del colore (quest’ultima avviene nella fase di post-produzione, contemporaneamente al montaggio).
Siamo ora pronti per presentarvi la nostra top 5, sottolineando il fatto che non si tratta di una classifica e che sono innumerevoli le pellicole premiati in tal senso presenti sulle piattaforme streaming come Netflix e Amazon Prime Video.
1. American Beauty
“American Beauty”, regia di Sam Mendes, è riuscito a portarsi a casa la bellezza di 5 statuette; tra cui quella per la “Miglior fotografia” a Conrad L. Hall.
Hall (classe 1926), che vinse 3 Oscar su 10 nomination totali, non fu però la prima scelta del regista, in quanto lo riteneva troppo vecchio e con troppa esperienza per poter accettare la collaborazione. Fu Hall a suggerire lo svolgimento del film su una linea estetica classica e pacifica, in contrasto con l’irrequietezza emanata invece dagli eventi della storia. Hall lavorò a lungo su luci ed ombre per poter ottenere delicati effetti di illuminazione e contrasti non troppo marcati.
Mendes, che era quasi un principiante, disse riguardo la collaborazione con Hall: ”Presto presi una decisione molto consapevole. Se non capivo tecnicamente qualcosa, per dire, chiedevo a lui ulteriori spiegazioni in merito, senza alcun imbarazzo.”
Inutile dire che American Beauty ottenne molti altri riconoscimenti e nomination per quanto riguarda la fotografia, ma noi abbiamo preferito soffermarci sull’ambito premio Oscar.
Infine, pur non analizzandolo in questa sede, è assolutamente da consigliare anche “The Aviator”, diretto da Martin Scorsese; per il quale Robert Richardson vinse nel 2005 l’Oscar alla miglior fotografia. Anche Richardson ha vinto il premio per ben tre volte.
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2. La ragazza con l’orecchino di perla
“La ragazza con l’orecchino di perla”, film del 2003 diretto da Peter Webber, dà un retroscena alla “Monna Lisa olandese” dipinta da Jan Vermeer tra il 1665 e il 1666. Nonostante in alcuni punti la storia non fosse convincente in tutto e per tutto (a causa delle numerose differenze dal romanzo di Tracy Chevalier); la pellicola è stata accolta positivamente specialmente grazie alle performance attoriali e alla cura di costumi, scenografia e fotografia. Grazie a queste ultime tre categorie, infatti, il film venne nominato agli Oscar.
In particolar modo, la fotografia a cura di Eduardo Serra è stata oggetto di lode da parte dei critici e, nonostante non abbia portato a casa l’ambita statuetta, sono stati molti altri i premi ricevuti. Tra gli altri, quello assegnato dalla Los Angeles Film Critics Association e l’European Film Award.
Serra ha creato una sorta di schema nel quale la fotografia negli interni è caratterizzata da colori prevalentemente caldi, mentre negli esterni si hanno tinte più fredde. Per quanto riguarda la scarsa luminosità, egli l’ha giustificata in quanto nel 1600 non esisteva la luminosità nelle case.
L’effetto ottenuto dalla scarsità di luce combinata con altri fattori ha fatto sì che si sia venuta a creare una grana visibile che va quasi a “dipingere” il film. Infine, i giochi di luci ed ombre sono stati ispirati dallo studio delle opere di Vermeer e da quelle di Giuseppe Maria Crespi, pittore bolognese del ‘600.
Serra disse al riguardo: “Questo film dà l’occasione per parlare e per mostrare alla gente qualcosa, di spiegare il rapporto che esiste tra la cinematografia moderna e la pittura classica. Penso che mi è stata data una grande occasione in tal senso e spero di aver rispettavo il lavoro di Vermeer”.
3. Io non ho paura
“Io non ho paura” è un film del 2003 diretto da Gabriele Salvatores tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammanniti. E’ ormai noto il radicato sodalizio che esiste tra il regista e Italo Petriccione, direttore della fotografia. In tal caso l’ha portato a vincere il David di Donatello, il Nastro D’argento e il Ciak d’oro.
L’inquadratura tenuta ad altezza bambino è solo una delle scelte vincenti di Petriccione. Ciò che colpisce dall’inizio alla fine della pellicola è sicuramente la scelta cromatica che, dominata da toni caldi, rossi e dorati, rende alla perfezione la rovente estate in cui si svolge la vicenda.
Il film è anche ricco di contrasti tra esterno ed interno. L’esterno è appunto caratterizzato da una nitida polarizzazione, colori decisi e tanta luce; mentre negli interni i colori sono flebili e quasi scompaiono. In particolar modo è netta la contrapposizione tra il mondo fuori e dentro al “buco” in cui è stato rinchiuso il piccolo Filippo. Per far comprendere la terribile situazione del bambino vi è una particolare sfocatura che serve ad enfatizzare nello spettatore la sensazione di paura del buio e di ciò che non si riesce a vedere bene.
4. La grande bellezza
“La grande bellezza” è un capolavoro del cinema nostrano frutto di un altro sodalizio importante nato dalla collaborazione tra il regista Paolo Sorrentino e il direttore della fotografia Luca Bigazzi. Il film ha vinto innumerevoli premi internazionali, dal Premio Oscar e il Golden Globe come “miglior film straniero” a 4 Europen Film Award. Ha portato a casa anche 8 Ciak D’oro, 5 Nastri D’argento e 9 David di Donatello. In tutto questo, la fotografia ha vinto ben 4 riconoscimenti. Ormai Bigazzi è un veterano di queste premiazioni: detiene infatti il record di vittorie del David di Donatello, 30 per l’esattezza.
La fotografia della pellicola si compone di una puntigliosa ricerca dei dettagli, in una attenta ricerca di colori che suggeriscono sia atmosfere più intime e private, sia situazioni più vivaci e con tinte accese che contrastano con la neutralità del contesto cittadino, fatto di eleganti statue e palazzi.
Ciò va ad accentuare il divario tra la nuova borghesia, vuota e kitsch, e l’inafferrabile magnificenza di Roma; fotografando appieno la decadenza che caratterizza la nostra epoca.
5. Non è un paese per vecchi
“Non è un paese per vecchi” è un film del 2004 diretto dai fratelli Coen. La fotografia di Roger Deakins è stata una delle 8 nomination ai premi Oscar, ma nessuna delle 4 statuette vinte dalla pellicola è stata assegnata a lui. D’altronde per Deakins, assiduo collaboratore dei fratelli Coen, è ordinaria amministrazione: è stato nominato ben 13 volte al Premio Oscar senza averne mai vinto uno. Tuttavia, in questo caso è riuscito a guadagnarsi il non meno ambito Premio BAFTA.
L’assenza e, anzi, la negazione dei valori un tempo fondanti che rappresenta il fulcro della pellicola implica un freddo distacco rappresentato al meglio dalla staticità della macchina da presa. Questa scelta ha permesso a Deakins di lavorare su un’estetica basata su nitidi tagli di luce che si sposano alla perfezione con il senso della storia.
Come lui stesso affermò riguardo al film in questione: “Spesso sono proprio le sceneggiature a suggerirti l’approccio visivo. Quindi una parte del lavoro è già avviata dal copione. E poi, come puoi sbagliare il tuo lavoro quando hai da riprendere un primo piano di Tommy Lee Jones? Sapete cosa voglio dire? La sua performance in Non è un paese per vecchi… la sua faccia è già un’immagine potentissima. E i dialoghi che pronuncia… non c’è poi così tanto da fare con una performance così grandiosa”.