I migliori film di guerra da vedere assolutamente!
Una lista dei migliori film di guerra da vedere assolutamente secondo FilmPost!
Battaglie navali, aree o terrestri, operazioni segrete e addestramenti militari sono le caratteristiche che definiscono il cosiddetto war movie o film di guerra. Non tutti apprezzano il genere, soprattutto data la crudeltà e la violenza che compongono le immagini e le storie. Per un film di questo genere è importante la componente tecnica al fine di avere un resa il più possibile veritiera degli eventi, in quanto le trame sono tutte tratte da fatti realmente accaduti. Gli studios ci offrono tantissime pellicole con soggetti e trame che raccontano conflitti di ogni natura, dai più classici sulla seconda guerra mondiale fino ai più moderni sulla guerra in Afghanistan.
Noi di FilmPost vi proponiamo una classifica dei migliori film di guerra da vedere, per amanti di lotte e combattimenti adrenalinici realizzati con effetti speciali e sonori mozzafiato. Quindi se siete alla ricerca di un bel war movie da gustarvi comodamente a casa non vi resta che leggere l’articolo!
Indice
- Film di guerra dal 1925 al 1950
- Pellicole sulla guerra dal 1950 al 1970
- Film di guerra dal 1970 al 1990
- Film di guerra dal 1990 al 2000
- Pellicole sulla guerra dal 2000 al 2020
Film di guerra dal 1925 al 1950
La corazzata Potëmkin (1925)
Tra i film di guerra consigliati non possiamo non fare menzione del capolavoro di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, a lungo considerato come il film più importante della storia del cinema. La corazzata Potëmkin è un film muto del 1925 nato su ordine di Lenin per celebrare il ventennale dei moti rivoluzionari bolscevichi. Ambientato nel giugno del 1905, racconta della rivolta dell’equipaggio della corazzata russa Potëmkin, stanco delle continue vessazioni a cui si trova sottoposto. Seguendo l’esempio del marinaio Vakulincuk, il malcontento si trasforma in ammutinamento contro le autorità fino a trasformarsi in una vera e propria rivolta a cielo aperto in tutta la città di Odessa. È l’inizio dei primi moti rivoluzionari, fondamentali nella storia sovietica.
Ėjzenštejn piega la storia a livelli di fantasia, riuscendo però a dare piena attendibilità all’evento rivoluzionario. Il regista fa un utilizzo incredibile dell’inquadratura e del montaggio, sopperendo alla mancanza di dialettica del film muto tramite un linguaggio visivo molto potente. Infatti monta con grande maestria oltre mille inquadrature in uno spazio di tre secondi una dall’altra, concedendo respiro solo nelle didascalie di raccordo. L’intero sviluppo figurativo si potrebbe ridurre nei due atti (Onore al caduto e La scalinata di Odessa) concatenati tra loro attraverso un incredibile coinvolgimento emotivo carico di simbolismo. Il film ebbe una risonanza così forte e importante all’epoca tanto che fu vietato e censurato negli altri paesi non sovietici a causa del suo zelo rivoluzionario. La corazzata Potëmkin dovette aspettare il 1952 affinché potesse approdare nei cinematografi di tutto il mondo.
All’Ovest niente di nuovo (1930)
Adattamento cinematografico del romanzo antibellico di Erich Maria Remarque, il film di Lewis Milestone del 1930 è considerato uno dei più bei lungometraggi di guerra di tutti i tempi. Considerato dal maestro Mario Bava come il film che più lo ha colpito, All’Ovest niente di nuovo è stata anche la prima produzione Universal ad ottenere l’Oscar come miglior film, oltre che quello per la miglior regia. Il regista ambienta il film in Germania all’inizio della prima guerra mondiale. Alcuni studenti, esaltati dai discorsi di un professore, si arruolano nell’esercito. Ma il forte idealismo cede ben presto il passo alla disillusione.
Lewis Milestone è certamente molto debitore dell’appena superata epoca del film muto, sia per quanto riguarda lo spazio concesso ai primi piani, sia per l’importanza data alle immagini rispetto al sonoro. Caratterizzato da un fortissimo impatto visivo, le scene di battaglia risultano molto realistiche anche grazie all’eccellente montaggio di Edgar Adams. Iscritto nel National Film Registry, All’Ovest niente di nuovo è uno dei film hollywoodiani che ha saputo esprimere con maggior forza ed efficacia un messaggio pacifista e antimilitarista. Si tratta in sintesi di una spettacolare denuncia delle atrocità della guerra, capace di nnovare gli schemi del genere. Il film fu uno dei primi kolossal del sonoro.
La grande illusione (1937)
Appartenente al realismo poetico francese, La grande illusione suscitò diverse reazioni nel 1937. Presentato alla Mostra di Venezia, raggiunse un enorme successo di pubblico e di critica, ma la pellicola di Renoir fu osteggiata dai regimi totalitari fascisti e nazisti. Goebbels decretò il film come il “nemico cinematografico numero uno” a causa del dichiarato pacifismo universale messo in scena. Senza alcuna retorica o verbosità, la guerra e le mire espansionistiche dei regimi totalitari vengono smontate in poche graffianti battute, parlandoci di esseri umani e non di nemici (si veda il rapporto tra Maréchal e la vedova guerra tedesca Elsa). Molto presente e forte anche l’analisi che Jean Renoir fa delle dinamiche socio-economiche, leggendo la guerra come un rafforzamento delle differenze di classe.
Liberamente ispirato alle esperienze realmente vissute dal regista Jean Renoir durante la Prima Guerra Mondiale, il film è ambientato nel 1916 e racconta di due aviatori francesi. Il proletario Maréchal e l’aristocratico de Bïeldieu vengono abbattuti dal barone von Rauffenstein, il quale da subito prova una simpatia per de Boïeldieu. I due riusciranno a fuggire dal campo di concentramento (una delle scene visivamente più riuscite dell’intero film) e finiranno nella fortezza comandata da von Rauffenstein. La grande illusione è una dichiarazione dell’insensatezza di tutte le divisioni umane, esaltando soprattutto nel finale il valore della vita umana.
Il sergente York (1941)
Ispirato alla vera storia di Alvin York, contadino di idee pacifiste che diventò un eroe in Francia nel 1917, Il sergente York fu un grande successo che ottenne 10 designazioni ai premi Oscar. Incredibile la prova di Gary Cooper, che ottenne la statuetta nel 1942 come miglior attore protagonista. Hollywood decise di sfruttare il massimo eroe americano della prima guerra mondiale proprio all’alba dell’entrata in guerra dell’America nel 1941, quando l’opinione pubblica si ritrovò più spaccata che mai. La storia di York era esemplare: un contadino del Tennessee che per motivi religiosi era contrario alla violenza e si rifiutava di combattere. Riuscirà così a far valere le sue teorie di non violenza, diventando lo stesso un vero e proprio eroe.
Howard Hawks riuscì così a convincere gli americani della necessità di una politica interventista tramite la storia del sergente York, tenendo comunque a bada ogni fervore propagandistico. Il regista inoltre diresse il film per aiutare il produttore Jesse L. Lasky, che al tempo si ritrovava a navigare in cattive acque. Diviso in due parti, il film è caratterizzato da un sobrio classicismo e dal rifiuto di ogni genere di formalismo. Hawks, in collaborazione con John Huston, diede vita con ogni probabilità, a uno dei più riusciti lungometraggi di propaganda americana.
Roma città aperta (1945)
Capostipite del Neorealismo italiano, Roma città aperta è un film che a distanza di 73 anni gioca un ruolo ancora importantissimo nella cinematografia contemporanea. Rossellini regala allo spettatore una testimonianza imprescindibile dell’occupazione militare tedesca di Roma durante la Seconda Guerra Mondiale. Il regista si ispirò per il suo film alle vicende del prete antifascista don Giuseppe Morosini e della popolana Teresa Galluzzi, uccisi dai soldati nazisti. Nel film diventano don Pietro, interpretato da Aldo Fabrizi e la sora Pina, ruolo che ha consacrato Anna Magnani imponendola nell’immaginario cinematografico comune.
Non era nelle intenzioni di Rossellini fare un film politico. Il regista voleva infatti raccontare in modo veritiero le privazioni morali e fisiche del conflitto e l’aderenza spontanea del popolo all’antifascismo. Il regista scrisse il film insieme a Sergio Amidei e Federico Fellini, girando quasi senza soldi su pellicola di fortuna e rubando l’elettricità alla sede di una rivista americana. La scelta di girare negli esterni veri di Roma in macerie e con molti attori non professionista si sposa perfettamente con la posizione morale del neorealismo. Inizialmente accolto con freddezza, ci vorranno il Gran Premio al primo festival di Cannes e la nomination all’Oscar per la sceneggiatura per indurre i critici nostrani a ripensare al giudizio dato inizialmente. Di una potenza drammatica incredibile, è uno dei lavori fondamentali della cinematografia italiana.
Film di guerra dal 1950 al 1975
Il ponte sul fiume Kwai (1957)
Tratto dall’omonimo romanzo di Pierre Boulle, Il ponte sul fiume Kwai è un film epico che si propone di dimostrare la follia della guerra e l’assurdità dell’etica militare. David Lean realizza uno dei più famosi film di guerra, lasciando in disparte tutti gli stereotipi tipici dello war-movie. L’attenzione dello spettatore viene catalizzata sulla figura dei protagonisti, semplici uomini di fronte all’insensatezza della guerra. Il rapporto tra carceriere e prigioniero è uno dei nodi cruciali della pellicola che si sviluppa durante tutto il corso del film. Incredibili le prove attoriali di William Holden e Alec Guinness.
Il film è ambientato durante la seconda guerra mondiale e segue le vicende del colonnello Nicholson, fatto prigioniero in Birmania e mandato come forza lavoro in un campo di concentramento giapponese. Saito, il comandante nipponico, ordina la costruzione di un ponte sopra il fiume Kwai, pretendendo dagli ufficiali gli stessi obblighi dei soldati semplici. Da qui scaturirà la ribellione fino alla fuga del maggiore Shears, che si unirà alla squadra di sabotaggio Forza 316. Il ponte verrà fatto saltare in aria, causando però la morte di molte vite umane. Appare così netta la critica al rigorismo militare e ciò che da esso ne consegue. David Lean inoltre stravolge il finale del romanzo con l’esplosione del ponte per testimoniare i tragici risultati di una cieca obbedienza a qualsiasi codice militare.
Orizzonti di gloria (1957)
Kubrick esplora il genere dei film di guerra attraverso Orizzonti di gloria: è la storia di alcuni soldati francesi che tentano l’impresa di assaltare un basa tedesca inespugnabile durante la grande guerra. La missione porterà solo morti di innocenti e inutili bombardamenti. Il film antimilatirista per eccellenza che mette in scena la prima guerra mondiale mostrando solo un esercito, quello francese. Riprendere il nemico infatti è inutile ai fini della trama; perché Kubrick vuole trasportare su schermo il cinismo dello Stato Maggiore francese, pronto a sacrificare vite innocenti per pura ambizione. Racconta la vita al fronte, e l’ambizione dei capi dell’esercito, pronti a tutto per avere una medaglia d’onore puntata sul petto.
Il piano sequenza ad inizio del film serve proprio allo spettatore a capire il dramma che i soldati vivono in trincea; quell’incertezza e quella precarietà a cui i soldati ogni giorno sono esposti. Per la realtà, ma soprattutto per il fatto che Kubrick ha raccontato la verità dei fatti, senza escludere nulla, il film fu distribuito in Francia solo dal 1975. Considerato un film troppo rivoluzionario per l’epoca in cui è stato prodotto: il 1957. Menzione speciale al lavoro sul set di Kirk Douglas, la cui interpretazione in Orizzonti di gloria è considerata la migliore della sua carriera.
La grande guerra (1959)
Mario Monicelli dirige uno dei capolavori del cinema italiano: La grande guerra. Affresco ironico e allo stesso tempo drammatico della vita dei soldati italiani Oreste Jacovacci (Alberto Sordi) e Giovanni Busacca (Vittorio Gassman) al fronte durante la prima guerra mondiale. Racconto neorealista della condizione di soldati mixata agli elementi tipici della commedia all’italiana. Vengono rappresentati militari comuni impauriti e soli davanti ad un evento più grande di loro.
Il sarcasmo con cui Monicelli descrive la guerra è volutamente utilizzato per denunciare la sua insensatezza ed è una lezione critica estendibile a tutti i conflitti. Il regista si prende gioco della stupidità degli uomini e tocca da vicino le contraddizioni continue che la vita militare innesca. L’artificio di contrapporre una situazione divertente a una drammatica è risultato fin da subito vincente, distaccandosi dai toni cupi e monocordi del neorealismo italiano. Il film è stato inserito nella classifica dei 100 film italiani da salvare, inoltre è stato nominato ai premi Oscar come miglior film straniero e Alberto Sordi ha vinto il Nastro d’Argento come migliori attore protagonista.
Il giorno più lungo (1962)
Basato sul romanzo storico di Cornelius Ryan sul D-Day, Il giorno più lungo illustra varie fasi dello sbarco alleato in Normandia del 6 giugno 1944. Il film fu prodotto e diretto da Darryl F. Zanuck, Ken Annakin, Andrew Marton, Bernhard Wicki e Gerd Oswald. Quattro registi all’opera per dare vita a una vera e propria cronaca il più realistica possibile, aiutati da un grande cast corale che include attori del calibro di John Wayne, Kenneth More, Richard Burton, Sean Connery, Henry Honda e Rod Steiger.
Con un budget di 10 milioni di dollari è stato fino al 1993 (data di uscita di Schindler’s List) il film in bianco e nero più costoso mai realizzato. Non sono casuali dunque gli Oscar alla migliore fotografia e ai migliori effetti speciali vinti nel 1963. Il film vanta di una struttura episodico-cronachistica e narra gli avvenimenti con sobrio realismo e attenzione ai particolari più eroici. Le ricostruzioni delle battaglie sono attente e spettacolari, organizzate con grande abilità. I registi si sono concentrati soprattutto sull’occupazione di S. Mére l’Eglise e alla difficile avanzata sulla spiaggia di “Omaha” e “Utah” fino all’operazione del vallo Atlantico che segnò l’inizio della disfatta nazista. Uno dei resoconti cinematografici più fedeli e realistici di un avvenimento bellico.
Lawrence d’Arabia (1962)
David Lean firma un altro kolossal, vincitore di 7 Premi Oscar tra cui quello per miglior regia e miglior film. Lawrence d’Arabia racconta della storia del tenete T.E. Lawrence, che venne mandato dal quartiere generale britannico tra le tribù arabe in rivolta contro il governo turco con il compito di accendere la rivolta. Lawrence diventerà la guida carismatica degli arabi, che rialzeranno la testa anche contro il governo inglese. Divenuto troppo ingombrante, Lawrence viene messo in disparte, ma la coscienza nazionale araba potrà dar finalmente vita a uno stato unitario.
Il regista è fenomenale nel restituire il respiro e il fascino del deserto attraverso riprese in esterni di grande suggestione. David Lean ha potuto contare anche sull’incredibile performance di Peter O’Toole, attore inglese all’epoca sconosciuto, che fu una straordinaria rivelazione nel ruolo di Lawrence. Il film vanta inoltre di una fotografia pressoché perfetta oltre a una colonna sonora indimenticabile, firmata da un ispiratissimo Maurice Jarre. Lawrence d’Arabia è considerato da molti cinefili anglofoni il miglior film di genere epico-storico della storia del cinema. Si tratta di un kolossal decisamente superiore alla media, capace di offrire sequenze indimenticabili di insuperata potenza visiva. Se il cinema è un’arte essenzialmente visiva, questo film resta tra i più belli che si siano mai visti a livello figurativo. Tra i miglior film di guerra di sempre.
L’infanzia di Ivan (1962)
L’infanzia di Ivan è un film del 1962 di Andrei Tarkovskij, al suo primo lungometraggio. L’opera prima del regista russo gli valse il Leone d’Oro al film festival di Venezia, dando il via alla sua scalata nell’Olimpo cinematografico. Pur trattandosi del primo lungometraggio di Tarkovskij, sono presenti in esso già quelle caratteristiche che rendono uniche le sue pellicole, come le lunghe inquadrature e i lunghi piani sequenza, oltre la presenza di immagini estremamente poetiche che colpiscono per la loro straordinaria bellezza. Non mancano nemmeno le ripetute sequenze oniriche in cui sono rappresentate memorie e fantasia dei personaggi senza evidente distinzione tra sogno e realtà.
Il film è una rappresentazione struggente e sincera dell’impatto che la guerra ha sui bambini. Ivan infatti è un bambino la cui infanzia viene interrotta drasticamente dall’avvento della seconda guerra mondiale, durante l’invasione nazista della Russia. A causa della guerra, Ivan rimane orfano, ritrovandosi fagocitato in una spirale di violenza. Finirà così a far parte di un gruppo di partigiani per poi approdare nell’esercito, dove si renderà utile svolgendo attività di spionaggio. Tarkovskij riesce a dare sfogo al suo estro poetico e alla sua eleganza stilistica già nel suo primo lungometraggio, alternando le vicende belliche ai deliri esistenziali del giovane Ivan. L’infanzia di Ivan rimane uno dei migliori film di Tarkovskij oltre che una delle sue pellicole più accessibili.
La battaglia di Algeri (1966)
Il regista pisano Gillo Pontecorvo dà vita a una magnifica rievocazione di un momento storico, cruciale nel cammino della lotta per l’indipendenza algerina. La battaglia di Algeri traccia perfettamente la figura del capo rivoluzionario Alì La Pointe, grazie al cui sacrificio l’Algeria diventerà una nazione libera nel 1962. Il film ha vinto il Leone d’Oro alla mostra di Venezia del 1966, diventando così l’opera di maggior rilievo del regista. La pellicola di Pontecorvo mette lo spettatore dinanzi a un documentario che svela la mano creatrice dell’autore per indurne il pieno coinvolgimento, provocando così empatia visiva.
La battaglia di Algeri è caratterizzata da un grande rigore espressivo e da un montaggio secco e anti-retorico. In questo modo Pontecorvo può dare risalto all’irreversibilità dei processi rivoluzionari che portano alla libertà e all’indipendenza. La battaglia si conclude con una sconfitta, ma essa rappresenta solo il preludio della vittoria, esclusa dalla narrazione, ma di cui la sequenza finale è una chiara premonizione. Dalla ricalibratura di genere che Pontecorvo mette in atto deriva la superiorità del film, capace di respingere da sé ogni critica possibile, elevandosi a vera e propria opera d’arte cinematografica.
Quella sporca dozzina (1967)
Robert Aldrich nel 1967 firma un vero e proprio must dei film di guerra, ambientato all’alba dello sbarco in Normandia. Al maggiore John Reisman (Lee Marvin) sarà affidato il compito di far saltare un castello in Francia, dove sono soliti riunirsi gli alti ufficiali del comando tedesco. Il maggiore Reisman sceglierà per la missione soldati non comuni, ma esponenti di un’umanità desolata e senza speranza. Riuscirà così a trasformare un gruppo di delinquenti in una pattuglia vera e propria legata da valori e onore. La missione riuscirà, ma solo a un prezzo molto alto.
La visione del regista sembra essere chiara. La guerra non è altro che un gioco di pazzi da cui può emergere il meglio anche dalla peggiore feccia. Il cinema di Aldrich inquadra la guerra come situazione nella quale emergono i caratteri e i conflitti tra i soggetti, nonché i peggiori istinti dell’uomo. Mette così in scena un branco di uomini che non si batte per la libertà né per un ideale, ma soltanto per uscire vivi dalla guerra. Il film può essere letto come un’allegoria contro la guerra in Vietnam, diretto in un’epoca in cui l’eroismo dei soldati stava cominciando a venire ridimensionato proprio per via degli eventi nell’Indocina. Politicamente scorretto, ambiguo e sporco, Quella sporca dozzina non ha perso minimamente il suo fascino più di 50 anni dopo, anche grazia a un ritmo e a un cinismo insuperati. Il cast, tenuto insieme da Lee Marvin, è superbo.
L’armata degli eroi (1969)
Adattamento del romanzo di Joseph Kessel, L’armée des ombres, Jean-Pierre Melville decide nel 1969 di dare vita a un cupo omaggio ai partigiani francesi. Il film infatti è ambientato duranti gli anni bui della Resistenza in Francia, anni che lo stesso regista ha vissuto in prima persona. Melville racconta la Resistenza attraverso la storia di alcuni partigiani, che nei cinque anni di occupazione nazista dovranno far fronte a diversi pericoli e nei quali metteranno più volte a rischio la loro vita. Il cast è incredibile e vanta tra gli altri Lino Ventura, Paul Meurisse, Simone Signoret e Jean-Pierre Cassel.
Il cinema di Melville si mostra ancora una volta come una sorta di microcinema, celebrazione dell’infinitamente piccolo, del dettaglio che cresce fino a farsi sempre più grande e universale. Per il regista è più importante tutto ciò che precede, il lavoro che porta all’azione, quei preparativi che caricano di profondità quanto sta per compiersi. L’avventura della Resistenza così si trasforma nel lavoro continuo dei maquisards, nel loro tramare e nell’attesa dell’istante decisivo. I partigiani così appaiano come ombre, figure nascoste pronte a emergere nel momento dell’azione e dell’inesorabile morte. Un’opera sulla Resistenza assolutamente inedita che gira intorno al tema delle difficili decisioni etiche dei partigiani.
Patton, generale d’acciaio (1970)
Film biografico sulla vita del generale dell’esercito americano George S. Patton durante la seconda guerra mondiale. La sceneggiatura vanta la collaborazione di Francis Ford Coppola per la quale vinse anche l’ambita statuetta per la Miglior sceneggiatura non originale. Il film quindi è un ritratto a tutto tondo del generale Patton, famoso per essere un uomo carismatico ed energico, che condusse in guerra centinaia di truppe corazzate contro il nemico nazista. È un comandante abile ed esibizionista, pieno di ambizione e desiderio di fama, ed in perenne conflitto con il più famoso generale inglese Bernard Law Montgomery.
Qui viene raccontata la guerra tramite gli occhi di un uomo di guerra, che vive per essa e che ne determina le sorti. Il film ha ricevuto dieci nomination ai premi Oscar aggiudicandosi 7 premi tra cui Miglior film, Miglior regia e Miglior attore protagonista a George C. Scott. L’attore rifiutò la statuetta per l’interpretazione, considerata da molti tra le miglior interpretazioni della storia del cinema, perché si sentiva il meno meritevole tra gli altri candidati. Ad ogni modo Patton, generale d’acciaio è passato alla storia come uno dei migliori film di guerra da vedere.
Film di guerra dal 1975 al 2000
Quell’ultimo ponte (1977)
L’ultimo kolossal patriottico-celebrativo sulla seconda guerra mondiale, girato dal 1977 da Sir Richard Attenborough, che si rifà al modello de Il giorno più lungo. Attenborough si concentra sull’Operazione Market-Garden, che prevedeva il lancio di 35mila paracadutisti alleati nei Paesi Bassi sotto l’occupazione nazista, con l’obiettivo di impadronirsi di una serie di ponti lungo i numerosi corsi d’acqua olandesi. Film bellico ad altissimo costo, vanta di un cast altisonante con attori del calibro di Sean Connery, Gene Hackman, Maximilian Schell, Laurence Olivier e Elliott Gould.
Quell’ultimo ponte è caratterizzato da una struttura narrativa articolata su più vicende parallele, risultando un prodotto molto curato dal punto di vista tecnico, con scene davvero spettacolari. Attenborough però pecca nella caratterizzazione psicologica dei personaggi, preferendo una maggiore verosimiglianza nelle scene d’azione a discapito di una sceneggiatura non troppo calibrata. Rimane comunque l’ultimo grande film di guerra ad abbandonare il paradigma del politically correct, adottato successivamente dallo spielberghiano Salvate il soldato Ryan, modello dei film di guerra a venire.
Il cacciatore (1978)
Micheal Cimino dirige Robert De Niro e Christopher Walken in un film sulla guerra del Vietnam. Tre amici che lavorano in un’acciaieria vengono chiamati alle armi, direzione Vietnam. Due di loro tornano mutilati e dilaniati dalla guerra, mentre il terzo rimane a Saigon pronto a rischiare la vita ogni sera. Tre ore di film raccontate con grinta e audacia date da immagini forti e crude che hanno fatto vincere alla pellicola 5 premi Oscar, tra cui miglior film e miglior regia.
Un film sulla guerra del Vietnam ma che fa in realtà solo da contorno alla trama; vengono mostrati infatti lo spirito con cui ogni soldato affronta la guerra. Tre ore di spettacolo, raccontato magistralmente da Cimino, capace di conferire un rilievo drammatico che il cinema americano da tempo non riusciva a esprimere. Il cacciatore vanta di sequenze memorabili come il matrimonio o la roulette nelle bettole di Saigon, entrate a merito nell’immaginario comune della cinematografia mondiale. Il Vietnam viene visto come una sporca avventura, ma il regista è al tempo stesso egregio nel non scadere in giudizi storico-politici faziosi. Uno dei migliori film di guerra da vedere.
Apocalypse Now (1979)
Forse il film di guerra più apprezzato dalla critica e dal pubblico quello di Francis Ford Coppola, che mette in scena i deliri e le pazzie che porta la guerra del Vietnam. Tutto ciò è messo in scena dai due protagonisti principali: l’enigmatico colonnello disertore Walter Kurtz (Marlon Brando), che si spinge nei meandri della foresta vietnamita per nascondersi e l’insicuro e cupo capitano Benjamin Willard (Martin Sheen) che gli dà la caccia. La fotografia a cura di Vittorio Storaro, che vinse anche l’Oscar, gioca un ruolo fondamentale all’interno del film. Il giallo ocra si unisce all’arancione per rappresentare magistralmente i fumi e l’atmosfera satura di gas napalm tipici del Vietnam.
Apocalypse Now è ispirato al racconto Cuore di tenebra di Joseph Conrad ed è sceneggiato da John Milius. La lezione di Coppola che si impegna in un ragionamento sul bene e sul male e sulla loro relatività continua a essere un riferimento imprescindibile per la cinematografia contemporanea. Incredibile la performance di Marlon Brando nei panni del colonnello Kurtz, non riuscitosi a fermare in tempo e a individuare il confine tra la propria smisurata anima e quella civile. Non è un caso che Coppola applichi questa filosofia proprio rappresentando quella guerra che confuse e stravolse tutti gli aspetti della morale americana. Apocalypse Now (ora presente nella versione Redux, allungata e con un finale diverso) è indubbiamente uno dei migliori (se non il migliore) film di guerra mai realizzati.
U-Boot 96 (1981)
Uscito nel 1981 sotto la direzione del grande Wolfgang Petersen, U-Boot 96 è un racconto dettagliato sull’esperienza degli equipaggi tedeschi nei sottomarini durante la Seconda Guerra Mondiale. Il regista è incredibile nell’accorpare la sua cifra stilistica a eventi realmente accaduti e a quanto raccontato nell’omonimo romanzo di Lothar – Günther Buchheim. Il risultato è di grande precisione e qualità e questo rende U – Boot 96 un film di guerra eccellente. Il film è considerato ancora oggi come il migliore di sempre ambientato in un sottomarino.
Ambientato alla fine del 1941 dopo l’invasione lampo della Polonia. Gli Alleati hanno iniziato a opporre resistenza alla Kriegsmarine e i cacciatorpediniere stanano i sottomarini tedeschi senza sosta. Il film racconta la storia del sottomarino U-Boot 96, incaricato di danneggiare i rifornimenti diretti in Inghilterra. Una volta nei pressi della base di La Rochelle verrà però affondato da un attacco aereo. Uno dei primi film di guerra che permette allo spettatore di mettersi nei panni dei soldati tedeschi, spingendolo quasi a capire il punto di vista di esseri umani prima ancora che soldati.
La scelta di Sophie (1982)
La scelta di Sophie, film del 1982 diretto da Alan J. Pakula, vede per protagonista l’immensa Meryl Streep in uno dei suoi ruoli più complessi e tormentati; pur non essendone il personaggio principale. Infatti, il protagonista della pellicola – attraverso il quale lo spettatore osserva la vicenda – è Stingo (Peter MacNicol); aspirante scrittore della Virginia a caccia di fama e fortuna nella grande mela. L’uomo prende in affitto una stanza in un appartamento nel quartiere di Brooklyn, dove alloggiano due inquilini che, nonostante l’indole tempestosa e rumorosa, sono estremamente misteriosi ed enigmatici. Si tratta degli amanti Sophie Zawitowska (Meryl Streep) e Nathan Landau (Kevin Kline).
Tra i tre inizia un rapporto molto stretto che ricorda a grandi linee il coinvolgimento di Matthew nella particolare relazione tra i fratelli Isabelle e Theo in The dreamers di Bartolucci. Nel film in questione, Stingo viene trascinato nell’universo di demoni che attanaglia il presente della coppia: Sophie è infatti sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz; mentre Nathan è un intellettuale ebreo letteralmente ossessionato dallo sterminio di massa avvenuto durante la guerra. In questo film, sebbene le più importanti considerazioni relative alla persecuzione degli ebrei avvengano verso il finale, si mette in luce come la guerra e l’Olocausto possano angosciare e affliggere chi le ha vissute per tutta la vita.
Furyo (1983)
Avvolto dalla sinuosa colonna sonora di Ryuchi Sakamoto, Furyo affronta il tema della guerra da un’angolazione insolita e disarmante. Il regista Nagisa Oshima infatti non giudica e non vuole giudicare, puntando il dito contro l’inutilità di ogni guerra che trasforma gli uomini su ogni versante. Ed è proprio la regia lirica e maestosa a rendere immortale un titolo come Furyo (titolo italiano un po’ meno significativo dell’originale Merry Christmas, Mr. Lawrence). Ambientato nel 1942 a Giava, il film ruota intorno alle vicende di un campo di concentramento nipponico per prigionieri occidentali, soprattutto britannici. Si confronteranno così il colonnello Lawrence (Tom Conti) e l’idealista capitano Yonoi (Ryuchi Sakamoto), che rivedrà le sue posizioni con l’arrivo dell’ufficiale australiano Jack Celliers (David Bowie).
Oshima eccelle nel rappresentare come la guerra divida gli uomini tramite il confronto di due culture diverse come quella occidentale e quella giapponese. Emerge così un quadro dal quale è chiaro capire come anche tra personalità diverse e in tempi difficili, vi possa essere comprensione reciproca e amicizia. Oppure una particolare forma di rispetto anche da nemici, come dimostra il commovente e intenso epilogo. Furyo è reso immortale non solo dall’incredibile colonna sonora, ma anche dalle performance dell’intero cast. David Bowie su tutti, chiamato probabilmente al ruolo più importante della sua carriera cinematografica.
Va’ e vedi (1985)
Il titolo tratto da un brano dell’Apocalisse fa capire già allo spettatore il tipo di film che avrà davanti. Non è infatti casuale, data lo sconvolgente impatto emotivo e visivo che Klimov ci presenta nel corso del film, che si presenta come un vero e proprio crescendo di emozioni. Ambientato nel 1943 nella Bielorussia occupata dalle truppe tedesche, il film segue le vicende del giovane Florya. Il ragazzo decide di unirsi ai partigiani e farà la conoscenza di Glasha. Lo slancio iniziale del protagonista farà ben presto spazio alla rabbia e al senso di impotenza di fronte alla ferocia dei tedeschi. A tal proposito, sarà decisamente liberatorio il momento finale.
Il regista Elem Klimov si dimostra un maestro, usando alla perfezione il linguaggio cinematografico e dando a ogni inquadratura un significato incredibile. Di rara bellezza i primi piani che elevano la potenza espressiva e l’emozione dei personaggi in maniera superba. Va’ e vedi è un film che riesce ad appassionare, effettuando una vera e propria introspezione nell’ambito della sfera emotiva degli ottimi interpreti. Lo spettatore si ritroverà alle prese con un’unica emozione possibile: il senso di orrore e di stordimento dovuto al forte impatto provocato dalle sequenze finali. Tra i migliori film di guerra mai realizzati.
Platoon (1986)
Un film di guerra da vedere assolutamente Platoon di Oliver Stone. La pellicola ripercorre le reali vicende che il regista ha passato in Vietnam dal 1967 al 1968. Il soldato Chris Taylor parte volontario per il Vietnam con forti ideologie, ma una volta raggiunto il territorio dovrà affrontare la crudeltà della guerra e delle armi.
Film che valse a Oliver Stone l’Oscar come miglior film e regia. È una chiara denuncia alla guerra del Vietnam; per questo viene definito anche un anti-war film. Una frase memorabile che racchiude la filosofia di Stone, pronunciata da Chris è “abbiamo combattuto contro noi stessi”, a simboleggiare che il nemico più grande che l’uomo deve affrontare è se stesso e non gli altri. Il giovane Chris si troverà diviso tra i due sergenti Barnes e Elias, modelli di due Americhe diverse, quella a favore della guerra e quella contraria. Platoon è un film asciutto e immediato, privo di qualsiasi sovrastruttura ideologica. La forza e la riuscita del film stanno nella bravura di Oliver Stone di mostrarci l’invisibile, di trasformare una minaccia fisica in una fatalità incombente, aiutato da una scenografia perfetta. Uno dei capostipiti dei film di guerra.
Full Metal Jacket (1987)
Stanley Kubrick dirige un capolavoro assoluto sulla guerra del Vietnam. Diviso in due parti, nella prima viene raccontato l’addestramento dei soldati in un accampamento militare da parte del Sergente Maggiore Hartman (Ronald Lee Ermey); la seconda invece segue le vicende in Vietnam del soldato Joker (Matthew Modine).
Un film di guerra che ripercorre senza pietà prima l’addestramento e poi il conflitto di una delle guerre più crudeli del XX secolo. Kubrick lo fa con una tecnica e precisione unica, tant’è che ogni scena sembra un quadro macabro di ciò che accadde in Vietnam. Le due parti raccontano di un orrore personale e intimo, quello del soldato Leonard Lawrence, interpretato da uno straordinario Vincent D’Onofrio. Il duro addestramento cambierà il ragazzo fino al macabro epilogo. La seconda parte invece racconta del dramma di una nazione, l’America schiavizzata da un indottrinamento politico e sociale che non lascia scampo. Le interviste raccolte sul campo ne sono un esempio lampante. La messa in scena di Kubrick raggiunge, come sempre, livelli impeccabili. Uno tra i migliori war movie in assoluto ricco di adrenalina che di certo non annoia.
Good morning, Vietnam (1987)
Uno dei migliori film di Robin Williams incentrato sulla guerra del Vietnam nel 1965. Un disc jockey molto eccentrico diventa lo speaker radiofonico della radio di Saigon movimentando ed intrattenendo le vite dei soldati impegnati in guerra. Il suo comportamento non è ben visto dai comandanti dell’esercito americano, timorosi che il suo fare distragga troppo i soldati dalla loro missione. Good morning Vietnam è costruito sulla figura di Robin Williams, attore che anche nella vita di tutti i giorni ha un carattere “burlone” e giocherellone come il suo personaggio.
È un film sul Vietnam insolito, infatti non viene mostrata la guerra. Ci si focalizza sul contrasto tra la drammaticità della situazione e la buffoneria del personaggio di Williams; con lo scopo di far vedere un Vietnam senza la coltre di Napalm tipica di Apocalypse Now e di Full Metal Jacket. Una commedia di guerra totalmente antiamericana che denuncia la presenza della nazione in Vietnam attraverso gli scherzi ed i giochi di un disc jockey “mattacchione”. Per l’interpretazione Robin Williams è stato candidato anche all’Oscar come Miglior attore protagonista.
Glory (1989),
Edward Zwick segue la lezione dei maestri americani e costruisce un film maturo e ben fatto sulla guerra di secessione americana. Il film segue le vicende del capitano Robert Shaw (Matthew Broderick), che riceve l’ordine di formare un reggimento di fanteria composto unicamente da soldati di colore. Con l’aiuto del maggiore Forbes (Cary Elwes) e del sergente Rawlins (Morgan Freeman), Shaw addestrerà il 54° reggimento che avrà una parte importante nella vittoria nordista. Il film valse l’Oscar come migliore attore non protagonista a Denzel Washington, nei panni del soldato Silas Trip.
Zwick mette in scena un racconto epico, affrontando un pezzo di storia americana contaminata dalle barbarie razziali. Glory è un film di guerra che affronta l’ancora moderno problema razziale che mina nel profondo il tessuto di un paese mai pienamente riconciliatosi. La regia di Zwick è perentoriamente in mezzo alla mischia, vive delle tensioni e dei combattimenti, lascia sul campo ogni tipo di pregiudizio. All’eccellente regia si aggiungono anche l’incredibile fotografia di Roger Deakins (Blade Runner 2049, Non è un paese per vecchi) e la colonna sonora di un mostro sacro come James Corner (Titanic, A beautiful mind).
Nato il quattro luglio (1989)
Nato il quattro luglio è un film del 1989 diretto da Oliver Stone, che torna ad affrontare la guerra in Vietnam dopo il successo avuto con Platoon. Il regista racconta la storia di Ron Kovic (Tom Cruise), ridotto sulla sedia a rotelle dopo aver combattuto in Vietnam. Il ragazzo dovrà fare i conti con il suo idealismo tradito e, una volta persa ogni illusione al riguardo, diverrà pacifista, lottando contro la sanguinosa guerra nell’Indocina. Tom Cruise regala al pubblico un’interpretazione incredibile, rendendo palese a tutti di essere capace di grandi performance drammatiche. L’attore deve però tanto alla guida di Oliver Stone, che vincerà un Oscar per la miglior regia.
Con Nato il quattro luglio, il regista affronta un discorso più ampio sull’America, non solo circoscritto al Vietnam. Da un lato affronta il patriottismo americano, dall’altro invece le conseguenze cruente di una guerra sanguinaria combattuta in maniera strumentale. Non manca la critica all’idealismo tradito di una generazione di sognatori, sfruttati da una Nazione senza scrupoli. Il personaggio di Cruise cercherà a tal proposito di far aprire gli occhi alle persone sulla vacuità della guerra e dell’idealismo patriottico, regalandoci scene dal grande impatto emotivo. Nel cast anche William Dafoe e Tom Sizemore.
Film di guerra dal 1990 al 2000
Caccia a Ottobre Rosso (1990)
Sean Connery veste i panni del capitano Marko Ramius, ufficiale lituano a capo del sottomarino Ottobre Rosso. Siamo negli ultimi anni della guerra fredda, quando i rapporti Usa-Urss sono più distesi, ma le attività di spionaggio del nemico non sono ancora cessate. Una caccia spietata da parte della CIA al sommergibile russo, in uno scontro epico ed adrenalinico. Un thriller politico, e non solo un film di guerra, che inscena il difficile periodo della guerra fredda. Un’avventura drammatica che poggia su effetti speciali e montaggio spettacolari, in linea con lo stile del regista John McTiernan, già autore di un cult d’azione Trappola di cristallo.
Un intenso Sean Connery che fa il lavoro principale di tutta la pellicola: la rende credibile e plausibile. Adrenalina e azione sono gli aggettivi che caratterizzano Caccia a Ottobre Rosso, un film che piace e che incarna lo spirito di terrore e spionaggio tipico degli anni della guerra fredda.
La sottile linea rossa (1998)
Splendido capolavoro di Terrence Malick immeritatamente rimasto senza premi Oscar. Siamo in piena seconda guerra mondiale, a Guadalcanal. La compagnia di fucilieri Charlie viene mandata alla conquista di un campo di aviazione giapponese. Durante il viaggio gli uomini dovranno affrontare la crudeltà e la durezza della guerra, che li porterà ad una placida follia.
Un film di guerra da vedere assolutamente per appassionati del genere e non solo. Una pellicola che indaga come le azioni dell’uomo, in questo caso la guerra, siano niente in confronto alla maestosità della Natura. Infatti, mentre i soldati fanno i conti con la disumanità della guerra, attorno a loro la natura sembra indifferente e contrapposta alla logica bellica. Malick riflette sulla natura effimera della guerra e del male, che non può colpire per il mondo naturale, capace di rigenerarsi in eterno. La sottile linea rossa è indubbiamente un film bellico atipico per il fatto di non presentare vincitori, ma solo sconfitti. Malick opera un’universalizzazione del conflitto come razionalizzazione di una morte totale, che investe l’uomo e la natura. Il regista tratteggia un ritratto molto profondo dell’individuo alle prese con la natura e la società. Un film di guerra che sa parlare all’anima dello spettatore. Da recuperare e riguardare.
Salvate il soldato Ryan (1998)
Oscar alla miglior regia per Steven Spielberg che dirige un film di guerra emozionante e toccante. La compagnia del capitano John Miller (Tom Hanks) dopo lo sbarco in Normandia deve recuperare e riportare sano e salvo il soldato Ryan (Matt Damon): ultimo di quattro fratelli tutti morti in guerra. Film appassionante sulla seconda guerra mondiale che oltre a mostrare la ferocia delle battaglie e delle morti, mette in scena emozioni e sentimenti di fratellanza e amore.
Menzione speciale va sicuramente alla scena d’apertura dello sbarco in Normandia di una realismo impressionante, tanto che gli spettatori sbarcano anche loro con i soldati. Il genio di Spielberg si evidenzia nel sapiente uso della macchina da presa e nel rifiuto dell’utilizzo di tecnologie digitali per poter garantire al meglio l’impronta dei cinegiornali dell’epoca. Chiara la critica dell’ingorda ipocrisia guerrafondaia americana. Il regista infatti attacca sapientemente l’ipocrisia che si cela nei falsi principi americani atti a giustificare ordini e morali militari, sottolineando la nullità che può assumere un uomo che si sta battendo per la propria patria. Spielberg riesce egregiamente a portare a casa il suo obiettivo: far rivivere la seconda guerra mondiale su grande schermo. E lo fa in modo perfetto e veritiero.
Film di guerra dal 2000 al 2020
Black Hawk down (2001)
In Black Hawk down siamo in Somalia nel 1993, periodo in cui il tiranno somalo lascia letteralmente morire di fame il popolo. Le forze americane intervengono dando vita ad una delle guerra più buie degli ultimi anni. I film è una battaglia realista che inscena con veridicità e verosimiglianza della battaglia di Mogadiscio. Ridley Scott firma un quadro più che reale di un periodo orribile e crudele. C’è sangue, violenza cruda ed azione. I soldati sono dei bersagli per l’esercito nemico. Due ore intense di azione pura che non fanno staccare gli occhi dello spettatore dallo schermo.
Un film che mostra la corsa contro il tempo alla quale i soldati in guerra sono sottoposti ogni giorno. Quella corsa per vivere e per la sopravvivenza che Ridley Scott cattura con veridicità e realismo. Black Hawk down ha ricevuto due premi Oscar su quattro nomination, aggiudicandosi due statuette per il montaggio e per il suono.
El Alamein – La linea di fuoco (2002)
Enzo Monteleone ci porta in trincea e ci mostra la terribile quotidianità dei soldati, dando vita a un grande film italiano. Il regista riesce infatti a superare i limiti molto intimisti del cinema italiano, trattando della disfatta di El Alamein del 1942, che provocò migliaia di morti nelle fila dell’esercito italiano. Il film risente positivamente dell’attento studio di Monteleone, documentatosi leggendo anche i diari dei soldati che quella guerra l’hanno vissuta in prima persona.
Il protagonista è Serra (Paolo Briguglia) che giunto al fronte carico di entusiasmo, dovrà fare i conti con la disillusione generale dei commilitoni bloccati in quel territorio maledetto. Tutti i personaggi sono ben caratterizzati e ad emergere dal film è quella necessità di sopravvivenza che rende tale l’umano. Buono il lavoro di tutto il cast, aiutato anche dall’aver girato sul posto, in scenografie naturali che ha aiutato gli attori ad immedesimarsi. In certe parti ricorda molto il Mediterraneo di Gabriele Salvatores, seppur adombrato dal tema drammatico. El Alamein è un buon affresco del lato umano della guerra, quello che spesso si tende a dimenticare. Per questo il lavoro di Enzo Monteleone, vincitore di 3 David di Donatello, merita più di una singola visione.
Lettere da Iwo Jima (2006)
Clint Eastwood firma un film di guerra da vedere assolutamente, in quanto viene mostrata la seconda guerra mondiale dagli occhi del nemico. La battaglia di Iwo Jima ha segnato la fine delle ostilità tra il popolo giapponese ed americano con la vittoria di questi ultimi. Vengono ritratti i soldati giapponesi impegnati al fronte come uomini normali prima di diventare nemici. Uomini che scrivono lettere dal fronte alle loro amate o alle loro famiglie, che hanno un cuore e dei sentimenti proprio come gli americani. Eastwood porta un messaggio essenziale in tempi di guerra: se si conoscesse chi si ha di fronte, non lo si odierebbe. Non è un messaggio pacifista per ridurre tutto ad un appello di fratellanza, ma serve semplicemente a far capire l’importanza di conoscere il nemico per le sorti della guerra.
In Lettere da Iwo Jima il cinema diventa uno spettacolo per gli occhi, una fotografia minuziosa che si accende solo con il fuoco e con il sangue. Il film tratta la stessa storia del precedente film Flags of our Fathers vista però dal punto di vista americano, anche se ha ricevuto più elogi la pellicola che incentra la scena sul fronte giapponese. Candidato all’Oscar come Miglior film, regia e sceneggiatura non originale, ha ricevuto la statuetta solo per il Miglior montaggio sonoro.
The Hurt Locker (2008)
Kathryn Bigelow dirige The Hurt Locker, un film sulla guerra in Iraq che le valse anche l’Oscar come miglior film e regia. Sei anni dopo K-19, la Bigelow torna a parlare di guerra e di dipendenza, trattando il confine tra coraggio e alienazione. Siamo in Iraq dove vediamo le vicende di un gruppo di artificieri che ha il compito di sminare il territorio di una cittadina irachena. Nel film oltre il lavoro che fanno migliaia di soldati in Iraq, mostra come in modi differenti ciascuno di loro affronta i dolori della guerra. Fino a diventarne dipendenti.
L’immagine che la regista restituisce dell’Iraq non è nuova, ma quel che colpisce è la sua capacità di mettere in scena il deserto dell’anima, la depersonalizzazione che la guerra comporta. Kathryn Bigelow gira un film potente, entrando come mai prima d’ora nella questione di genere. La regista mostra infatti come anche una donna possa dire la sua in merito e farlo in modo molto potente. Il messaggio di fondo è che la guerra ti rende inabile di amare e ti costringe a reprimere ogni sentimento umano all’interno de “l’armadietto del dolore” (the hurt locker). Rende l’uomo uno strumento nelle mani dei potenti e non più umano, e questa metafora rende The Hurt Locker un film di guerra da vedere assolutamente.
Bastardi senza gloria (2009)
Un film di guerra diverso dagli altri, ma che ritrae appieno lo stile di Tarantino (qui la recensione). La seconda guerra mondiale viene mostrata in chiave ironica e tragicomica, inserendo anche elementi di crudeltà e ferocia. Il risultato è sicuramente insolito. Alla compagnia dei cosiddetti bastardi, otto sodati ebrei appartenenti a diverse unità dell’esercito americano, viene assegnato il compito di spargere il terrore tra le truppe naziste, con lo scopo di uccidere qualsiasi soldato tedesco che incontrino.
L’abilità di Tarantino di guidare un cast ricco di nomi celebri (tra cui Brad Pitt e Christoph Waltz) lo porta a realizzare un capolavoro dei war movie. È cinema puro quello che Tarantino porta sullo schermo. I tempi, i dialoghi, la tensione, l’ironia giocata sul versante delle lingue differenti ne fanno un gioiello i cui riferimenti vanno ampiamente al di là dei referenti classici dichiarati. Tarantino riscrive la storia così come l’avremmo voluta. Il bene trionfa e i cattivi hanno la giusta punizione. Per far questo il regista mette in scena un repertorio di trovate geniali, fedeli alla sua cifra stilistica, fuori da ogni schema prevedibile. Intrattenimento e goliardia sono gli elementi essenziali della pellicola, che decretano il segreto di tale successo di critica e pubblico.
Zero Dark Thirty (2012)
Zero Dark Thirty è un altro film di guerra diretto da Kathryn Bigelow che ci sentiamo di inserire in classifica per il peso storico che porta. Un film che racconta la storia contemporanea:la caccia ad Osama Bin Laden. Una missione che è durata più di un decennio che solo pochissimi anni fa si è conclusa definitivamente per mano di Alfreda Frances Bikowsky, ufficiale donna della CIA sulla quale si basa il personaggio fittizio della protagonista Maya Lambert. È un film completo sotto ogni punto di vista. La storia è raccontata in modo impeccabile, quasi come un documentario, che ritrae alla perfezione l’organizzazione maschilista del lavoro dell’intelligence americana. Il montaggio, la sceneggiatura e la giusta dose di azione lo rendono vicino alla perfezione artistica che si cerca in un film.
Menzione speciale a Jessica Chastain che è un pilastro di Zero Dark Thirty; rappresenta una donna forte che usa l’astuzia e l’intelligenza per stanare uno delle persone più pericolose al mondo. Una missione che si trasforma per Maya in un’ossessione, una sfida personale che oltre trovare Osama Bin Laden serve anche alla donna per trovare se stessa. Nonostante l’ottima accoglienza da parte di critica e pubblico, il film ha vinto solamente un premio Oscar per il Migliori montaggio sonoro.
Lone Survivor (2013)
Scritto e diretto da Peter Berg (Battleship, The Kingdom), Lone Survivor racconta la vera storia di eroismo e coraggio di quattro Navy Seal (Mark Wahlberg, Taylor Kitsch, Emile Hirsch, Ben Foster). Il film è basato sulla storia vera di Marcus Luttrell e dei suoi compagni impegnati nel 2005 nell’operazione Red Wings. I quattro marines, in missione segreta per neutralizzare una cellula di al-Qaeda, cadono in un’imboscata nemica tra le montagne dell’Afghanistan. Accerchiati dal fuoco nemico, proveranno a sopravvivere, sperando nell’arrivo della cavalleria.
Peter Berg è molto bravo nel giocare sulla recitazione del suo cast formidabile, rendendo i volti degli attori veri e propri veicoli di emozioni e di storie. La regia è curata e precisa, alternando riprese panoramiche a campi stretti, piani medi a frequenti primi piani. Il dettaglio non è mai casuale ed è molto ricercato. Il ritmo è serrato con picchi di tensione in almeno un paio di momenti, facendo sentire il fiato sul collo ai quattro protagonisti impegnati nel loro ultimo definitivo viaggio all’inferno. È proprio il lato emotivo il punto di forza di questo film di guerra, capace di descrivere adeguatamente il senso di straniamento e di confusione che un uomo ridotto in fin di vita può sperimentare.
The Railway Man (2013)
ratto da una storia vera e basato sull’omonima autobiografia di Eric Lomax, Le due vie del destino – The Railway Man è un film del 2013 con protagonista Colin Firth nei panni di Lomax stesso. Eric è stato, durante la seconda guerra mondiale, un ufficiale dell’esercito britannico divenuto nel 1942 prigioniero di guerra in un campo di prigionia giapponese. Negli anni a seguire Eric a causa del suo insospettabile passato si chiude in sé stesso e nella sua maniacale fissazione per le ferrovie. Sarà proprio un treno il primo luogo di incontro tra Eric e Patricia Wallace (Nicole Kidman), la quale riuscirà a scalfire per la prima volta quel guscio protettivo causato in anni di sofferenze e di dolorosi ricordi.
Solo dopo la prima notte di nozze, però, i demoni di Eric riemergono dall’oscurità trascinandolo nuovamente nel baratro a lui tanto familiare. Cosa è che l’ha tormentato così a lungo e così inesorabilmente? Patricia riuscirà a farsi svelare da Finlay (Stellan Skarsgård), migliore amico di Eric ed ex prigioniero di guerra a sua volta, cosa è accaduto in quel campo di prigionia.
Fury (2014)
Uno dei migliori film di guerra degli ultimi anni: Fury. Siamo in Germana sul finire della seconda guerra mondiale e le forze americane stanno penetrando le linee naziste per arrivare prima dei russi a Berlino. Il sergente Don “Wardaddy” Collier (Brad Pitt) guida una squadra di uomini specialisti nel manovrare un carro armato che porta il nome di Fury. Una splendida storia di coraggio e onore, che racconta realisticamente la vita dei soldati americani impegnati sul fronte tedesco. C’è adrenalina, guerra e violenza, lo spettatore viene trasportato sul campo da battaglia, vive la guerra e ne sente l’odore.
Un buon cast inoltre ha aiutato il regista di Fury a redigere uno spaccato reale della seconda guerra mondiale, riuscendo a trasportare su grande schermo le emozioni e le paure dei soldati. Molti critici del settore hanno definito Fury un film di guerra fresco, capace di cogliere gli orrori della guerra e le ambizioni future degli uomini che l’hanno combattuta. Tra speranze di poter tornare alla vita di prima e la crudeltà che si presenta sul campo di battaglia, i soldati vivono una vita difficile che solo pochi riescono a capire. Ma in Fury tutto quello che provano i militari lo si percepisce fin da subito, non lasciando nulla al caso.
The Imitation Game (2014)
La prospettiva offerta da The Imitation Game sulla seconda guerra mondiale è estremamente insolita ed anticonvenzionale. L’opera del 2014 diretta da Morten Tyldum, narra la storia di Alan Turing, interpretato da un eccezionale Benedict Cumberbatch. L’uomo insieme ad un team di matematici ha lavorato segretamente al servizio della Gran Bretagna ad un’operazione volta a decriptare i messaggi nemici. Lo scopo era ridurre al minimo le perdite in termini di vite umane ed accorciare e Turing vi riuscì. Lo scienziato ideò infatti una serie di tecniche per violare i cifrari tedeschi sfruttando una macchina elettromeccanica – chiamata Bomba – in grado di decodificare i messaggi creati dalla macchina crittografica Enigma.
Il film si presenta come un’interessante prospettiva “dietro le quinte” grazie alla quale lo spettatore piò venire a conoscenza di un aspetto della guerra poco chiacchierato. Nonostante il lavoro compiuto da questi geni matematici ha risparmiato la vita a 14 milioni di persone rimase segreto per oltre 50 anni: finalmente Turing e il suo team hanno avuto il riconoscimento meritato.
American Sniper (2014)
Il film che ha scosso Hollywood appena uscì, portando sullo schermo la storia di un cecchino americano impegnato in Iraq. Durante il film dovrà combattere una doppia battaglia: sul campo nemico e in famiglia. Diretto da Clint Eastwood, American Sniper è la storia vera del cecchino Chris Kyle, diventato la “leggenda” all’interno dell’esercito americano e nemico per aver ucciso centinaia (precisamente 160) di persone. Il film è una denuncia alla guerra in Iraq, che ha succhiato vite e petrolio per dare vita ad altri orrori ben più gravi. Il regista si prende la responsabilità di raccontare l’incoerenza della guerra in Iraq attraverso Chris Kyle (Bradley Cooper), prototipo di soldato che credeva e confidava negli ideali che hanno mosso la guerra.
Gli ideali e le emozioni di milioni di soldati vengono portate su schermo attraverso la storia del cecchino. In particolare dei padri e dei mariti come lui che vivono una battaglia all’interno e all’esterno. Kyle è un uomo che sa che uccidere un’altra persona è qualcosa di grosso, che porta all’uccisione non solo della persona colpita ma anche di chi la colpisce. Quando uccide muore anche un pezzo di se stesso, che una volta raggiunta la sua famiglia in america fatica a riemergere. La guerra colpisce tutti e nessuno ne viene purtroppo escluso.
Mine (2016)
Mine è un film del 2016 scritto e diretto da Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, due registi italiani noti con lo pseudonimo di Fabio&Fabio. La pellicola rappresenta il loro esordio cinematografico e ha raccolto buoni consensi sia dal pubblico che dalla critica, ricevendo due candidature ai Nastri d’Argento e due candidature al David di Donatello. Il film parte da un pretesto quasi banale per trasformarsi col passare dei minuti in un’arguta analisi psicologica del protagonista e più in generale della vita del soldato.
Mike Stevens (Armie Hammer) e Tommy Madison (Tom Cullen) sono due marines che si trovano nel deserto per portare a termine una delicata missione. Tuttavia per una serie di motivi – che è meglio non svelare in questa sede per evitare spoiler – falliscono e si ritrovano costretti a fuggire dai loro inseguitori avventurandosi nel deserto. Nel tentativo di tornare alla base i due finiscono in un campo minato da cui sembra possibile fuggire. Tommy calpesta una mina e perde entrambe le gambe, Mike nel tentativo di soccorrerlo mette aziona con il suo piede uno degli ordigni sparsi nella zona. Rimasto solo coi suoi demoni, Mike dovrà restare fermo e ancorato in quella posizione per ben 52 ore, tempo stimato per l’arrivo dei rinforzi.
La battaglia di Hacksaw Ridge (2016)
Mel Gibson dirige la storia vera del soldato dell’esercito americano Desmond T. Doss: obiettore di coscienza che durante la seconda guerra mondiale salvò centinaia di vite senza imbracciare un’arma. La guerra viene affrontata con gli occhi di un uomo semplice che va contro la corte marziale pur di far fede al suo credo e il suo vero Io. È una storia toccante ed insolita, che racconta la verità e la crudeltà del fronte nipponico della seconda guerra mondiale. Un soldato, ma prima di tutto un uomo, che affronta il destino e la battaglia senza protezioni, mettendosi completamente nelle mani di Dio.
Il personaggio di Doss è il tipico personaggio che Mel Gibson raffigura nei suoi film. Un uomo che attraverso un percorso formativo, scopre la propria identità e impara a dominare le situazioni che gli si presentano. È l’archetipo dell’eroe che in guerra supera la bestialità e la ferocia dei classici uomini di guerra, superando prove senza l’esercizio della violenza. La battaglia di Hacksaw Ridge è un film di guerra da vedere assolutamente se siete alla ricerca di emozioni forti e un sonoro impeccabile.
Dunkirk (2017)
Il più recente della categoria che ha letteralmente diviso in due critica e spettatori. Christopher Nolan dirige un’impresa, cinematograficamente parlando, ovvero quella di portare sullo schermo l’evacuazione di migliaia di soldati intrappolati nella città francese di Dunkerque. Raccontata da tre punti di vista differenti: aria, terra, mare, fa sì che il film si concentri più sull’aspetto visivo e sonoro più che sulla quasi assente sceneggiatura. Qui la recensione.
Si percepisce la tensione dei soldati e la speranza alla quale si aggrappano per non farsi sopraffare dalla disperazione del momento. Il tutto reso ancora più percepibile da una colonna sonora cupa e ansiosa che, pare preannunciare un qualcosa che di fatto non arriva e che non cala mai durante le quasi due ore di film. Protagonista agli Oscar 2018 nelle categorie tecniche. Un film di guerra da vedere assolutamente.
Il club del libro e delle torta di bucce di patata di Guernsey (2018)
Il club del libro e delle torta di bucce di patata di Guernsey è un film del 2018 diretto da Mike Newell, distribuito in Italia tramite Netflix. Ambientato nel 1946 in un’Inghilterra in corso di guarigione dopo le ferite inferte dalla guerra, ha per protagonista la scrittrice e giornalista Juliet Ashton (Lily James). Juliet, nonostante la perdita dei genitori, è una ricca donna di successo che sta pubblicizzando il suo ultimo romanzo in un popolare tour promozionale. È inoltre in procinto di sposarsi con l’aitante americano Mark Reynolds (Glen Powell), Juliet non si sente tuttavia davvero appagata dalla sua vita sentimentale e professionale: non ha ancora trovato il modo giusto per riempire il vuoto provocato dalle perdite subite negli anni precedenti. Inaspettatamente, riceve una lettera – proveniente dall’isola di Guernsey – da un uomo di nome Dawsey Adams (Michiel Huisman).
Nella missiva Dawsey dice di aver trovato l’indirizzo di Juliet in un libro che lei stessa aveva venduto ai tempi della guerra. Le spiega l’importanza di quel romanzo in un periodo nel quale i libri sono stati l’unico modo di evadere dalla spaventosa realtà: Dawsey e altre 4 persone hanno così fondato, nel 1941, “Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey”. Juliet, una volta recatasi sull’isola per conoscere tutti i membri del club, si troverà coinvolta non solo in una società letteraria; ma in una ver e propria “famiglia” allargata che ha cercato di combattere la guerra attraverso il contatto umano. Attraverso numerosi flashback, viene spiegato il presente dei protagonisti, inevitabilmente segnato dai bombardamenti, dai tradimenti, dalla paura e dalla fame che hanno caratterizzato l’occupazione tedesca.
1917 (2019)
Tra le più importanti opere cinematografiche del 2019 e di tutto il XXI secolo. 1917 è stato da molti considerato il miglior film di guerra dai tempi di Salvate il soldato Ryan. E non possiamo esimerci dal dar ragione a tali affermazioni. Il film diretto da Sam Mendes (American Beauty, fra i tanti) è un film importante tanto per il cinema nella sua espressioni visiva quanto per il messaggio che porta. Una trama concisa, lineare ed essenziale è il punto di partenza per l’evoluzione sempre costante di 1917: due soldati, durante la prima guerra mondiale, ricevono l’ordine di consegnare una direttiva ad un altro battaglione, essendo interrotte le linee telefoniche; il percorso, però, riserverà insidie e pericoli costanti.
La trama lineare, però, non inficia sulla scrittura del film che si rivela sempre attenta a mostrare gli orrori della guerra e il male in terra. Al servizio dell’ottima sceneggiatura c’è, poi, un comparto tecnico di incommensurabile valore. La tecnica del piano sequenza (per quanto esso sia, comunque, “artificiale”) ci lascia immergere nel clima surreale della prima guerra mondiale. La magistrale fotografia di Roger Deakins, il montaggio e il comparto sonoro fanno il resto, coinvolgendo, appassionando e affascinando lo spettatore. Una lezione di cinema che entra di diritto tra i migliori film di guerra di tutti i tempi.
Jojo Rabbit (2019)
Jojo Rabbit è sicuramente il film che più ha sparigliato le carte nell’edizione 2020 degli Oscar. Dopotutto un film satirico sulla seconda guerra mondiale, dove la figura di Hitler viene messa alla berlina sin dal primo minuto, non è cosa da tutti i giorni. Taika Waititi ha deciso di vedere come avrebbe reagito il pubblico e la critica di fronte ad un’opera tanto inusuale; il fato gli è stato però amico, riuscendo a portarsi a casa il premio per la Migliore sceneggiatura non originale agli Oscar 2020.
Un cast stellare al servizio di una trama tanto folle quanto accattivante: cosa accade se si priva di ogni libertà un bambino introverso e senza un padre durante il Terzo Reich? Semplice, il ragazzino svilupperà un insano attaccamento alla figura del Führer, trasformandolo nel suo amico immaginario. Partendo da queste premesse Waititi cerca di analizzare attraverso gli occhi del bambino protagonista la follia della guerra e di tutto ciò che ne consegue.
Mancano diversi film capolavoro, tra cui Fury con Bradd Pitt, Caccia a Ottobre Rosso con Sean Connery, l’ imperdibile Sebastopoli Resistance per segnalarne alcuni recenti senza dubbio migliori di alcuni che avete giustamente citato …..
Ciao Pierluigi, in una lista di soli 10 film purtroppo è difficile inserirne alcuni che assolutamente meritano, come quelli che giustamente hai citato. È d’obbligo dunque fare una scrematura e di conseguenza alcuni rimangono esclusi. Comunque ci hai dato un ottimo spunto per fare una seconda parte dell’articolo! Buona giornata!
Vorrei segnalare le tre versioni di Staligrado a partire quella del 1953 o 58 e l’ultima quella anche in 3D sono ottimi ma ce ne sono altri in b/n che ho visto ma non ricordo i nomi.