I migliori film drammatici da vedere assolutamente!
Quali sono i migliori film drammatici? Scopriamolo insieme in questo articolo!
La lista dei film drammatici da vedere è sicuramente lunga, noi di FilmPost abbiamo provato a concentrare in questo articolo gli “imperdibili”; quei film che per un motivo o per l’altro hanno segnato il pubblico e la critica. Quello che ci si sente dire spesso è che “la vita non è un film”, eppure è innegabile che in alcuni momenti il dramma sembri regnare sovrane nelle nostre esistenze. Quale miglior modo allora di esorcizzare le sofferenze empatizzando con i protagonisti dei migliori film drammatici dagli anni ’50 ad oggi?
Il cinema, come forma artistica, è forse quella che più riesce a cogliere il lato malinconico dello spirito umano, descrivendo l’intima sofferenza che si cela nei recessi dell’anima di ognuno di noi. Il dolore di una perdita, l’ostinata perseveranza contro le difficoltà della vita, gli esiti nefasti delle nostre scelte, le conseguenze di un destino avverso. Tutti elementi che in un modo o nell’altro sono entrati a far parte della vita di ognuno di noi. Tuffiamoci quindi in questa lista ricca di film drammatici da vedere assolutamente.
Indice dei film drammatici
Film drammatici 1950 – 1980
Un tram chiamato desiderio (1951)
Non possiamo non iniziare la nostra lista con uno dei film drammatici più iconici degli anni ’50. “Stella! Hey Stella”, appena viene fatto un accenno al titolo di questa pellicola, vincitrice di ben 4 Oscar, non possiamo fare a meno di pensare all’urlo straziante che Marlon Brando rivolge a sua moglie ai piedi della scalinata. Questa frase-simbolo del film racchiude al meglio il concetto di “melodramma americano” degli anni ’40-’50. La storia di Un tram chiamato desiderio, tratto dall’omonima pièce teatrale di Tennessee Williams, gira attorno alla persona di Blanche DuBois (Vivien Leigh), una donna dalla personalità molto fragile ed emotivamente instabile. Arriva a New Orleans, dove la sorella Stella (Kim Hunter) la accoglie nel suo appartamento che condivide con suo marito, Stanley Kowalski (Marlon Brando). Sorgono subito le prime frizioni con Stanley, che Blanche considera rozzo e burbero, pur essendone profondamente attratta.
Stella, completamente sottomessa alle decisioni del marito, è impassibile ed inerme nei confronti di quello che accade sotto i suoi occhi. Col passare del tempo, l’instabilità psichica di Blanche peggiorerà e trascinerà la vicenda verso un tragico epilogo. Tutta la vicenda è basata, non sugli eventi in sé per sé, ma sulle persone e le relazioni che si stabiliscono tra queste. Il rapporto tra Stella e Stanley, basato prevalentemente sulla classica dominazione del marito sulla moglie, non fa che aumentare il senso di solitudine di Blanche. L’aspetto che, però, emerge con più preponderanza è la relazione che si crea, già dall’inizio del film, tra Blanche e il cognato, segnata da una profonda complessità e da una tensione, anche sessuale, tra i due che andrà aumentando di scena in scena fino al climax finale.
Una vita difficile (1961)
Una vita difficile quella che spetta a Silvio Magnozzi, interpretato dal grande Alberto Sordi, nel film di Dino Risi. Il partigiano, cercando di fuggire dalla guerra, conosce Elena (Lea Massari) che gli salva la vita, a Dongo. Quando, terminata la guerra, Silvio torna a Roma, dove lavora come giornalista per un quotidiano di sinistra, rincontra la giovane ragazza. I due, innamorati, decidono di vivere insieme in condizioni misere a causa del rifiuto da parte di Magnozzi di abbassarsi a compromessi che vanno contro i suoi ideali politici. La moglie, disperata, lo lascia. Silvio, spinto a riconquistare l’amore della donna, accetta il posto di segretario nell’ufficio di un ricco industriale, negando i valori in cui credeva.
La drammaticità del film sta proprio nella contraddizione che segna il personaggio di Silvio Magnozzi. La forte critica alla società dell’epoca, che continua ad essere piuttosto attuale anche oggi, è evidente nell’opera di Dino Risi che la rappresenta in maniera esemplare. Per non parlare dell’interpretazione magistrale di Alberto Sordi che contribuisce a donare a Magnozzi un’umanità e un’espressività unica, allontanandosi dai ruoli comici precedentemente interpreti dall’attore romano. Indimenticabile la scena dell’esame, che vi riproponiamo qui sotto.
8 1/2 (1963)
Insieme a La dolce vita, forse uno dei film drammatici più famosi di Federico Fellini. Guido Anselmi, interpretato da un bravissimo Marcello Mastroianni, è un regista che, in cerca di ispirazione per il prossimo film, si rifugia in luogo di cure termali. Il film non è altro che un susseguirsi di incontri, eventi, conversazioni reali che si alternano con scene fantastiche e oniriche. Il cosiddetto “blocco dello scrittore” viene sovrapposto alla crisi esistenziale del protagonista che lo porterà a riconsiderare tutta la sua vita.
Come in La dolce vita, il personaggio interpretato da Mastroianni è un osservatore, non agisce. Semmai sono gli altri personaggi ad agire su di lui, soprattutto le donne, che svolgono un ruolo di salvezza, con la connotazione religiosa che contraddistingue il regista. 8 1/2 è principalmente un film autoreferenziale e, soprattutto, autocritico. L’utilizzo del grottesco non fa che accentuare questo aspetto del film, presentando personalità a metà tra il comico e l’inquietante. Inutile ribadire la bravura di Mastroianni, ormai divenuto l’artista per eccezione.
Non torno a casa stasera (1969)
La crisi esistenziale è al centro anche dei film drammatici di Francis Ford Coppola e in particolare di Non torno a casa stasera, una delle prime opere del regista statunitense. Una donna, appena scoperto di essere incinta, decide di scappare lasciando un biglietto al marito spiegandogli che “non tornerà a casa stasera”. Inizierà per lei un viaggio on the road che le serberà incontri ed eventi inaspettati.
La storia è molto semplice. La complessità del film si ritrova, principalmente, nel personaggio di Nathalie, a cui da il volto Shirley Knight. Una forte insicurezza, quasi inadeguatezza, di fondo sono gli elementi che la spingono ad allontanarsi dalla sua “casa”: non si sente all’altezza di essere una moglie e, ora, una madre. Un fatto interessante: si dice che l’attrice venne scelta dal regista per la somiglianza a Monica Vitti, che Coppola ricercava perché influenzato profondamente dal cinema europeo di Antonioni, a cui si ispira come si può benissimo osservare da questo film.
Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)
Nel 1975 Miloš Forman dirige Jack Nicholson in un cult movie che finisce di diritto tra i migliori film drammatici di sempre. Il film tratta di un argomento molto delicato come quello della vita all’interno degli ospedali psichiatrici. La pellicola denuncia il trattamento inumano dei pazienti che venivano discriminati per la propria condizione. Randle Patrick McMurphy viene internato all’interno di una clinica psichiatrica per valutare se la sua malattia mentale e vera o simulata. Qui dentro terrà un comportamento anticonformista cercando di evadere e di ribaltare le regole dell’ospedale. Tutto questo inneggerà anche gli altri pazienti che prenderanno come esempio Randle per vivere liberamente.
La pellicola vinse tutti e cinque i premi Oscar nelle migliori categorie: Miglior film, regia, attore protagonista, attrice protagonista, sceneggiatura non originale. Il film ha ottenuto un enorme consenso sia dal pubblico che dalla critica che inneggiano al suo carattere innovativo nel raccontare un argomento così delicato e così ostico. Qualcuno volò sul nido del cuculo è senza dubbio uno dei migliori film drammatici della storia del cinema per la sua intensità e forza emotiva.
Taxi driver (1976)
Taxi driver è di certo uno dei film drammatici più cult in assoluto. Alla regia abbiamo Martin Scorse, e come protagonista Robert De Niro, che danno origine ad un film intenso e vigoroso. Travis Bickle è ex-marine reduce del Vietnam che a causa di ciò soffre di una grave forma di insonnia che lo porta a fare il tassista notturno a New York. Travis si innamora di un’impiegata, Betsy, la quale in un primo momento cede ai corteggiamenti dell’uomo ma poi si allontana a causa della sua fissazione per i film a luci rosse. Dilaniato dalla solitudine comincia a soffrire di disturbi psichici, compra delle pistole e si immischia in affari pericolosi. Una storia introspettiva della mente umana lacerata dalla solitudine e dalla pazzia che conduce l’uomo ai confini della lucidità.
Taxi driver fu uno dei primi film a raccontare l’impatto della guerra sui soldati, conducendoli ad uno stato di disagio perenne e sull’orlo della pazzia. Lo stile così rude del film evoca lo stato di stress post traumatico che molti ex-soldati provano una volta congedati. Il monologo di Travis allo specchio “Hey, ma dici a me? Ma dici a me?” è entrato nell’immaginario comune come tutto il film da cui è tratta. Una scena passata alla storia che è pura improvvisazione. Infatti, Robert De Niro improvvisò la scena e Scorsese ne rimase stupito che la volle inserire nel film. La pellicola, pur essendo una delle migliori del regista, non ricevette nessun premio Oscar pur essendo candidato nelle categorie principali; ma invece trionfò al Festival del cinema di Cannes vincendo la Palma d’oro.
Film drammatici 1980 – 1995
Mission (1986)
Sullo sfondo delle meravigliose Cascate dell’Iguazù, viene raccontata la storia di Padre Gabriel (Jeremy Irons), un missionario gesuita che raggiunge la zona dove abita una tribù di indios Guaranì dove crea una “missione”. A lui si aggiungerà Don Rodrigo Mendoza (Robert De Niro), un cacciatore di schiavi, che lo accompagnerà nel tentativo di raggiungere il suo scopo: creare un’atmosfera di armonia dove la comunità indigena possa vivere in pace senza la costante minaccia del colonizzatore “bianco”.
Vincitore di un Oscar e due Golden Globe, un film come Mission non può mancare nella nostra lista. La forza dell’opera si trova nella maniera intelligente con cui Roland Joffè mette in scena una vicenda storica particolarmente toccante. Lo fa con una delicatezza, empatia e accuratezza unica. Una delle carte vincenti del film è sicuramente la colonna sonora composta da Ennio Morricone. La meravigliosa Gabriel’s Oboe non fa che aumentare l’emozione generata dalla storia e accompagna le immagini del film con estrema leggerezza. Ve la riproponiamo qui sotto.
Rain man (1988)
Uno dei migliori film drammatici in assoluto che vede Dustin Hoffman alle prese con la malattia mentale, precisamente la sindrome del savant. Al suo fianco vediamo un giovanissimo Tom Cruise, fresco fresco dal successo di Top Gun. Raymond Babbit è un uomo affatto da malattia mentale che, dopo la morte del padre, eredita tutto l’ingente patrimonio di famiglia. Charlie è il fratellastro di Raymond, il quale ignorava la sua esistenza. Arrabbiato con il padre per avergli tenuto nascosto la presenza di un fratello e per non avergli lasciato nulla dell’eredità se non l’avviso del fratello; Charlie decide di sequestrare dalla clinica psichiatrica Raymond, sperando di diventarne il tutore ed ereditare la metà del patrimonio del padre. I due intraprenderanno un viaggio on the road dalla clinica verso Los Angeles, e i due fratelli impareranno a conoscersi e a volersi bene.
A dirigere la pellicola c’è Barry Levinson, per la quale ricevette anche l’Oscar come Miglior Film e Regia. La curiosità di questo film sta nel fatto che Dustin Hoffman per calarsi nei panni dell’autismo, visse all’interno di una clinica psichiatrica pe diverso tempo, così da toccare con mano gli effetti della malattia. Hoffman ci ha regalato un incredibile performance, molto intensa e carica di pathos; non a caso per l’interpretazione Hoffman vinse il premio Oscar come miglior attore protagonista. Oltre a questi premi il film vinse l’Oscar anche come Miglior sceneggiatura originale.
Philadelphia (1993)
Philadelphia è uno dei migliori film drammatici da vedere diretto da Jonathan Demme. Questo è il film per eccellenza incentrato sul tema dell’AIDS in America negli anni ’90. Andrew Beckett (Tom Hanks) è un avvocato di Filadelfia al quale viene diagnosticato l’AIDS. Quando lo studio per cui lavora scopre la sua malattia viene licenziato e deriso da quelli che credeva essere suoi soci. Allora decide di citare in giudizio i suoi ex datori di lavoro per discriminazione. Dopo che il suo caso è stato rifiutato da ben 9 avvocati, decide di rivolgersi a Joe Miller (Denzel Washington). Un avvocato pieni di pregiudizi contro gli omosessuali e i malati di AIDS, ma che decide di accettare sfidando la morale della società. Un film toccante e penetrante con un grande Tom Hanks.
Un film che non solo racconta da vicino la malattia dell’AIDS, ma racconta anche come la gente comune trattava i malati ed in particolare gli omosessuali. La storia di Andrew Beckett licenziato perché malato e omosessuale è una storia comune a molti in America durante gli anni ’80 e ’90; periodo in cui si prese coscienza dalla malattia dell’AIDS. Accolto positivamente sia da critica che pubblico, Philadelphia vinse diversi premi Oscar tra cui per il Miglior Attore protagonista e per la Miglior Canzone: Street of Philadelphia.
Schindler’s List (1993)
Tra i film drammatici è forse quello più impressionante, in quanto racconta la realtà. Il dramma infatti qui è storico e affonda nei campi dell’orrore, quelli di sterminio durante la seconda guerra mondiale per mano dei nazisti. Si parla di un uomo, Oskar Schindler (interpretato da un grande Liam Neeson) che, orripilato dalla degenerazione dei suoi compatrioti, cercherà di fare il più possibile per salvare alcuni ebrei da morte certa. Un film tellurico dove è percepibile la spinta efferatezza di una delle pagine più nere della storia moderna. Il film è girato in bianco e nero proprio a sottolineare il grigiore di quegli anni. Firmato da Steven Spielberg.
Il Corvo (1994)
Un revenge movie in salsa gotica, il dramma qui fa da pretesto a tutta la narrazione, quella di un uomo privato della sua amata il giorno prima delle nozze. Anche qui si preme molto sulla filosofia, sull’ineluttabilità degli eventi ma soprattutto sulla necessità di mettere a posto i conti prima di lasciare andare la proprio anima, in pace.
Il film che ha dato, una grande celebrità a Brandon Lee, morto sul set, e proietatto la pellicola nella hall dei film cult.
Film drammatici 1995 – 2005
Le onde del destino (1996)
Nel 1996 Lars Von Trier firma una vera e propria perla cinematografica, che gli vale il Gran Premio della Giuria a Cannes. In un villaggio della Scozia, Bess (Emily Watson), una giovane ragazza, si innamora di un operaio che lavora in un pozzo petrolifero, Jan (Stellan Skarsgård). I due decidono di sposarsi nonostante la disapprovazione della gente della comunità. In seguito ad un incidente sul lavoro, Jan rimane paralizzato e spinge la moglie ad avere rapporti sessuali con altri uomini per poi riferirglieli.
Il dramma messo in scena da Von Trier fa rabbrividire, a volte sorridere, ma, soprattutto, stupire, come solo un regista come lui sa fare. La nebbia che avvolge i personaggi, durante tutto il film, non fa che permeare l’atmosfera di un alone di angoscia, solitudine e malinconia. Menzione a parte per Emily Watson, nominata all’Oscar come Migliore attrice protagonista, che veste alla perfezione i panni della complicata Bess, donando al personaggio quel tocco di follia mista ad umanità che caratterizza, da sempre, i protagonisti dei film di Von Trier.
La vita è bella (1997)
Beh, che dire di uno dei film italiani più belli di sempre? La storia è nota a tutti: ci troviamo nel 1939, in piena seconda guerra mondiale, e Guido Orefice (Roberto Benigni), un giovane di origine ebraica, si trasferisce ad Arezzo dallo zio dove incontra la maestra Dora (Nicoletta Braschi). I due si innamorano, decidono di sposarsi e hanno un bambino, Giosuè. In seguito alle leggi razziali, Guido e il figlio vengono deportati in un centro di concentramento, dove la moglie decide di andare, fingendosi ebrea. Per proteggere Giosuè, il padre lo convince di star partecipando ad un gioco a punti.
Non era facile raccontare una vicenda storica così seria e farlo con delicatezza, comicità e destrezza. Eppure Benigni ci è riuscito, portandosi a casa non uno, non due, ben 3 Oscar, insieme a molti altri premi importanti. La musica di Nicola Piovani accompagna questa storia che parla d’amore, di famiglia, di amicizia, di lotta, di tenacia, gettando lo spettatore in un turbinio di emozioni che lo accompagna per tutto il film, ma anche dopo. Riguardo al titolo Benigni dichiara in un’intervista:
Il protagonista del film, dall’inizio alla fine, non si dimentica mai della felicità…mai…Che, come dice Primo Levi, fuori la vita è bella e può continuare ad essere bella.
Questo è il messaggio dell’opera e Benigni ce lo ricorda in ogni secondo del film. Qui sotto vi riproponiamo una delle scene più commoventi.
Titanic (1997)
Poteva mai mancare tra i film drammatici? Il dramma romantico per eccellenza che guarnisce perfettamente il disastro del transatlantico britannico. Questo film ha fatto le fortune di parecchi addetti ai lavori e, a dispetto della lunghezza, gode di una trama coinvolgente e degli effetti speciali – per l’epoca – impressionanti. Di fronte agli ultimi fotogrammi è impossibile rimanere impassibili per quanto ogni tanto, il film, si conceda troppo al melenso, esaltando il dramma personale più di quello collettivo. E sì, Rose poteva fare un po’ di spazio al povero e altruista Jack, fin troppo abnegato alla causa e, poi, anche annegato.
Salvate il soldato Ryan (1998)
Qui il dramma si trasferisce sul campo di battaglia, precisamente durante la seconda guerra mondiale. Quattro fratelli della famiglia Ryan, americani, sono morti. Il quinto e ultimogenito (interpretato da Tom Hanks) deve quindi essere portato in salvo. Il film si inerpica in un climax emotivo sempre più adrenalico e angosciante per la sorte dell’uomo, gravitando intorno a questa delicata missione che diventerà poco a poco disperata nello scorrere della diegesi.
The Truman Show (1998)
Il film cult di Peter Weir può essere racchiuso in diversi generi ma quello che più lo rappresenta è sicuramente quello drammatico, per questo rientra di diritto all’interno della top dei miglior film drammatici. Truman Burbank (Jim Carrey) vive nella più estrema tranquillità nella cittadina di Seahaven, dalla quale non si è mai allontanato. Ha una moglie, un lavoro normale, una casa normale e una vita normale. Ad un certo punto, inizia a notare che cose strane accadono intorno a lui fino ad arrivare a capo della tremenda realtà dei fatti: Truman è il protagonista di un reality show e, fin dalla sua nascita, è stato osservato da tutto il mondo.
The Truman Show è un film che descrive una realtà a dir poco agghiacciante. La comicità con cui viene trattata la storia rende il tutto sicuramente meno angosciante, ma la risata che riesce a strapparci un film come quello di Weir è senz’altro amara. Ci deve far riflettere. Non si possono non citare Jim Carrey e Ed Harris che sono perfettamente credibili nelle loro interpretazioni. La scena finale, ormai entrata a far parte dell’immaginario collettivo, è difficile da dimenticare: il saluto di Truman in cima alla scalinata, con le parole “Buongiorno… e casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!”, segna l’atto di ribellione dell’uomo verso qualsiasi forma di controllo sociale.
Fight Club (1999)
Tra i film drammatici è impossibile non citare Fight Club. Il dramma dell’uomo moderno – su un piano antropologico e più esistenziale – vomitato un fotogramma dopo l’altra. “Siamo la canticchiante e danzante merda del mondo” ci dice Palahniuk (il creatore dell’omonima graphic novel) e poi Fincher (il regista) come a sottolineare che per l’universo non contiamo niente, ma l’abbiamo capito – tragicamente – soltanto adesso.
Ma si sa, la conoscenza porta con sé i suoi fardelli: ora siamo disorientati, smarriti, come lerci viandanti, sul viale di un mondo che manca di significati assoluti e risposte rassicuranti.
Uno di questi uomini smarriti è Jack (Edward Norton), un uomo alienato dal lavoro, dalla routine, asfissiato, da quelle metaforiche cinghie rappresentate dalle mete imposte a livello manifesto – ma soprattutto subliminale – dalla nostra cultura. Una società plasmata sulla forma mentis capitalistico-finanziaria, materialista, esasperatamente burocratica, dove si è perso il minimo contatto con l’altro, dove l’unico punto di tangenza è riscontrabile in quelle situazioni estreme, come quando si è vicini alla morte o in preda alla malattia, dove a cadere, sono tutte quelle artificiose sovrastrutture, dove il sentirsi tremendamente soli e senza via di scampo diventa ancora più palpabile. E ciò riguarda Jack, ma anche Tyler Durden (Brad Pitt), compagno d’avventure del nostro protagonista. Una presenza a livello liminale, carnificazione di quei desideri violenti e sfrenati posti negli anfratti più oscuri e animali della sua coscienza che vuole ribellarsi a questa deriva post-umana.
Requiem for a Dream (2000)
Forse la pellicola tra i film drammatici dove più di tutte si ritrova il fatalismo esistenziale del regista Darren Aronofsky. Il dramma si sviluppa su tre atti denominati come le stagioni dell’anno (Estate, Autunno e Inverno) ma che metaforicamente si riferiscono a tre periodi diversi – per felicità e aspettative – vissuti dai protagonisti. Manca volutamente come atto conclusivo la Primavera, stagione simbolo della rinascita e della vittoria della vita sulla morte, come a sottolineare la mancanza con l’ineluttabilità del destino dei personaggi e il loro progressivo e inesorabile fallimento.
Nella fattispecie, Il dramma si consuma nelle spirali dei protagonisti, vittime delle perversione della società postmoderna: quella frenesia che ci proietta tutti verso un futuro indefinito fatto di obiettivi a breve termine, ma che una volta raggiunti, non conferiscono un reale appagamento, ma lascia solo un senso di incompletezza e di estraneità verso il mondo in cui si vive. E nulla, alla fine, ha senso. La conseguenza è una cupa depressione preceduta da un’inspiegabile isteria che porta molti giovani (e non) a lastricare le strade della devianza.
A beautiful mind (2001)
Ron Howard dirige uno spettacolare Russel Crowe nei panni del matematico John Forbes Nash. A beautiful mind è la biografia del premio Nobel per l’economia John Nash, colui che ideò la teoria dei giochi non cooperativi. Una storia toccante in quanto Nash era affetto da schizofrenia che lo portava ad avere visioni di persone immaginarie. Nash è anche un genio della matematica, che confezionò la teoria pe cui vinse il Nobel, in una tesi di dottorato di soli 27 anni. Il genio della matematica viene interpretato magnificamente da Russel Crowe che conferì al vero John Nash piena giustizia per tutta la sua brillante carriera e non solo. Una splendida storia costruita al meglio senza lasciare nulla al caso. Entriamo nella vita di John Nash poco per volta, prima lo vediamo a Princeton, poi sposato con Alicia (Jennifer Connely), poi vediamo il decorso della malattia ed infine il premio Nobel.
I personaggi che John vede sono presentati al pubblico in sala dalla prospettiva del protagonista, cioè come figure reali, che camminano e parlano. Per questo appaiono allo spettatore come reali e difficili da codificare come figure create dalla mente di Nash. In questo modo lo spettatore entra nella visione del delirio di Nash per rendere ancora più forte la scoperta della malattia del protagonista. Il film ricevette diverse candidature ai premi Oscar e vinse quello per Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura non originale e Miglior Attrice non protagonista.
I passi dell’amore (2002)
Tra i film drammatici qui scelti, è sicuramente quello più fanciullesco, con la location ricorrente dell’high school e lo stile teen convenzionale. Tratto dal romanzo di Nicholas Sparks e diretto dal regista Adam Shankman, si ripropone il tema del ragazzo bello e impossibile che si innamora della secchiona ma che si scoprirà affetta da una brutta malattia.
21 grammi (2003)
Forse non è il film migliore di Alejandro González Iñárritu, ma probabilmente è tra quelli più drammatici. La storia segue la vita di tre personaggi: Paul, Christina e Jack. Paul (Sean Penn) è un matematico che deve fare i conti con un problema al cuore; Christina (Naomi Watts) è una donna che, per affrontare la perdita del marito e delle figlie, si rifugia nella droga; Jack (Benicio Del Toro) è un ex detenuto divenuto un credente convinto. Le vite dei tre protagonisti si incroceranno in un terribile incidente.
21 grammi è l’opera centrale della Trilogia della morte del regista che comprende, oltre al film già citato, Amores perros e Babel. Il titolo fa riferimento al cosiddetto “peso dell’anima”, vale a dire il peso che ognuno di noi perde al momento della morte. Ovviamente la morte è un elemento centrale del film, così come di tutta la trilogia, e ritorna più volte nella storia con una spiazzante autenticità. La scelta di non utilizzare il cavalletto per la macchina da presa, in diverse sequenze, sembra evidenziare l’instabilità emotiva dei protagonisti. Per quanto riguarda gli attori, spicca sicuramente la bravura di Sean Penn che, in questo film, offre una delle sue migliore prestazioni.
Elephant (2003)
Elephant è sicuramente uno dei film più drammatici di Gus Van Sant. La storia, ispirata liberamente al massacro avvenuto al liceo Columbine nel 1999, riprende le vite di alcuni studenti in una giornata che sembra normale, ma che si trasformerà in una tragedia.
Il realismo con cui Van Sant presenta la storia risulta spiazzante agli occhi dello spettatore che segue i movimenti dei protagonisti all’interno del liceo come un terzo personaggio. La prima parte del film, più lenta e tranquilla, che mostra la vita quotidiana degli studenti, si contrappone alla seconda, che mostra, invece, il massacro con una rapidità e freddezza unica. La componente sonora gioca una carta vincente nel film, per quanto riguarda la musica in sé per sé ma anche per i rumori e i suoni che fanno da sottofondo alle azioni dei ragazzi. Con la sua Palma d’oro per il miglior film e miglior regia, Elephant è un film assolutamente da vedere.
Se mi lasci ti cancello (2004)
Se mi lasci ti cancello è un film drammatico sentimentale con protagonisti Jim Carrey e Kate Winslet. Una storia di un dramma amoroso intenso e profondo. Il filma racconta di come la vita di Joel viene sconvolta dall’arrivo di Clementine e dall’amore per lei. I due all’inizio sembrano vivere una perfetta storia d’amore, ma poi qualcosa in Clementine cambia; così decide di farsi cancellare dalla mente i ricordi di Joel e ricominciare la propria vita. Quando il ragazzo lo scopre decide anch’egli di sottoporsi alla cancellazione dei ricordi di Clementine, ma poi cambia idea. Nella pellicola viene fatto un ritratto dell’amore come qualcosa che corrode l’animo delle persone, tanto da portarle a cancellare qualsiasi ricordo della persona amata pur di non soffrire. Una storia triste e di perseveranza, una lotta per l’amore e per continuare a vivere quell’amore che Clementine vuole dimenticare.
In questo film vediamo Jim Carrey nelle vesti di un uomo cupo e solo che soltanto con l’amore per Clementine torna a vivere. Un ruolo diverso dai soliti che interpreta l’attore, che principalmente ricopre ruoli in commedie e film comici. Qui supera sé stesso, dando prova del suo talento poliedrico. Anche Kete Winslet fa una grande prova attoriale, recitando in un ruolo contorto e difficile da codificare. Per questa sua performance ricevette anche la nomination ai premi Oscar come Miglior Attrice protagonista. Tuttavia, il film vinse l’ambita statuetta per la Miglior Sceneggiatura originale.
Million Dollar Baby (2004)
Million Dollar Baby è uno dei migliori film di Clint Eastwood con protagonista Hilary Swank. La trentenne Maggie Fitzgerald vuole diventare una campionessa di pugilato. Con forza e determinazione riuscirà a far credere nel suo progetto anche il manager di pugilato Frankie Dunn. I due inizieranno ad allenarsi in un lasso di tempo quasi proibitivo ma che li porterà ad instaurare quel legame padre – figlia tanto voluto da Frankie. Un Clint Eastwood in gran forma, che mixa insieme al suo modo di recitare, duro e magnetico, la freschezza e la determinazione di Hilary Swank. Il pugilato che dovrebbe essere il tema centrale, passa in secondo piano per dare spazio alle emozioni, alla crudeltà della vita che a volte ci pone davanti ad ostacoli insuperabili.
Il film presenta una trama semplice e lineare, ma trattata con riguardo verso sentimenti, paure e coraggio. Tutti temi che fanno sì che il tono ed il ritmo siano pacati ma mai lento. Uno dei migliori film drammatici da vedere riuscitissimo che ha convinto critica e pubblico. Million dollar baby ha vinto 4 premi Oscar su 7 nominations, tutti nelle categorie principali: Miglior film, regia, attrice protagonista, attore non protagonista.
Film drammatici 2005 – 2010
I segreti di Brokeback Mountain (2005)
I segreti di Brokeback Mountain merita l’ingresso nella nostra classifica in quanto rappresenta quell’amore puro e convincente, che esplode come una forza della natura, che almeno una volta nella vita tutti speriamo di vivere. Un amore persistente e vero nonostante le convenzioni dell’epoca lo proibiscano. I cowboy Ennis (Heath Ledger) e Jack (Jake Gyllenhaal) sono due uomini che vengono ingaggiati, da un rancher di una cittadina del Wyoming, per portare a transumare le mandrie sul monte Brokeback. I due dapprima diffidenti l’uno dell’altro si scopriranno poi molto vicini e affiati, tanto da diventare amanti. Tra i due scoppia una passione travolgente che li accompagnerà per tutta la loro vita.
I due amanti però cercheranno di aderire alla maschera del cowboy in ogni modo, fuggendo dalla lor amore e rifugiandosi nella morale omofoba del Wyoming degli anni ’60. Ang Lee dirige questa perla del cinema drammatico e sentimentale, racconta l’amore omosessuale; spoglia letteralmente i due uomini dalle vesti di cowboy visti nei western del passato, per dare loro degli indumenti nuovi, più sensibili e passionali. Per questo film Ang Lee vinse il premio Oscar come Miglior regia.
I figli degli uomini (2006)
Il film di Alfonso Cuarón è un ibrido tra un film drammatico e di fantascienza, che si focalizza su un possibile futuro distopico. Ci troviamo in Inghilterra nel 2027 e da 18 anni non nascono bambini a causa dell’infertilità che ha colpito gli uomini di tutto il mondo. Londra è assediata da forze nazionaliste che vogliono cacciare dal paese gli immigrati che lo abitano. Theo Faron (Clive Owen), un ex attivista politico, viene coinvolto dalla ex moglie, Julian (Julianne Moore), a partecipare a una missione finalizzata alla protezione di una giovane ragazza incinta che potrebbe salvare la razza umana.
La storia messa in scena da Cuarón nel suo film, tratta dal romanzo di P.D. James, riflette, in maniera spropositata, la realtà odierna, se ci pensiamo bene. Il caos che ormai domina il mondo, il progressivo annientamento dell’essere umano, la guerra, la violenza sono solo alcuni i temi trattati dall’opera del regista messicano, che lo fa come solo lui sa fare. L’utilizzo della macchina a mano e del piano sequenza, in numerose inquadrature, ma, soprattutto, la splendida fotografia di Emmanuel Lubezki donano al film una drammaticità, quasi un’angoscia, che sarà costante per tutta la durata della vicenda. Qui sotto una delle sequenze più belle.
Little Miss Sunshine (2006)
La vicenda è semplice: Olive Hooper, graziosa bambina di 7 anni, ha il sogno di partecipare e di vincere un concorso di bellezza in California. Con lei parte anche tutta la sua famiglia: il padre e leader motivazionale Richard, la madre Sheryl, lo zio Frank, tra i massimi conoscitori di Proust, il nonno “coach” Edwin e il fratello nichilista Dwayne. Una delle storie più semplici di questa lista ma con un’intensità unica e difficile da trovare in film contemporanei.
Oltre a far riflettere sulla vita, sulle proprie scelte, sull’essere felici, il film vi farà ridere, piangere, pensare ed innamorare dei personaggi. Passo passo ci si affeziona a questa famiglia che, ancora una volta, grazie alla lunga traversata dal Nuovo Messico alla California, si riunisce per rendere felice la più piccola del gruppo. Una scrittura eccellente e una caratterizzazione perfetta dei personaggi rendono questo film uno dei titoli drammatici più interessanti degli ultimi vent’anni.
Il petroliere (2007)
Daniel Plainview è un cercatore d’argento e un giorno trova nell’ovest degli Stati Uniti il petrolio, diventando nel giro di poco tempo un magnate dell’industria petrolifera. L’uomo diventa ogni giorno sempre più avido, condizione che lo porterà ad isolarsi e ad allontanarsi anche da lui stesso. La pellicola è ambientata ad inizio ‘900 quando il capitalismo e la modernità sono alle porte. Un periodo cupo della storia americana, percepibile dai colori scuri che impregnano il film dall’inizio alla fine. Un richiamo di certo al petrolio, oggetto del desiderio di molti uomini in quel periodo.
Gli uomini sono mossi dal desiderio di ricchezza che li conduce a schiavizzare il prossimo solo per estrarre il cosiddetto oro nero. Minerale che ha corroso l’America ed i suoi detentori capitalisti e che ha portato milioni di persone a diventare un tutt’uno con la terra. Un film veritiero ed autentico che raffigura con estremo realismo le ceneri da cui è sorta l’America capitalista di oggi. Oscar a Daniel Day – Lewis che nel film è il petroliere del titolo. Il petroliere è uno dei migliori film del regista Paul Thomas Anderson (qui la recensione) che sicuramente merita di entrare nella nostra classifica.
Into the wild (2007)
Into the wild forse è il film più apprezzato dello scorso decennio. Sean Penn racconta la storia di Christopher McCandless: un ragazzo della Virginia Occidentale che dopo il diploma decide di intraprendere un viaggio in solitaria per ben due anni fino ad arrivare in Alaska e vivere per qualche mese su un bus abbandonato. Ad interpretare il giovane ragazzo c’è Emile Hirsh, il quale è perfetto per la parte e ritrae il personaggio magnificamente. Il film è tratto dal libro di Jon Krakauer Nelle terre estreme. Sean Penn riesce a fare un quadro perfetto di Christopher McCandless. Racconta semplicemente i sogni e le inquietudini del ragazzo, attraverso un road movie in cui viene catturata tutta la sensibilità del protagonista e non ritraendolo come un eroe moderno o un martire della società consumistica.
Il film è costruito su dei flashback che spezzano tra presente e passato, rendendo così autonomo lo spettatore nel ricostruire i pezzi della storia. Il tutto è reso ancora più d’impatto grazie ad uno splendido lavoro sulla fotografia volto ad esaltare i paesaggi naturali ed incontaminati dell’America del nord; intensificando la dicotomia natura-civiltà dalla quale Chris scappa. Il film è stato accolto positivamente sia dalla critica che dal pubblico tanto da far diventare il Magic Bus, in cui ha vissuto Chris in Alaska, una meta per gli appassionati di avventura.
Onora il padre e la madre (2007)
Non potevamo fare a meno di inserire l’ultima opera di Sydney Lumet, che, in realtà, è un misto tra dramma e thriller. Andy (Philip Seymour Hoffman) e il fratello Hank (Ethan Hawke) hanno un disperato bisogno di soldi e decidono di organizzare una rapina alla gioielleria dei genitori per la quale ingaggiano un terzo complice. Il piano, però, non va come previsto: il terzo rapinatore viene ucciso e la madre dei due fratelli viene ferita gravemente. Andy e Hank dovranno fare i conti con le conseguenze delle loro azioni.
“Before the devil know you’re dead”, questo il titolo originale del film, si rifa ad un antico detto irlandese, “Che tu possa arrivare in paradiso mezz’ora prima che il diavolo si accorga che sei morto”, perfetto per descrivere la situazione di distruzione, di infedeltà, di tradimento che si viene a creare nelle vicenda messa in scena da Lumet. La struttura dell’opera è composta da vari pezzi di un puzzle che si ricongiungeranno con lo scorrere del tempo, attraverso l’utilizzo di flashback che fanno aumentare la drammaticità e la tensione del film. Ma il vero punto di forza della pellicola sono gli attori che Lumet dirige alla perfezione.
Hachiko (2009)
Beh, come non inserire un film drammatico come Hachiko? La storia da cui è tratto il film di Lasse Hallström ha emozionato e commosso generazioni di persone di tutto il mondo. Hachi è il cane di Parker (Richard Gere) e aspetta, ogni giorno, alla stazione il padrone che torna dal lavoro. Un giorno, però, Parker ha un arresto cardiaco e muore. Hachi continua a recarsi alla stazione tutti i giorni per 9 anni aspettando il padrone.
Hachiko è il tipo di film in cui non si può non piangere. Non solamente lo spettatore che ha un cane piange, ma anche chi non lo ha non riesce a trattenere le lacrime. In questo caso, ad essere drammatica è la storia in sé per sé. Si, è un film drammatico ma non solo. La storia di Hachiko è una storia d’amore, di fedeltà, di amicizia, di devozione. E’ una vicenda che andava raccontava e Hallström lo fa in maniera rispettosa. A rendere più emozionante il film, contribuisce anche la splendida colonna sonora composta da Jan A.P. Maczmarek.
Il segreto dei suoi occhi (2009)
Il film di Juan Josè Campanella è uno dei migliori film argentini degli ultimi tempi, tanto da spingere gli americani a farne un remake, che, però, non riesce a stare al passo dell’originale. Benjamín Esposito (Ricardo Darín), pensionato dopo 25 anni di servizio come agente federale del Pubblico Ministero, decide di dedicarsi alla scrittura di un romanzo. Il pensiero va ad un caso rimasto irrisolto che continua a ossessionarlo: quello di una donna uccisa e violentata negli anni Settanta. Benjamín continua con la sua ricerca dovendo fare i conti con un amore mai vissuto, un passato complicato e la verità sulla morte della donna che non riesce a dimenticare.
Campanella mette in scena un film, allo stesso tempo, drammatico, thriller, politico e sentimentale. La struttura innovativa del film riesce, attraverso continui flashback, a non far perdere la concentrazione allo spettatore che non può distogliere gli occhi dallo schermo. Gli eventi delle due diverse epoche, mostrate in modo alternato, si incastrano alla perfezione in un film che non dimentica di dar risalto ai sentimenti. La regia, la sceneggiatura e l’interpretazione degli attori sono solo alcuni degli elementi che hanno contribuito alla vittoria del film dell’ Oscar come miglior film straniero.
Film drammatici 2010 – 2018
Perfect Sense (2011)
Probabilmente poco conosciuto il film di David Mackenzie, ma assolutamente da vedere. In un mondo dove gli esseri viventi sono ormai in via d’estinzione, Susan, una ricercatrice scientifica, (Eva Green) e Michael, uno chef, (Ewan McGregor) si innamorano. L’umanità è colpita da un’epidemia che porterà progressivamente alla perdita dei cinque sensi. I due vivranno una storia d’amore profonda e intensa basata sulla scoperta dell’altro e di sé stessi, nonostante il mondo sembri non provare nessun sentimento.
Perfect Sense è un film che emoziona e fa riflettere. E’ interessante notare come l’amore tra i due protagonisti cresca sempre di più, quasi in contemporanea con l’aumento dell’epidemia che contagia tutti. La regia, che alterna scene tra i due a quelle che mostrano la perdita dei sensi nel mondo, riesce perfettamente nell’intento di trasmettere quel senso di intimità, complicità e armonia che si viene a creare tra gli amanti. La scena finale, accompagna dalle note di Max Richter, riesce a racchiudere tutta l’essenza del film e sembra dare un messaggio di speranza.
The Impossible (2012)
L’opera di Juan Antonio Bayona non può che definirsi un dramma nel vero senso del termine. Tratto da una storia vera, il film si centra su Maria (Naomi Watts), Henry (Ewan McGregor) e i loro tre figli. La famiglia arriva in Thailandia nel dicembre del 2004 per trascorrere le vacanze di Natale nella meravigliosa isola tropicale, ma il 26 dicembre uno tsunami si eleva dal mare e distrugge edifici e persone. I membri della famiglia, ormai dispersi, faranno di tutto per ricongiungersi, entrando in contatto con la popolazione del luogo che gli insegnerà cosa significa non arrendersi mai.
Bayona riprende la storia della famiglia spagnola in maniera esemplare mettendo in risalto i sentimenti e l’umanità delle persone in momenti così tragici. La ricostruzione del paesaggio, ormai inesistente, immerso nelle acqua torride è veramente imponente e spettacolare. Una enorme parentesi va aperta per gli attori: un emozionante Ewan McGregor, una Naomi Watts superlativa e un giovane Tom Holland impeccabile.
La grande bellezza (2013)
Paolo Sorrentino, premiato agli Oscar per il miglior film straniero, dirige La grande bellezza con Toni Servillo. Il giornalista Jep Gambardella si destreggia tra il suo lavoro di critico teatrale e gli eventi mondani di Roma. Viene ripresa l’arte, la bellezza e la cultura che affascinano il giornalista e che lo conducono a vivere una vita in nome di esse. Tra feste e serate passate ad elencare i fallimenti di una Roma decadentista, Jep ritroverà se stesso e la sua scrittura. Un film sottile e commemorativo in certi punti, del cinema di Fellini, in particolare viene citata La dolce vita.
Un film che ha raccolto pareri contrastanti per il suo essere a tratti freddo e distante dagli avvenimenti che racconta. Per altri critici invece è una perla del cinema di Sorrentino che ritrae Roma come mai prima. La grande bellezza è il film che ha fatto tornare l’Italia tra i grandi nomi di Hollywood dopo La vita è bella di Roberto Benigni. Un film controverso e discusso ma che merita di essere inserito nella lista dei migliori film drammatici.
Lei – Her (2013)
Her è sicuramente una delle storie d’amore portate sullo schermo più controverse e originali degli ultimi anni. Il film si incentra sulla vita di Theodore (Joaquin Phoenix), un uomo solitario dal cuore spezzato, che si guadagna da vivere scrivendo lettere “personali” mettendosi nei panni di altri individui. Quando prende la decisione di comprare un sistema informatico di nuova generazione, creato per soddisfare le esigenze dell’utente, la sua vita cambia radicalmente; il protagonista viene catapultato in un vortice di emozioni che lo porteranno a innamorarsi di Samantha, che ha la voce di Scarlett Johansson, e a dubitare di sé stesso. Spike Jonze descrive una società dipendente dalla tecnologia, in cui la gente non riesce ad esprimere i propri sentimenti arrivando al punto di metterli in mano a persone estranee.
Una società dove non si scrive più né con carta e penna né con il computer ma si parla direttamente con il dispositivo, dove ci si rifugia nel mondo irreale per paura di venire feriti nel mondo reale. La cosa che più sorprende del film di Jonze è il fatto che più la pellicola avanza e più ci si dimentica che la voce di Scarlett Johansonn non si ricollega a una persona in carne ed ossa. Eppure la relazione tra i due è così reale e intensa che, nonostante Samantha sia invisibile, sembra materializzarsi, per certi versi, accanto a Theodore. Insomma, non è un una storia sulla tecnologia, ma una vera e propria storia d’amore. La leggerezza con cui viene trattato questo argomento toglie al film ogni rischio di ricadute nel banale, merito, per la maggior parte, della sceneggiatura, firmata dallo stesso regista, che gli è valsa l’Oscar.
Still Alice (2014)
Oscar consegnato a Julianne Moore come miglior attrice protagonista per aver interpretato Alice Howland. Una donna forte e dinamica che da un giorno all’altro si ritrova catapultata nel mondo di una forma precoce di Alzheimer. La malattia piano piano la condurranno fuori dalla sua vita, facendole perdere il contatto con chi ama e con il suo lavoro di insegnante. Still Alice è un film penetrante, sottile e delicato che racconta nel dettaglio una malattia ancora poco conosciuta. Ne ritrae i retroscena e come una persona convive con una malattia. Mostra i momenti di down e di lucidità evidenziando come l’Alzheimer sia imprevedibile e dilaniante.
Dunque, Still Alice è un film drammatico toccante e profondo, a tratti anche sconvolgente che sensibilizza lo spettatore e la critica alle tematiche. Si pensa sempre che niente possa scalfirci e invece sul più bello c’è sempre qualcosa che manda a monte i piani. La vita di Alice perfetta sotto ogni punto di vista, viene rovesciata da una malattia incontrollabile. Questo per farci capire quanto sia imprevedibile la vita e quanto sia importante vivere ogni momento appieno e senza rimorsi.
Boyhood (2014)
Boyhood è un film indipendente diretto da Richard Linklater. Racconta la storia di un bambino, Mason, dall’età dei 6 ai 19 anni ed il rapporto con il divorzio dei genitori e i più duri cambiamenti della sua vita. Dall’ingresso al college, ai diversi matrimoni della madre, il rapporto conflittuale con la sorella e la nuova relazione del padre. La particolarità del film sta nel fatto che Linklater riprende la vita di Mason dall’età reale dell’attore, ovvero iniziò a girare il film nel 2002 e una volta l’anno fino al 2013 radunò ogni volta l’intero cast per continuare a girare. Dando così un aspetto più che di realtà e veridicità all’intero film. Per questo suo aspetto il film ha ricevuto grandi ovazioni da critica e pubblico definendolo uno dei migliori film del regista.
L’elemento del tempo per il regista Linklater è un punto ferma nel suo cinema. Infatti, come anche nella trilogia del tramonto che vennero rispetti gli stessi anni di distanza nella realtà e nel film; anche in Boyhood è presente e ne diviene il perno di tutto il film. Per questo suo essere girato nell’arco di 11 anni, Boyhood ha il primato di essere il film per il quale si impiegò più tempo. Fu candidato a diversi premi Oscar, tra cui Miglior film, regia e attore non protagonista, vincendo solo quello per la Miglior attrice non protagonista andato a Patricia Arquette.
Mommy (2014)
Xavier Dolan dirige un dei film drammatici migliori degli ultimi anni. Mommy parla di una donna, Diane, mamma single con un figlio carico affetto da disturbi mentali che lo fanno entrare ed uscire spesso da istituti di riabilitazione. Nella loro vita appare Kyle, una nuova vicina balbuziente e remissiva che instaura un legame particolare con la famiglia. La particolarità del film sta nel suo formato, precisamente un 4:3. Un formato inusuale che prevede un’inquadratura con una sola persona. Il formato così ristretto fa pensare ad una gabbia che intrappola una madre ed un figlio condannati all’infelicità. Dopo un inizio al limite del divertimento, fotogrammo dopo fotogrammo si passa ad un livello di compassione che diviene poi un inferno. Il film pare una trappola per i protagonisti che non vi riescono ad uscire, come rinchiusi in un loop eterno.
Mommy ha ricevuto recensioni positive sia sul comprato tecnico che su quello narrativo da parte di critica e pubblico. In particolare, ne elogiano l’aspetto tecnico del formato 4:3, un formato innovativo estremamente significativo per la comprensione del film. Esso infatti provoca un disagio ed un’infelicità non solo nei protagonisti ma anche nello spettatore che lo guarda. Un film da vedere assolutamente.
Interstellar (2014)
L’epopea spaziale di Cristopher Nolan, un dramma cosmico che ancora oggi divide i cinefili su chi lo considera un capolavoro e chi un film pieno di difetti. Ciò che è certo, è che un prodotto che spinge lo spettatore alla riflessione e a diverse domande esistenziali. Il dramma qui è in veste familiare, e riguarda quello di un padre e una figlia, divisi nel tempo, in realtà diverse, che si lambiscono ma mai abbastanza. Lacrima assicurata e tanta, tanta, fascinazione.
Non essere cattivo (2015)
Probabilmente uno dei film drammatici italiani migliori degli ultimi anni. In una Ostia del 1995, Vittorio (Alessandro Borghi) e Cesare (Luca Marinelli) sono amici da una vita e sono inseparabili. I due, però, non riescono a rinunciare alla droga, al fumo, allo spaccio. In seguito a delle allucinazioni avute durante una delle solite serate, Vittorio decide di cambiare vita conoscendo Linda (Roberta Mattei), trovando lavoro come operaio e cercando di mettere la testa a posto. Cesare, invece, non riesce a dire addio agli sfrenati eccessi della vita che ha sempre conosciuto.
L’ultima opera di Claudio Caligari, che chiude la trilogia del regista e segna la fine dell’era cosiddetta “pasoliniana”, riprende, per molti versi, Amore tossico, ad iniziare dalla prima scena che è pressoché uguale nei due film. Caligari riesce a presentare, in maniera profonda e sincera, una realtà sempre attuale e che fa preoccupare. La semplicità, chiarezza ma, ancora di più, l’autenticità dei dialoghi contribuiscono a rendere il film crudo ma vero. Una parola va spesa anche per le interpretazioni di Borghi e Marinelli che donano ai personaggi l’umanità che necessitano.
Animali notturni (2016)
Il film di Tom Ford, probabilmente, è un film a metà tra i film drammatici e i thriller, ma, di sicuro, non può mancare nella nostra lista. Susan (Amy Adams) è una gallerista e vive la sua vita monotona con il marito a Los Angeles. Un giorno riceve un romanzo intitolato Animali notturni scritto da Edward Sheffield (Jake Gyllenhaal), l’ex marito. Susan inizia a leggere il manoscritto che ha come protagonista un certo Tony Hastings e più procede con la lettura più ritrova nel romanzo elementi o situazioni che sente appartenerle e che la portano a ripensare alla sua storia con Edward.
Tom Ford torna, nel 2016, a firmare la sua seconda opera. Le atmosfere cupe, grigie e malinconiche apportano quell’aura di drammaticità che contribuisce a rendere efficace un film che, già con la splendida sceneggiatura, non poteva che raggiungere il successo meritato. Il senso di inquietudine e angoscia che accompagna lo spettatore, durante tutta la pellicola, è costruito in maniera perfetta attraverso un susseguirsi di sequenze che alternano momenti della lettura del romanzo, ricordi passati tra Susan ed Edward e episodi descritti nel manoscritto. L’interpretazione di Michael Shannon e Aaron Taylor-Johnson non fanno che completare un quadro già di per sé elegante ma crudele e devastante.
Manchester by the sea (2016)
Sicuramente uno dei drammi con la “d” maiuscola più belli degli ultimi anni. Lee Chandler (Casey Affleck) è un uomo piuttosto solitario e riservato che lavora come tuttofare in un edificio a Boston. In seguito all’improvvisa morte del fratello (Kyle Chandler), Lee viene nominato tutore legale del nipote, Patrick (Lucas Hodges). La convivenza con il nipote lo riporterà a Manchester dove torneranno a galla ricordi ed eventi passati che lo porteranno a ripensare alla sua vita.
Il film di Kenneth Lonergan è un vero e proprio pugno nello stomaco. Senza grandi pretese, il regista e sceneggiatore statunitense mette in scena un dramma familiare che commuove per la fragilità che emerge nei protagonisti della storia. Casey Affleck offre una delle migliori interpretazioni, probabilmente la migliore, della sua carriera che gli vale l’Oscar per il Miglior attore protagonista. Manchester by the sea è un film che tocca il cuore dello spettatore perché spoglia l’essere umano e lo mostra per la sua vera natura.
Io prima di te (2016)
Risate e lacrime. Tante. Sì perché Io prima di te a dispetto del genere di appartenenza (dramma sentimentale) strappa fragorose risate, ben più di quei film che si professano come “commedie”. Certo, fino a quando il dramma non prende il sopravvento nel terzo atto del film rientrando in pieno nella categoria dei film drammatici.
La trama non è originalissima, c’è una ragazza che si innamora di un uomo diventato tetraplegico e che, vittima della sua condizione, desidera morire. Ma a dispetto dell’oleografia, risulta un film convincente che sa toccare con una grande tenerezza le corde dell’emozione. Una storia che costringe a porsi delle domande, a riflettere su tutto ciò che abbiamo e che troppo spesso diamo per scontato. Consigliato agli idealisti, agli inguaribili sognatori e a chi non vuole saperne di arrendersi.
Silence (2016)
Nel film di Martin Scorsese si narrano le drammatiche vicende di due padri gesuiti portoghesi partiti per il Giappone con l’intento di ricercare il loro mentore, Padre Ferreira. Uno dei film drammatici più intensi e struggenti del regista americano. Durante il loro viaggio, verranno a conoscenza delle tremende persecuzioni che lo shogunato applicava ai danni dei credenti cristiani. La pellicola ci descrive come l’umanità abbi sempre cercato conforto nella fede, mezzo d’illusione e al contempo di speranza, verso le stringenti inquietudini esistenziali. Inquietudini che, probabilmente, avranno fatto breccia nello Scorsese cineasta che ha ben pensato di raccontarle in un film con la maestria artistica e la sensibilità di chi si avvicina ad una maturità significativa.
Un film che palesa con una forza empatica travolgente tali dilemmi: dove può spingersi la fede in Dio? Fino a quanto l’uomo è disposto a sopportare il silenzio, l’intangibilità, di una divinità che sembra sorda come non mai alle nostre invocazioni? E queste domande sono gettate fotogramma dopo fotogramma in faccia al pubblico con una violenza tale da far vacillare anche gli atei più convinti. E’ anche un film sulla tortura: quella spirituale dei due protagonisti (Andrew Garfield e Adam Driver), quella carnale dei personaggi secondari, entrambe rappresentate magnificamente dal regista che riesce addirittura a rendere più insopportabile la prima rispetto alla seconda.
Call me by your name (2017)
Elio è un ragazzo di 16 anni che sta scoprendo l’amore a piccoli sorsi. Il ragazzo e la sua famiglia sono soliti a passare le estati in Italia e il padre, ogni estate prende con se uno stagista per aiutarlo con il suo lavoro di critico d’arte. Quell’estate arriva in Italia Oliver, un ragazzo di 24 anni americano e per Elio sarà fondamentale per capire quello che vuole dalla sua vita. I due ragazzi si scoprono e si innamorano ma le convenzioni sociali non permettono di fargli vivere liberamente questo amore. Una storia d’amore struggente ma allo stesso tempo romantica, tratta dall’omonimo libro di André Aciman. La pellicola chiude la “trillogia del desiderio” dopo Io sono l’amore e A Bigger Splash.
Luca Guadagnino dirige un film sottile e tra i migliori della sua carriera che ha incantato pubblico e critica di tutto il mondo. Call me by your name ha vinto anche il premio Oscar come miglior sceneggiatura non originale a James Ivory. Infatti, la sceneggiatura, i dialoghi e la trama sono costruiti magistralmente. In particolare, una menzione speciale va al dialogo finale tra Elio e il padre sulle conseguenze dell’amore. Una pellicola romantica, ma anche drammatica che segue le vicende di un amore struggente e del disagio giovanile nel sentirsi diversi e non accettati.
A star is born (2018)
La sola presenza della coppia Bradley Cooper-Lady Gaga rappresenta un buon pretesto per vedere A star is born. Un dramma romantico e profondo che sviscera l’amore nei suoi più intimi particolari. Lady Gaga è Ally, una giovane donna che vuole a tutti i costi sfondare nel mondo della musica. Nel locale in cui canta una sera arriva Jack, un noto cantante country, che la nota e ne fa la sua pupilla. Tra i due nasce l’amore, Ally presto diventerà una star della musica pop, mentre Jack, sempre più sommerso dall’alcool, entra in un vortice che porterà la coppia ad affrontare i primi problemi. Un film profondo in cui regna l’amore fin dalle prime immagini. Quell’amore che ti stravolge l’anima e che ti fa compiere pazzie in nome di esso.
I due attori sono perfetti insieme, trasmettono passione e drammaticità allo stesso tempo dimostrando di essere a proprio agio nei ruoli al centro dei film drammatici. Si nota la chimica e l’intesa, elementi che hanno permesso al film di riuscire in ogni sua parte. A star is born racconta l’amore, quello vero, in ogni sua parte dai momenti di luce fino a quelli di buio. Un film profondo e perfetto sotto tanti punti di vista che ha sconvolto critica e pubblico in sala. Una pellicola umana, sentimentale e drammatica come poche, un remake che forse ha superato pure l’originale.
Sulla mia pelle (2018)
Alessandro Borghi è Stefano Cucchi nel film Sulla mia pelle, uno dei film drammatici più toccanti degli ultimi anni. La pellicola racconta l’ultima settimana di vita di Stefano Cucchi, ragazzo romano arrestato e condannato al carcere per detenzione illegale di droga e poi picchiato e malmenato dai carabinieri. Motivo che ne ha causato la sua morte. Un film pesante da digerire e scomodo sotto alcuni punti di vista. Poiché racconta una verità, un momento di storia italiano buio e raccapricciante, uscito allo scoperto solo da poco tempo. Una storia vera tenuta nascosta per anni che grazie alle indagini ha reso giustizia ad una famiglia in cerca di pace. Il film prodotto e distribuito sulla piattaforma di Netflix ha avuto riscontri più che positivi sia dalla critica che dal pubblico.
Per il ruolo Alessandro Borghi vinse il David di Donatello come miglior attore protagonista. Nel cast figura anche Jasmine Trinca nel ruolo della sorella Ilaria, e Max Tortora nel ruolo del padre Giovanni. Sulla mia pelle è profondo e vero allo stesso tempo, ha permesso di far capire a tantissime persone l’orrore delle carceri italiane e del sistema penitenziario. Perché come lui anche tanti altri prima e dopo sono stati vittima di ingiustizie e percosse.
Dogman (2018)
Matteo Garrone dirige Dogman uno dei migliori film drammatici recenti italiani. La pellicola è ispirata alle vicende del Delitto del Canaro, ovvero l’omicidio del criminale e pugile Giancarlo Ricci, per mano di Pietro De Negri, detto er canaro, avvenuto a Roma nel 1988. Una pellicola sottile e intelligente che prendendo spunto da un fatto di cronaca nera, illustra la periferia romana degradata dalla corruzione e dall’ignoranza delle persone che sanno ma non parlano. In questo scenario, raccontato e disegnato magistralmente, Garrone inserisce i suoi personaggi, Marcello e Simone, il cane e il padrone. Simone, ex pugile, gestisce un traffico di droga che ha come punto base il negozio di tolettatura di Marcello.
Il degrado della periferia e del comportamento dei cittadini è reso da una fotografia cupa e spenta che evidenzia colori basici e statici paragonabili all’indole passiva dei personaggi. Dogman ha avuto riscontri positivi dalla critica e dal pubblico che ha elogiato particolarmente la performance di Marcello Fonte nel ruolo di Marcello, e di Edoardo Pesce in quello di Simone. Per l’interpretazione Fonte vinse anche il Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes.
Roma (2018)
Concludiamo la lista dei migliori film drammatici con un film sottile e innocente come i suoi personaggi: Roma di Alfonso Cuarón. Film uscito sulla piattaforma Netflix ha riscosso un enorme successo tra la critica aggiudicandosi anche diversi premi agli Oscar dell’ultimo anno, per la miglior regia, miglior film straniero e fotografia. Il film racconta la storia di una domestica messicana in una famiglia allo sfascio a causa delle continue scappatelle del marito e una moglie che fatica a credere possibile la cosa. Cleo, la domestica, si occupa della casa e dei bambini della coppia, intenta a farli crescere lontano dai disastri dei genitori.
Una pellicola toccante e dolce, che si sofferma sui visi e sulle espressioni delle donne, vere capi saldi di una famiglia. Un dramma che ha stregato Hollywood per la trama introspettiva e per una fotografia sconvolgente. Un film dolce e sottile, che entra dentro chi lo guarda per i modi e la trattazione che ha. Da tanto non si vedeva un film drammatico con un’intensità così alta da far piangere sin dall’inizio. Infatti, la storia ed i personaggi, sono costruiti nel dettaglio per innescare una certa commozione in chi guarda. Assolutamente da vedere!
I titoli più recenti
Storia di un matrimonio (2019)
Tra i film drammatici più belli del 2019 c’è sicuramente Storia di un matrimonio di Noah Baumbach. Adam Driver e Scarlett Johansson sono i protagonisti di una storia toccante, straordinariamente reale, malinconica disperata e tenera allo stesso tempo. Charlie è un brillante regista teatrale, talentuoso e affermato; è sposato con Nicole, un’attrice che ha abbandonato il sogno del cinema per recitare nella compagnia del marito a teatro. I due hanno un figlio, Henry, e vivono a New York. Il loro matrimonio, già traballante, entra in una crisi definitiva quando a Nicole viene offerto, a Los Angeles, il ruolo principale in una serie tv. Esplode il conflitto, con Nicole intenzionata ad affrancarsi dagli egoismi di Charlie e rifarsi una vita e Charlie deciso a dimostrare di essere un uomo e soprattutto un padre presente.
Per le loro interpretazioni, sia Adam Driver che Scarlett Johansson hanno ricevuto una nomination all’edizione 2020 degli Academy Awards. In particolare, grazie al ruolo di Charlie, Driver ha confermato di essere uno degli attori più in forma e talentuosi sulla scena. Magnifica la regia di Baumbach, anche autore di una sceneggiatura perfetta. Storia di un matrimonio, fra sorrisi amari, rabbia e malinconia è la radiografia del tramonto di una relazione. Bravi anche Laura Dern e Ray Liotta nei ruoli degli avvocati dei due protagonisti. Senza dubbio uno dei film drammatici del 2019 da recuperare senza esitazione o rivedere.
Parasite (2019)
Difficile incasellare Parasite in un solo genere; l’opera di Bong Joon Ho è insieme una commedia, un thriller e un dramma. Primo film sudcoreano nella storia ad essere candidato agli Oscar, ne vince ben quattro: miglior film, regia, sceneggiatura originale e film straniero. Un trionfo meritatissimo per un film che non smette mai di stupire, colpire, letteralmente esaltare lo spettatore nei suoi 130 minuti di durata. Una scrittura formidabile, un mix di ironia e tragedia, un cast perfetto e la profonda analisi sociologica rendono Parasite uno dei film drammatici migliori degli ultimi anni. Riprendiamo il focus da cui prende avvio la storia attraverso la sinossi.
Ki woo viene da una famiglia povera e tuttavia molto unita. Quando un suo amico gli propone di sostituirlo come tutore del figlio di un ricco magnate, il ragazzo riesce a procurare un lavoro anche alla sorella usando la propria arguzia. Arguzia che si traduce in un piano architettato dalla famiglia Kim fin nei minimi dettagli, raccontato dal regista con maestria senza pari. Fino a una svolta sorprendente e a un climax drammatico che toglie letteralmente il fiato.
Joker (2019)
Tra i film drammatici da vedere del 2019 non può non esserci Joker, cinecomic d’autore di Todd Phillips con protagonista Joaquin Phoenix. Per la sua performance monumentale, Phonex ha vinto nel 2020 il premio Oscar come miglior attore protagonista. Joker si è aggiudicato inoltre il prestigioso Leone d’Oro alla 76° Mostra del Cinema di Venezia. Accanto a Joaquin Phoenix nel cast anche Robert De Niro, Zazie Beetz e Frances Conroy. La genesi del Joker, qui, coincide con l’esplosione di rabbia violenta cui Arthur Fleck soccombe quando non è più in grado di sopportare il peso insostenibile di un’esistenza da reietto, da ultimo.
Film cupo, carico di tensione, con una colonna sonora (premiata con l’Oscar) e una fotografia in grado di restituire persino da sole il buio, l’angoscia e la follia del protagonista. Da molti considerato un film controverso e addirittura pericoloso, Joker è una delle opere più importanti della scorsa stagione cinematografica; non ha mancato di far discutere e sorgere teorie – alcune piuttosto fantasiose – sul suo finale ambiguo e in qualche modo “aperto”.
Dolor y gloria (2019)
Altro film, altro giro di candidature agli Academy Awards 2020. Dolor y gloria di Pedro Almodovar ha ricevuto due nomination: una per il miglior film straniero, l’altra ad Antonio Banderas per il miglior attore protagonista. La storia è quella di Salvador Mallo, un regista cinematografico vittima da tempo di un blocco creativo. Soffre di disturbi sia fisici che psicosomatici e vive una vita di ricordi, aggrappandosi spesso al passato. Quando incontra un vecchio amico, Alberto, la crisi di Salvador si acuisce ulteriormente e il regista cade vittima della dipendenza da eroina.
Dolor y gloria può essere considerato una sorta di testamento artistico di Almodovar; rievoca tutti gli echi del suo cinema e tutti i luoghi più simbolici della sua visione, celebrando nel contempo il Cinema stesso. Film malinconico e fortemente personale, Dolor y gloria entra a pieno diritto nell’elenco dei film drammatici da vedere assolutamente secondo FilmPost.
1917 (2019)
Il 6 aprile del 1917 sembra che l’esercito tedesco sia in ritirata da un settore del fronte occidentale; la ricognizione aerea scopre però che si tratta di una mossa strategica. I Caporali Blake e Schofield ricevono l’incarico di consegnare al Colonnello Mackenzie di interrompere l’attacco programmato del suo battaglione. Ha inizio un’impresa quasi impossibile, una corsa contro il tempo per salvare 1600 uomini tra i quali anche il fratello del caporale Blake. Il war movie di Sam Mendes entra nella top dei film drammatici del 2019 per il suo perfetto equilibrio tra le azioni belliche e il dramma – lo strazio – personale dei protagonisti. Strazio che lo spettatore vive in ogni momento grazie alla scelta di raccontare attraverso un “unico”, lunghissimo e implacabile piano sequenza.
Il dramma è nei corpi dilaniati sul campo di battaglia, nella sensazione di pericolo che si percepisce ogni minuto, nel volto dei protagonisti. George MacKay è straordinario nel ruolo del Caporale Schofield, la cui compagna fedele lungo tutto il “viaggio” è la paura. 1917 è senza alcun dubbio una prodezza tecnica; ma mai, neanche per un momento, l’aderenza alla scelta stilistica annulla il coinvolgimento dello spettatore. La guerra come strazio, obbedienza, fatica fisica e psicologica, senza retorica ed eroismi. Incantevole la fotografia curata da Roger Deakins, premiata con l’Oscar agli scorsi Academy Awards.
Cattive acque (2019)
Rob Bilott è un avvocato ambientale socio di uno studio legale che difende le aziende chimiche. È il 1998 quando un allevatore si presenta al suo studio per chiedergli assistenza legale. Centinaia di animali della sua fattoria stanno morendo tra atrici sofferenze; Bilott deve aiutarlo a dimostrare che la colpa è della DuPont, che sversa sostanze chimiche nelle acque. Inizia così una battaglia legale che durerà anni e che metterà a dura prova la carriera e la vita privata dell’avvocato.
Il film diretto da Todd Haynes è la cronaca della vera battaglia legale dell’avvocato Bilott, qui interpretato da Mark Ruffalo. Una storia che somiglia molto alla parabola di Davide contro Golia, la storia di un uomo che contando solo sulle sue forze combatte contro un gigante potente e rispettato. Mark Ruffalo è artefice di un’ottima prova, basata anche su uno studio attento, meticoloso del personaggio. Il forte impatto e il valore della storia, unita a una prova attoriale sempre coinvolgente e ispirata, fanno di Cattive acque un film drammatico da vedere assolutamente.
Favolacce (2020)
Iniziamo la proposta di film drammatici da vedere del 2020 con un titolo italiano, Favolacce, per la regia dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo. Il film si è aggiudicato l’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura allo scorso Festival del Cinema di Berlino e ha al centro le vicende di alcune famiglie del quartiere di Spinaceto. Contrariamente a quanto potrebbe suggerire il titolo, siamo lontani anni luce da una favola; seguiamo infatti l’amplificarsi del disagio esistenziale di queste famiglie che cresce fino a esplodere, con conseguenze drammatiche soprattutto sui figli. Una favolaccia, appunto, che fa luce sui lati più torbidi dell’essere umano.
La sceneggiatura, firmata dagli stessi D’Innocenzo, è la perla del film; simbolica e allo stesso tempo concreta, dura, capace di trascinare lo spettatore destabilizzandolo. La crescita, qui, è raccontata come un vero e proprio dramma, il peggiore che si possa immaginare; più che una crescita, un vero e proprio tornare indietro. Ottima la prova del cast nel suo complesso, in un film che dà lustro da solo all’intero panorama cinematografico italiano.
Miss Marx (2020)
Restiamo in Italia per un altro dei film drammatici usciti nel 2020 da non perdere. In un anno particolarmente difficile per il mondo dello spettacolo, Miss Marx di Susanna Nicchiarelli è stato presentato in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Miss Marx porta in scena il ritratto di Eleanor Marx, figlia del celebre Karl. Un ritratto soprattutto privato, che privilegia l’indagine intima e profondamente umana del personaggio. Susanna Nicchiarelli ci parla, quindi, in primis di una donna che – se non fosse per le scenografie e i costumi – potrebbe essere una donna di oggi. Temi e spunti fortemente contemporanei in un film che parla la nostra lingua.
Romola Garai è una Eleanor tanto forte e determinata quanto fragile e insicura; un personaggio malinconico magnificamente interpretato. Bella anche la scelta dei brani per la colonna sonora, seppur non particolarmente originale. Miss Marx è commentato dalle musiche punk-rock dei Downton Boys e degli italiani Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo; il risultato è quello di un forte tono ironico e brillante.
Sto pensando di finirla qui (2020)
Lucy va con il fidanzato Jake a conoscere i genitori di lui, che vivono in una fattoria isolata. Durante il viaggio Lucy e Jake parlano senza sosta anche se, in fondo, non si ascoltano mai sul serio. Allo stesso tempo, la ragazza continua a rimuginare fra sé e sé, sulla propria esistenza. I genitori di Jake sembrano persone alla mano, aperti e tutto sommato piacevoli; presto, però, il soggiorno a casa loro si trasforma per Lucy in una esperienza sempre più sgradevole. Ispirato al romanzo omonimo di Iain Reid, Sto pensando di finirla qui è un film dal quale bisogna lasciarsi avvolgere, decidendo di stare alle regole di scrittura di Charlie Kaufmann.
Occorre lasciarsi trasportare perché il film di Charlie Kaufmann richiede una partecipazione quanto mai attiva da parte dello spettatore. Vi sono infatti vari livelli e varie chiavi di lettura: critica sociale, analisi psicologica, indagine delle paure che affliggono l’essere umano. Il tutto fra trovate surreali e grottesche, frequenti salti temporali, allegorie e un ritmo piuttosto frammentato. Sto pensando di finirla qui è tra i film drammatici da vedere, anche se potrebbe deludere chi da un film si aspetta linearità e coerenza assoluta nella narrazione.
Da 5 Bloods (2020)
Proseguiamo la nostra carrellata di film drammatici da vedere con l’ultima fatica di Spike Lee, Da 5 Bloods, uscito su Netflix a partire dallo scorso 12 giugno 2020. Paul, Otis, Eddie e Melvin sono quattro veterani del Vietnam uniti da un forte legame di amicizia. Più che amici, sono una vera e propria famiglia; questo grazie anche al loro caposquadra Stormin’ Norman (Chadwick Boseman). I quattro tornano in Vietnam per trovare i resti di Norman e mettere mano su una cassa d’oro recuperata durante la guerra. È l’inizio di una missione che farà emergere non pochi conflitti nel gruppo di amici e diversi problemi; soprattutto quando entra in scena il personaggio di Desroche.
Spike Lee continua a parlare dell’America dal punto di vista politico e sociale, trattando le tematiche a lui più care. In Da 5 Bloods si parla di razzismo, di fratellanza e di guerra, anche se siamo ben lontani dalle caratteristiche tipiche del war movie. Ottime le interpretazioni degli attori nel ruolo dei loro rispettivi personaggi, fra l’altro anche molto ben caratterizzati dal punto di vista narrativo.
Supereroi (2021)
La storia d’amore di Marco e Anna, legati da un’incognita che nessuna formula può svelare. Lui è un
professore di fisica convinto che tutto abbia una spiegazione, lei una fumettista con un carattere
impulsivo e nemica delle convenzioni. Il racconto è molto ben scritto, i dialoghi sono originali e
mescolano il dramma con un po’ di umorismo. I personaggi protagonisti sono le caratteristiche
migliori del film. Non solo per la scrittura, ma, soprattutto, per gli attori protagonisti, Jasmine
Trinca e Alessandro Borghi: credibili, molto espressivi e perfettamente a loro agio nei loro ruoli.
La scuola cattolica (2021)
In un quartiere residenziale di Roma sorge una nota scuola cattolica maschile dove vengono educati
i ragazzi della migliore borghesia. Le famiglie sentono che in quel contesto i loro figli possono
crescere protetti. La pellicola è tratta dall’omonimo romanzo vincitore del Premio Strega del 2016,
scritto da Edoardo Albinati. Il libro è ispirato a fatti di cronaca realmente accaduti, cioè, il massacro
del Circeo. L’ottima sceneggiatura racconta con molta onestà e crudeltà il drammatico evento. Si
dedica anche alla parte emotiva e psicologica, non solo delle vittime, ma, anche, degli aggressori.
La regia è precisa e segue passo passo i protagonisti. L’intero cast funziona benissimo.
È stata la mano di Dio (2021)
Negli anni 80 a Napoli, un ragazzo ha l’occasione di vivere uno dei sogni più grandi degli amanti
del calcio, quando giunge nella sua città il goleador Diego Maradona, ma a questa grande gioia si
accompagnerà una tragedia inaspettata. Dalla sceneggiatura è chiara l’importanza che ha questo
racconto per Sorrentino, essendo autobiografico. Non mancano i dialoghi surreali del regista.
Conferma, inoltre, la sua classica regia, con scene grottesche. Ovviamente, il protagonista Fabietto è
colui che comanda la storia, con un bravissimo Filippo Scotti, ma c’è anche un altro personaggio
importante, cioè, sua zia Patrizia, un’intensa Luisa Ranieri.
La fiera delle illusioni – Nightmare Alley (2021)
Un giostraio ambizioso con un talento per manipolare le persone con poche parole ben scelte inizia
una relazione con una psichiatra che si rivela essere ancora più pericolosa di lui. La pellicola è
l’adattamento cinematografico del libro Nightmare Alley, scritto da William Lindsay Gresham del
1946. Nel 1947 è stato fatto un film tratto dal romanzo diretto da Edmund Goulding. L’opera di del
Toro è appassionante, grazie a una sceneggiatura scritta bene e coinvolgente. E poi, inogni scena, è
riconoscibile la regia dark di del Toro. Il tutto è aiutato da ottimi costumi dell’epoca e da un cast di
alto livello: Bradley Cooper, Cate Blanchett, Toni Collette, Willem Dafoe, Richard Jenkins, Rooney
Mara e Ron Perlman.
Fino all’ultimo indizio (2021)
Dopo l’operazione al cuore e il divorzio dalla moglie, lo sceriffo Joe Deacon non è più lo stesso, ma
è rimasto ossessionato da un caso irrisolto, relativo alla cattura di un serial killer di giovani ragazze.
A Los Angeles per un piccolo incarico, scopre che la polizia locale sta indaganda su un caso molto
simile per il modus operandi. E si offre di aiutare nelle indagini, nonostante non venga visto di buon
occhio. Deacon, allora, collabora con il detective Jimmy Baxter. Il principale sospettato sembra
essere Albert Sparma, uomo misterioso che ha qualcosa da nascondere. La scrittura è coinvolgente,
perchè racconta una storia piena di tensione emotiva. La regia è funzionale al racconto e poi ci sono
degli attori straordinari, come Denzel Washington, Rami Malek e Jared Leto.
Il collezionista di carte (2021)
William Tell è un ex militare e giocatore di poker professionista. La sua vita meticolosa viene
sconvolta quando viene avvicinato da Cirk, un giovane che cerca il suo l’aiuto per eseguire il suo
piano di vendetta contro un colonnello militare. La pellicola è stata presentata in concorso alla
78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e ha ricevuto molte critiche
positive. Soprattutto, grazie a un’ottima interpretazione di Oscar Isaac, che incarna un uomo dal
passato misterioso. Non è protagonista solo il gioco d’azzardo, ma anche la parte interiore del
personaggio principale. E poi la regia funziona sempre molto bene.
The Guilty (2021)
Nell’arco di una mattinata al centralino di emergenza della polizia, Joe Baylor, un operatore, cerca
di salvare la vita di una persona in pericolo, ma presto scopre che le cose non sono come sembrano.
In questo film la sceneggiatura è ricchissima di tensione drammatica, cosa non facile, visto che è
ambientato in un solo luogo e avviene tutto al telefono. Jake Gyllenhaal recita di persona ed è
straordinario, molto umano e credibilmente provato. Poi ci sono Peter Sarsgaard, Ethan Hawke e
Paul Dano che interpretano i loro personaggi attraverso il telefono, facendo un ottimo lavoro.
Spencer (2021)
Nel 1991, durante le vacanze di Natale con la famiglia reale a Sandringham House, nel Norfolk,
Diana Spencer decide di porre fine al suo matrimonio da tempo in crisi con Carlo, principe del
Galles. Pablo Larraìn dà un’immagine molto diversa di Diana. E ha scelto Kristen Stewart per dare
corpo a una Principessa dall’anima tormentata, arrabbiata, addolorata, fragile e sola. Ci sono dei bei
dialoghi e delle scene oniriche molto affascinanti.
The Last Duel (2021)
La storia del duello tra Jean de Carrouges e Jacques Le Gris, due amici diventati rivali. Quando la
moglie di Carrouges viene molestata da Le Gris, cosa che lui nega, lei non rimane in silenzio e lo
accusa. Il film è tratto dal romanzo di Eric Jager. La sceneggiatura scritta da Nicole Holofcener,
Ben Affleck e Matt Damon è straordinaria, per la storia coinvolgente e i dialoghi intelligenti. La
particolarità è che viene raccontata dai tre punti di vista appartenente ai tre protagonisti. E poi c’è
l’ottima regia di Scott. Il tutto funziona anche grazie a un cast di alto livello: Jodie Corner, Adam
Driver, Ben Affleck e Matt Damon.
Bones and All (2022)
Maren (Taylor Russell) vive sola con il padre – suo unico tutore – in condizioni al limite della precarietà. Scopriamo ben presto che Maren è antropofaga, cannibale, e per questa ragione è stata costretta a passare gli anni della sua infanzia e prima adolescenza costantemente in fuga. Convinta di essere l’unica a soffrire di tale condizione, scopre che come lei ce ne sono altri. Ma è quando incontra Lee (Timothèe Chalamet), a sua volta in fuga che Maren, pur tra mille paure e nella vera e propria odissea che si rivela essere il suo viaggio, comincia a pensare di poter avere una vita come quella di tutti gli altri e un futuro. Luca Guadagnino riesce nella non facile impresa di rendere poetico (e a tratti addirittura tenero) un tema solitamente relegato al genere horror come quello del cannibalismo. Bones and All è una metafora sulla crescita e sulla necessità di trovare il proprio posto nel mondo, magnificamente diretto e supportato da ottime interpretazioni da parte del cast.
Aftersun (2022)
Sophie trascorre le vacanze estive insieme al padre Calum in Turchia. Calum sta affrontando una serie di problemi finanziari e lavorativi e combatte con uno stato latente di depressione. Sophie documenta con la sua telecamera ogni tappa del viaggio, tra nuove amicizie e scoperte, mentre noi assistiamo alla messa in scena di un rapporto padre/figlia intimo, commovente e letteralmente indimenticabile. Per la sua straordinaria interpretazione di Calum, Paul Mescal è entrato nella rosa dei candidati a Miglior attore agli Oscar 2023. L’alchimia con la giovane co-protagonista Frankie Corio è palpabile e il film d’esordio della regista Charlotte Wells è tra i migliori usciti nel 2022.
The Whale (2022)
Charlie è un professore affetto da obesità di grado severo, che vive recluso nel suo appartamento e che non ha più rapporti con la figlia adolescente Ellie. Vorrebbe riallacciare la relazione con la ragazza e quando se ne presenta l’occasione si scoperchia un vaso di Pandora fatto di non detti, di incomprensioni e di rancore sopito per anni. Brendan Fraser è artefice di una prova semplicemente straordinaria, che gli è valsa il premio Oscar come Miglior attore protagonista agli Academy Awards 2023. Darren Aronofsky adatta l’omonimo testo teatrale di Samuel D. Hunter in un film non facile, estremamente drammatico e commovente. Da sottolineare la performance di Hong Chau nei panni di Liz, infermiera e amica di Charlie.
Close (2022)
Léo e Rémy, 13 anni, sono sempre stati amici, fino a quando un evento impensabile li separa. Léo allora si avvicina a Sophie, la madre di Rémi, per cercare di capire. Per la regia di Lukas Dhont, che firma questa pellicola dopo Girl, il film vede come interpreti Eden Dambrine, Gustav De Waele ed Émilie Dequenne. Presentato in concorso al 75esimo Festival di Cannes, dove ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria, candidato come miglior film straniero ai Golden Globe 2023 e candidato agli Oscar come miglior film internazionale, Close è un delicato e toccante racconto di un’amicizia. Struggente.
Il male non esiste (2023)
Takumi e sua figlia Hana vivono nel villaggio di Mizubiki, vicino a Tokyo. Come le generazioni che li hanno preceduti, conducono una vita modesta secondo i cicli e l’ordine della natura. Un giorno, gli abitanti del villaggio vengono a conoscenza di un piano per costruire un glamping – un campeggio di lusso – a pochi passi dalle loro case e a pochi passi dalla dimora di Takumi. L’equilibrio ecologico del villaggio e il modo di vivere civile dei suoi abitanti sono messi in pericolo con conseguenze che influenzano profondamente la vita di Takumi e della piccola Hana.
Evil Does Not Exist ha riportato Hamaguchi Ryusuke dietro la macchina da presa dopo l’Oscar di Drive My Car. Un’opera potente e misteriosa sui rapporti tra uomo e natura. La pellicola, presentata col titolo internazionale di Evil Does Not Exist, è stata acclamata al festival del cinema di Venezia, dove ha vinto il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria. Emoziona l’unione delle immagini fotografate da Yoshio Kitagawa con le musiche di Eiko Ishibashi.
Io capitano (2023)
Il viaggio avventuroso ma drammatico di due giovani, Seydou e Moussa, che lasciano Dakar per raggiungere l’Europa. Un’Odissea contemporanea attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare. Il film è stato scritto da Matteo Garrone, Massimo Ceccherini, Massimo Gaudioso e Andrea Tagliaferri.
Diretta da Matteo Garrone la pellicola ha concorso alla 80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia per il Leone d’oro, venendo premiato con il Leone d’argento alla regia e il Premio Marcello Mastroianni all’attore protagonista Seydou Sarr. Il Film è stato candidato nella categoria al miglior film straniero ai Golden Globe e Agli Oscar 2024. Il racconto del reale avviene attraverso il fantastico, l’orrore è trasformato in fiaba. Garrone confeziona una pellicola di denuncia ma anche un delicato affresco su tradizioni, casa e legami famigliari spesso non considerati.
C’è ancora domani (2023)
Delia (Paola Cortellesi) è la moglie di Ivano (Valerio Mastandrea) e madre di tre figli. Siamo nella seconda metà degli anni 40 e questa famiglia vive in una Roma divisa tra la spinta della liberazione e le miserie della guerra appena conclusa. Ivano è capo e padrone violento della famiglia. Ha rispetto solo per suo padre, il Sor Ottorino (Giorgio Colangeli), un vecchio dispotico. Delia accetta la vita che le è toccata e un buon matrimonio per la figlia è tutto ciò a cui aspiri. L’arrivo di una lettera misteriosa però, le accenderà il coraggio di immaginare un futuro migliore. Presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma 2023, il film diretto da Paola Cortellesi ha ottenuto Menzione speciale miglior opera prima, Premio speciale della giuria e Premio del pubblico. È stato inoltre premiato come Film dell’anno ai Nastri d’argento 2024. Un toccante quadro ispirato al Neorealismo italiano ma, arricchito di innovazioni intelligenti e idee registiche moderne. Una potente riflessione sull’importanza di identità e cultura.
Perfect Days (2023)
Hirayama (Kôji Yakusho) conduce una vita semplice, scandita da una routine perfetta. Si dedica con cura a tutte le attività della sua giornata, dal lavoro come addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo all’amore per la musica, ai libri, alle piante, alla fotografia e a tutte le piccole cose a cui si può dedicare un sorriso. Una serie di incontri inaspettati rivela ogni giorno qualcosa in più̀ del suo passato. Wim Wenders regala una intensa riflessione sulla quotidianità del vivere. Una storia che sprigiona un messaggio di grande malinconia sulla condizione umana. Poetico.
Mia (2023)
Il film diretto da Ivano De Matteo, racconta la storia di una famiglia semplice e felice in cui entra con violenza un ragazzo che stravolge la loro vita rendendola un incubo. Quando la ragazza, aiutata dal padre, riesce ad allontanarsi e ricominciare a vivere, il ragazzo decide di distruggerla. Con Edoardo Leo, Milena Mancini e l’esordiente Greta Gasbarri un duro dramma familiare che riflette sui pericoli dei social e sulle fragilità di un’adolescenza esposta. Un’opera di formazione in cui al punto di vista dei figli si alterna quello dei genitori, anch’essi protagonisti di grandi fragilità, con una conclusione amara da tanti punti di vista. Un film fatto dagli interpreti.
Il sol dell’avvenire (2023)
Giovanni (Nanni Moretti) dirige tra mille incertezze un film sulla vita di un intellettuale comunista nel fatidico 1956, l’anno dell’invasione sovietica dell’Ungheria. Nel frattempo il suo matrimonio va in crisi. Passato in concorso al 76° Festival di Cannes Il sol dell’avvenire è l’ultimo film di Nanni Moretti. Nel cast anche Margherita Buy, Zsolt Anger, Mathieu Amalric, Teco Celio, Silvio Orlando, il regista polacco Jerzy Stuhr, Valentina Romani e Barbora Bobulova (Nastro d’argento alla miglior attrice non protagonista). Il sol dell’avvenire è una sorta di summa e definizione struggente delle tematiche care a Moretti. Denunciando il dominio delle piattaforme in difesa del Cinema e le contraddizioni politiche/ideologiche, il suo alter ego si mette a cantare, a ballare e si lascia trasportare dalla musica. Trascinante.
Dogman (2023)
Doug (Caleb Landry Jones) ha avuto una vita dura e sofferente. Sin da bambino ha subito violenze e maltrattamenti da parte del patrigno, crescendo in compagnia degli unici amici che aveva, i fedelissimi cani. Una volta adulto, Doug, ancora tormentato dai ricordi della sua infanzia, si rintana in una scuola abbandonata, dove vive insieme a un branco di cani. L’uomo si esibisce come drag queen, ma il suo sostentamento arriva proprio dai suoi amici a quattro zampe. “Ovunque ci sia un uomo infelice, Dio invia un cane”. Una frase di Alphonse Lamartine, che Luc Besson utilizza all’inizio del suo ultimo film. Presentato in anteprima in concorso alla 80ª Mostra del cinema di Venezia Dogman è un film duro ma poetico che non concede edulcorazioni e che mostra la cattiveria umana e la capacità di sopravvivenza nel dolore e nella solitudine. Nota di merito ad un eccelso protagonista.
Stranizza d’amuri (2023)
Giugno 1982, in una calda Sicilia due adolescenti, Gianni e Nino, si scontrano con i rispettivi motorini lungo una strada di campagna. Dallo scontro nasce una profonda amicizia, ma anche qualcosa di più. Gianni e Nino non si curano dei pregiudizi, delle dicerie e vivono liberamente. Una libertà che gli altri non comprendono. Stranizza d’amuri è dedicato a Giorgio e Antonio, vittime del delitto di Giarre, avvenuto nel 1980 in provincia di Catania.
Primo film dietro la macchina da presa per Giuseppe Fiorello. Vincitore del Nastro d’Argento, Stranizza d’amuri, è una pellicola coraggiosa, emozionante e nostalgica. Nel cast i giovani Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto, che interpretano i due giovani ragazzi protagonisti della vicenda.
Oppenheimer (2023)
Nel 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale, convinti che la Germania Nazista stia sviluppando un’arma nucleare, gli Stati Uniti danno il via in segreto, al Progetto Manhattan per mettere a punto la prima bomba atomica della storia. Il governo americano decide di mettere a capo del progetto il brillante fisico J. Robert Oppenheimer (Cillian Murphy). Nei laboratori, nel deserto del New Mexico, lo scienziato e la sua squadra di esperti iniziano a progettare un’arma rivoluzionaria che avrà conseguenze devastanti.
L’ultimo ottimo film di Christopher Nolan, vincitore di 7 premi Oscar, ha ottenuto un successo unanime di critica e pubblico confermando la versatilità e genialità del regista di Interstellar. Dramma anche umano che scava all’interno della psicologia dei personaggi interpretati da un ottimo cast di attori. Primi fra tutti Cillian Murphy e Robert Downey jr., premiati con l’Oscar.
Povere creature! (2023)
Godwin Baxter (Mark Ruffalo) un rinomato medico accademico, si trova alle prese con il più grande esperimento scientifico della sua intera carriera. Una sera si troverà a recuperare il corpo di una giovane suicida (Emma Stone) in attesa di un bambino. Decide di sostituire il cervello della donna con quello del feto, portandola in rianimazione in perfetto stile Frankestein. Da quel momento, l’avventura del Dr. Baxter si sposterà prevalentemente sullo studio a lungo termine di Bella, la sua nuova creatura dai comportamenti fanciulleschi per cui assolverà per la prima volta in vita sua le veci paterne. Ennesimo riuscito esperimento di Yorgos Lanthimos, il film, vincitore di 5 Oscar, è un dramma che riprende in parte alcune dinamiche delle sue opere precedenti e differenti tematiche care al regista di The Lobster e La Favorita. In primis il ruolo dell’essere umano all’interno di assetti socioculturali precostituiti. Straordinaria Emma Stone premiata con l’Oscar.
The Covenant (2023)
Durante la guerra in Afghanistan un interprete locale rischia la propria vita per portare in salvo un sergente, gravemente ferito, attraverso chilometri e chilometri in territorio nemico. Guy Ritchie dirige Jake Gyllenhaal e Dar Salim in un film che pur non essendo basato su una storia vera in particolare prende ispirazione dalle molte storie di interpreti afghani che hanno collaborato con i soldati americani durante la guerra. Storie spesso dimenticate che il regista ha voluto riportare alla luce in un titolo che è tra i film drammatici più interessanti da vedere su Prime Video.
Era ora (2023)
Dante ha un bellissimo rapporto con la fidanzata Alice, mentre ne ha uno davvero pessimo con il tempo. Costantemente in ritardo e in affanno preso da mille impegni che sottraggono spazio alla sua vita privata, ha l’impressione che la vita gli stia sfuggendo di mano. Improvvisamente, nel giorno del suo compleanno, Dante si ritrova a dover rivivere a ripetizione quello stesso giorno ma di volta in volta dell’anno successivo. Da quel momento la sua prospettiva sulla vita cambia: potrebbe essere l’occasione giusta per cambiarla? Film diretto da Alessandro Aronadio con protagonisti Edoardo Leo e Barbara Ronchi.
Lo strangolatore di Boston (2023)
Diretto dal pluripremiato regista e sceneggiatore Matt Ruskin, Lo strangolatore di Boston racconta la storia vera delle reporter Loretta McLaughlin (Keira Knightley) e Jean Cole (Kerry Coon), che negli anni Sessanta riuscirono a smascherare l’assassino che tra 1962 e 1964 si macchiò di 13 omicidi. Una storia che, sullo sfondo del thriller true crime, parla di questione femminile, di sessismo e di come due donne, lottando contro tutto e mettendo a rischio la propria esistenza, abbiano avuto il coraggio di imporsi e far sentire la propria voce.