Film per tutti: una selezione di film per tutti i gusti
Non c'è cosa più difficile che trovare un film che accontenti i gusti di tutti
È sempre complicato trovare un film per tutti i gusti e che possa accontentare i desideri di tutta la famiglia. Pellicole adatte ad ogni tipologia di persona, adulto o bambino che sia. Abbiamo cercato di stilare una top che veda presenti film di ogni genere, dalle commedie come Moonrise Kingdom ai film drammatici come L’attimo fuggente; film cult entrati nella storia del cinema come Forrest Gump e pellicole più recenti come Brooklyn. Tra i film per tutti, ovviamente, non possono mancare i film italiani: Io non ho paura e Caterina va in città sono stati scelti a rappresentare la categoria.
Siete stufi di passare ore e ore a cercare il film giusto che possa accontentare voi e la vostra compagnia? Non vi resta che continuare a leggere per scoprire tanti titoli diversi appartenenti a molti generi diversi. Pellicole più o meno conosciute ma che sicuramente sapranno come intrattenervi, facendovi passare del tempo di qualità di fronte lo schermo.
Indice
Film cult – Film per tutti
L’attimo fuggente
Un film per tutti che è entrato nella storia del cinema e nel cuore di ogni spettatore è senza dubbio L’attimo fuggente. Nel collegio maschile Welton viene trasferito il professor John Keating (Robin Williams), un insegnante di letteratura dall’approccio educativo fuori dagli schemi. Egli porterà una ventata di aria fresca tra i ragazzi, gli farà conoscere la poesia e soprattutto li guiderà nella ricerca della loro strada. Sarà un gruppetto di ragazzi in particolare ad apprezzare gli insegnamenti del professore, tanto da emulare le gesta de La setta dei poeti estinti (protagonisti di un racconto) declamando poesie nottetempo.
Peter Weir con questa pellicola è riuscito ad emozionare intere generazioni. I temi affrontati sono sempre attuali: la rigidità del sistema scolastico, il rapporto padre-figlio e l’aridità dei sentimenti umani. Una lezione di vita, un film sulla libertà e sull’importanza di uscire dagli schemi. L’attimo fuggente vede come protagonista il compianto Robin Williams, qui in una delle sue migliori interpretazioni di sempre (non a caso venne nominato all’Oscar).
Stand by me – Ricordo di un’estate
Pellicola del 1986 diretta da Rob Reiner e tratta dal racconto Il corpo (contenuto nella raccolta di novelle Stagioni diverse di Stephen King). In questo film vengono narrate le avventure di un gruppo di ragazzini di Castle Rock la cui quotidianità viene stravolta da un evento misterioso: la scomparsa di un loro coetaneo. Inizieranno così un viaggio alla ricerca del corpo del ragazzo alla fine del quale la loro vita cambierà drasticamente.
Film icona degli anni ’80, raccontato in modo amaro e che lascia però alcuni spiragli di spensieratezza. Una storia di amicizia interpretata in modo impeccabile dai quattro giovani interpreti: Will Wheaton, Corey Feldman, Jerry O’Connell ed il compianto River Phoenix. Straordinaria la colonna sonora con molti pezzi anni ’50 tra cui l’omonima canzone. Capolavoro che lo stesso Stephen King ha definito essere la miglior trasposizione cinematografica tra tutti i suoi racconti.
Forrest Gump
Un cult degli anni ’90 liberamente ispirato al romanzo di Winston Groom. Forrest (Tom Hanks) racconta la sua storia a due signore sedute sulla panchina in attesa del bus. Comincia dall’infanzia, racconta di quando veniva bullizzato a scuola per il suo ritardo mentale e di quando conobbe Jenny (Robin Wright), la sua migliore amica, che gli farà scoprire la sua abilità nella corsa. Racconta dell’età adulta, di quando giocava a football all’Università dell’Alabama e di quando si arruolò nell’esercito. Ma soprattutto narra tutti i suoi incontri e avventure straordinarie alle quali prende parte senza rendersene neanche conto.
Il film di Robert Zemeckis è un grande racconto, quasi una fiaba. È tragico e comico allo stesso momento, esalta l’America ma allo stesso tempo critica la società. Forrest Gump racconta la storia dell’America dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, si passa da Elvis a John Lennon, dalla guerra del Vietnam al Watergate, da Richard Nixon a John F. Kennedy. Un’opera che, soprattutto, ci insegna ad affrontare la vita con naturalezza e semplicità.
Ondskan − Il Ribelle
La violenza genera violenza. Ma solo un coraggioso atto di ribellione può una volta per tutte allentare la morsa in cui ci si è incagliati e godere finalmente della propria ritrovata libertà. Il regista Mikael Håfström riadatta in pellicola il libro autobiografico La fabbrica del male (Ondskan) dello scrittore e giornalista Jan Guillou. Candidato agli Oscar 2004 come miglior film straniero, questo coming-of-age svedese è prima di tutto un film sul potere rivoluzionario dell’amicizia come arma contro la sopraffazione.
Il protagonista Erik Ponti (Andreas Wilson) a seguito di numerosi atti di violenza nei confronti dei suoi compagni, viene immatricolato nel prestigioso collegio maschile di Stjärnsberg. Lì Erik instaurerà un legame profondo con il compagno di stanza Pierre Tanguy (Henrik Lundström), studente appassionato di libri e dall’animo gentile, anch’esso vittima del nonnismo e del machismo ostentato dei veterani del collegio. Attraverso un equilibrato lavoro di regia e scrittura, il film sembra richiamare le ambientazioni accademiche del già citato L’attimo Fuggente e la brutalità maschile delle confraternite che vedremo in Goat, il film indie del 2016 diretto da Andrew Neele. Il ribelle riflette con un inaspettato tono poetico ma brutalmente reale sul ciclo della violenza, virilità opprimente e nociva e sulla libertà come scoperta e slancio emotivo. Una storia, quella di Erik, sulla lenta ma inarrestabile nascita interiore di uno spirito ribelle e anti violento.
Mrs. Doubtfire − Mammo per sempre
Se c’è un film che più di tutti è riuscito a raccontare le intricate e (a volte) dolorose dinamiche della separazione, Mrs. Doubtfire con il suo tono divertente e divertito è un caposaldo della commedia familiare degli anni 90. Attraverso l’espediente narrativo del travestimento il regista Chris Columbus mette in scena la storia di un padre (l’indimenticabile Robin Williams) che, pur di non allontanarsi dai suoi tre figli a seguito di una sofferta separazione dall’ormai ex-moglie in carriera Miranda (Sally Field), veste i panni di una misteriosa governante inglese prendendo così segretamente le redini di casa.
Un padre Peter Pan mosso dall’amore sconfinato per i suoi figli; un giudice che determina il tempo, i luoghi, le modalità in cui questo amore paterno può d’ora in poi esistere. Il film, ormai diventato iconico, è una vera e propria concatenazione di scene cult, battute irriverenti, interpretazioni memorabili. Ma nonostante l’apparente gioco sull’equivoco, Mrs. Doubtfire è, a ben vedere, estremamente commovente per la sua innovativa rappresentazione di una famiglia che sembra andare in pezzi; su un amore irreparabile e arrivato alla sua irrimediabile fine. Indelebile nella mente di chiunque l’abbia visto, il monologo finale sulla parola “famiglia” e sulla varietà di famiglie esistenti. Un tema universale e attuale più che mai.
Rain Man − L’uomo della pioggia
Due degli attori più prolifici e popolari del cinema hollywoodiano: Tom Cruise e Dustin Hoffman. Due fratelli sconosciuti e opposti che a seguito della morte del padre devono sperimentare la costruzione di un rapporto iniziato troppo tardi: Raymond e Charie. In mezzo però una malattia mentale: l’autismo. Nel 1988 Barry Levinson su soggetto di un altro Barry, Morrow in co-sceneggiatura di Ronald Bass, dirige un film destinato all’immediato successo e a quattro premi Oscar. Rain Man diventa subito cult per interpretazioni (c’è anche una giovanissima Valeria Golino), colonna sonora (Hans Zimmer) e messa in scena.
Ma, ad oggi, viene amato anche per la sua rappresentazione nuova e sensibile della malattia mentale. Il Raymond/Hoffman è incapace di provvedere a sé stesso, di mantenere una conversazione, di vivere una propria indipendenza emotiva e quotidiana. Tuttavia è un genio, la sua mente matematica è in grado di calcolare, prevedere, indagare. Un’interpretazione diventata magistrale quella di Hoffman che recita col corpo dondolante, il volto e lo sguardo sempre sospeso ed enigmatico. La voce e le battute monosillabiche appaiono divertenti certo, ma tuttavia dolorosamente inquietanti. Raymond è piovuto dal cielo, venuto dal nulla. Ma, come la pioggia, destinato a lasciare le proprie tracce.
Will Hunting − Genio Ribelle
Diretto Da Gus Van Sant su sceneggiatura di due giovani attori emergenti Ben Affleck e Matt Damon, questo indimenticabile dramma del 1997 è una storia di formazione appassionante e struggente sulla scoperta e le possibilità di un talento geniale. Will Hunting (Damon) è un ragazzo ventenne che vive nelle periferie di Boston e passa le sue giornate accanto ai suoi amici tra delinquenza e piccoli reati. Mentre lavora come inserviente il giovane riesce a risolvere -di nascosto da studenti e professori- difficili problemi di matematica che trova scritti sulle lavagne del dipartimento del MIT. Scoperta l’identità del risolutore dell’impervio teorema il professor Lambeau (Stellan Skarsgård) convince Will ad aprirsi allo studio e iniziare una terapia con l’amico e psicologo Sean McGuire (Robin Williams).
Durante le sedute di psicoterapia emergerà il trauma che il ragazzo ha subito da bambino e attraverso un lungo percorso emotivo e formativo Will deciderà se lasciare Boston, la sua vecchia vita – e dunque i suoi amici- per andare in California iniziando una nuova vita di successo. Vincitore di due Oscar – miglior sceneggiatura e miglior attore non protagonista per Robin Williams – Will Hunting è un film che riesce a toccare le corde più profonde grazie ad una poderosa scrittura, abile nel creare un filo empatico tra spettatore e protagonista. Ma anche grazie ad una storia di scoperta e riscoperta di sé stessi, della graduale acquisizione di una propria sicurezza e della formazione di legami paterni, passeggeri ma necessari.
Film italiani – Film per tutti
Caterina va in città
Paolo Virzì ci narra la storia di Caterina, un’adolescente che viene catapultata dalla realtà di provincia di Montalto di Castro a quella della capitale. Il padre la costringe a iscriversi ad una scuola esclusiva e a frequentare compagnie di un certo livello così da ottenere agganci per la pubblicazione del suo romanzo. In questo nuovo contesto la ragazzina non riuscirà a trovarsi a suo agio, vedrà cadere le sue certezze ma alla fine riuscirà a ritrovare se stessa e la sua strada.
Terzo capitolo virziniano, dopo Ovosodo e My name is Tanino, che affronta il tema della crescita. Una commedia amara che adotta la formula del diario come struttura narrativa. Tutti i personaggi sono disegnati con precisione: il padre (Sergio Castellito) frustrato, la madre (Margherita Buy) insicura con una vena folle ed infine Caterina (Alice Tghil) ingenua, semplice, innocente e sempre col sorriso. Da sottolineare i camei di personaggi famosi tra cui Roberto Benigni, Michele Placido e Maurizio Costanzo.
Io non ho paura
Salvatores porta sul grande schermo il romanzo omonimo di Ammaniti (che partecipa alla sceneggiatura). Estate 1978, nel piccolo paesino meridionale di Acqua Traverse Michele si diverte con i suoi amici a scorrazzare per le campagne. Un giorno fa una scoperta sconvolgente: gli adulti del luogo tengono nascosto in un pozzo un suo coetaneo (Filippo). Questo segreto cambierà per sempre l’esistenza di Michele e di tutta Acqua Traverse.
L’intero film è narrato secondo il punto di vista del piccolo protagonista (la macchina da presa, infatti, viene posizionata ad altezza bambino). Il regista gioca per tutto il film sulle contrapposizioni: tra Michele e Filippo, tra poveri e ricchi, tra realtà e immaginazione, tra luoghi aperti e luoghi chiusi, tra il mondo dei bambini e quello degli adulti. Sarà proprio il mondo dei bambini, alla fine, a vincere e a ristabilire l’equilibrio. Da sottolineare l’interpretazione di Diego Abatantuono nel ruolo del cattivo.
Compagni di Scuola
Con Compagni di Scuola, Carlo Verdone raggiunge una maturità artistica acuta e malinconica, come d’altronde lo è tutto il suo cinema. Ispirato al film Il Grande Freddo del 1983, il regista romano dirige un film corale su una ‘riunione’ o meglio una ‘rimpatriata’ tra ex compagni di liceo ormai diventati quasi quarantenni. Ambientato interamente nella lussuosa Villa dei Quintili nel cuore dell’Appia Antica romana, questa commedia agrodolce è di certo divertente ed estremamente goliardica.
Verdone assieme ai suoi fidati sceneggiatori Benvenuti e De Bernardi rappresentano con un occhio lucido e attento la giovinezza perduta di un gruppo di amici mai stati tali, che, nonostante il passare degli anni rimangono divisi, invidiosi, rivali. Attraverso la risata Verdone decostruisce e svela le maschere dei suoi invitati, mettendo da parte le caricature dei film precedenti iniziando dunque ad indagare meglio i rapporti, le relazioni, le generazioni. Il film contiene personaggi e battute che hanno segnato non solo la carriera del regista, ma che hanno demarcato l’immaginario cinematografico popolare della commedia italiana di fine anni ottanta.
Aprile
Preceduto dalla sua aura d’inaccessibilità, indecifrabilità e probabilmente da un certo suo narcisismo, Nanni Moretti è il regista italiano che ha portato il suo sguardo senza compromessi sul presente. Il suo cinema, lungi dall’essere accomodante o compiacente, non strizza in alcun modo l’occhio ad un pubblico vasto. Ma, a ben vedere, nella sua folta filmografia Aprile è la pellicola che riesce più di tutti a creare un legame profondo con il suo pubblico, grazie al suo intento diaristico e il suo affaccio su un tema universale: la paternità.
Messa da parte la maschera di Michele Apicella, qui il regista e attore romano inserisce la sua personale storia della nascita del suo primogenito in un momento storico e politico italiano di grande cambiamento sociale. C’è il biennio 1994-1996 e la campagna elettorale per le prossime elezioni politiche, un blocco creativo che impedisce a Moretti la realizzazione ormai avviata del suo film di fiction e il suo documentario. Ma c’è anche il risvolto ultra-privato dell’imminente nascita di Pietro, la paura del parto e quelle dei primi giorni a casa. Moretti narra di sé stesso rivolgendosi più volte direttamente a sé stesso tramite un voice-over usato come flusso di coscienza. Aprile diventa un film intimo e nello stesso tempo politico, che guarda agli accadimenti politici come specchio più vasto di un privato.
Chiedimi se sono felice
Terzo lungometraggio del trio comico milanese, Chiedimi se sono felice è una commedia dolce-amara sull’amicizia, il tradimento e il sogno del teatro. Aldo, Giovanni e Giacomo si trasferiscono in un ex-magazzino di famiglia per lavorare meglio al loro tanto desiderato allestimento teatrale del Cyrano de Bergerac. Ma un equivoco amoroso e un successivo tradimento che coinvolgerà Marina Massironi come oggetto del desiderio, porteranno l’affiatato trio a sciogliersi, mettendo (forse) a repentaglio un’amicizia ventennale.
Con la loro solita comicità garbata e diretti dal loro regista di fiducia Massimo Venier, con questo film i tre comici hanno confermato il loro talento di pubblico superando i 45 miliardi di lire d’incasso totale al botteghino. Candidato a tre Nastri d’Argento e un Ciack d’Oro nel 2001 memorabile è anche la colonna sonora con le musiche di Samuele Bersani, l’apparizione di due giovanissimi Ficarra e Picone e il ruolo del ladro goffo e amabile di Giuseppe Battiston.
Film recenti – Film per tutti
Moonrise Kingdom
Uno dei tasselli principali della filmografia di Wes Anderson, un film per tutti poetico e stravagante. New England, estate 1965, Sam e Suzy sono due ragazzini di dodici anni molto problematici; si incontrano ad una recita in chiesa e decidono di scappare. Una vera e propria fuga d’amore in mezzo ai boschi che verrà però ostacolata. Quando una tempesta si accinge a colpire la costa l’intera comunità si mobiliterà a ricercare i due fuggitivi. Sulle loro tracce, in primis, i genitori della ragazzina e il capo scout di Sam (Edward Norton).
Un film che racconta con delicatezza un sentimento puro e innocente. La stravaganza del cinema indie di Anderson riesce ad unire il mondo dei bambini con quello degli adulti in modo poetico. Si nota, ovviamente, la solita attenzione maniacale all’estetica delle scenografie e della fotografia. Da sottolineare anche il cast stellare che vede Bruce Willis nei panni del poliziotto, Edward Norton in quelli del capo scout e Bill Murray con Frances McDormand ad interpretare i genitori di Suzy.
August Rush – La musica nel cuore
Una favola dei giorni nostri dove la musica fa da protagonista. Louis (Jonathan Rhys Meyers), cantautore, e Lyla (Keri Russell), violoncellista, si incontrano ad una festa e sulle note di “Moondance” capiscono che sono fatti per stare insieme. Il padre della ragazza impedisce il riavvicinamento dei due giovani e farà credere alla figlia che il bambino, concepito in quella notte, sia morto. Il bambino sarà quindi costretto a trascorrere undici anni in orfanotrofio fino a quando deciderà di andare a cercare i suoi genitori. Sarà la musica, filo conduttore di questo film, a far ricongiungere queste tre esistenze che non avevano mai smesso di cercarsi.
La storia può risultare poco realistica ma permette allo spettatore di lasciarsi trasportare dalla magia della musica. Una pellicola che esalta l’arte e la creatività e vuole offrire allo spettatore un messaggio di speranza e ottimismo. Collaborano alla riuscita del film l’ambientazione magica di New York e un ottimo cast dove spiccano Freddie Highmore (nel ruolo del piccolo August) e Robin Williams (il mago).
Little miss sunshine
Road movie del 2006 diretto dalla coppia esordiente Dayton – Faris e vincitore di due oscar. Quella di Olive è una famiglia particolare: il fratello ha fatto il voto del silenzio per entrare in aeronautica, lo zio ha appena tentato il suicidio e il nonno è stato cacciato dalla casa di riposo per uso di cocaina. Lei, invece, è una ragazzina che ha appena passato le selezioni di un concorso di bellezza e partirà alla volta della finale con un pulmino insieme a tutta la sua famiglia.
Una commedia americana indipendente che offre un divertimento tragicomico. Little miss sunshine delinea approfonditamente i suoi personaggi, ognuno di loro ha un carattere ben definito e si discosta dai soliti clichè della famiglia americana. La famiglia ha un ruolo fondamentale e viene descritta come rifugio in cui ritrovare la fiducia in se. Un film che insegna a non rinunciare mai ai propri obiettivi perché la vera vittoria è riuscire a rimanere se stessi.
Brooklyn
Melodramma moderno, ambientato negli anni ’50, che vede Saoirse Ronan interpretare Eilis, una ragazza irlandese costretta ad emigrare per cercare fortuna in America, più precisamente a Brooklyn. La ragazza, un po’ alla volta, pur continuando a sentire la nostalgia di casa (dove sono rimaste madre e sorella) inizierà a trovare la sua strada e riuscirà ad ottenere la sua libertà. Il film ha ottenuto tre candidature ai premi Oscar.
Una favola di formazione adattata per il grande schermo da Nick Hornby che presta molta cura ai dettagli. Anche i colori sono un dettaglio importante del film: i colori tenui dei vestiti con i quali la ragazza parte e quelli più accesi del vestito a pois che identifica la nuova vita della ragazza, l’azzurro vivo degli occhi e quello spento del cielo irlandese. Il colore che lo spettatore si porterà dentro alla fine del film, invece, è quello verde della speranza.
Lion – La strada verso casa
Saroo è un bambino di cinque anni che vive ai margini della società indiana. Una sera si addormenta su una panchina e perde il fratello maggiore. Per cercarlo sale erroneamente su un treno che finirà però a 1600 km dalla sua città natale. Qui non sarà in grado di comunicare con nessuno e dopo molte avventure riuscirà a farsi adottare da una famiglia australiana. Le origini però non si dimenticano e una volta adulto vorrà ritrovare la sua vera famiglia.
In Lion il viaggio fisico si alterna a quello interiore, la ricerca del villaggio di origine su Google Earth si alterna alla ricerca dei ricordi di quando era bambino; sarà proprio l’assaggio di un dolce tipico indiano, come una sorta di madeleine proustiana, a fargli riemergere i ricordi della sua infanzia e a fargli nascere il desiderio di mettersi sulle tracce di casa. Garth Davis, al suo esordio, ci presenta il concetto di famiglia sotto varie sfaccettature, analizzando in modo particolare il rapporto madre-figlio. Nel cast un’eccellente Nicole Kidman, Rooney Mara e Dev Patel ormai a suo agio nei panni del povero ragazzo indiano a cui la vita cambia improvvisamente.
Eighth Grade − Terza Media
Nonostante il titolo sembra richiamare un pubblico prettamente adolescenziale, l’esordio alla regia dell’attore e scrittore Bo Burnham è in realtà un film che abbraccia una platea più ampia e trasversale. Burnham pone il suo sguardo autentico sull’ultimo anno di scuola media di Kayla (Elsie Fisher); ragazza timida, estremamente insicura e che tenta di superare l’ultimo agognato anno in tutti mantenendo un costante profilo basso. Orfana di madre ma con un padre che le sta accanto con qualche difficoltà, il personaggio di Kayla rompe le convenzioni cinematografiche sulle adolescenti mostrando le fragilità, i dubbi, gli attacchi di panico e lo spaesamento delle nuove generazioni in un mondo social e ultra competitivo.
Il regista attraverso il suo possibile alter-ego femminile invita lo spettatore all’immedesimazione attraverso uno sguardo naturale e veritiero. Facendo così emergere la forza e l’importanza nel trovare una propria autenticità in una società che falsifica un’apparente sicurezza. Con Eighth Grade Kayla è la voce taciuta di un’infinità di altre giovani Kayla che, domandandosi se avere una figlia come loro sia in realtà un bene o male, vogliono finalmente vedersi e farsi vedere. Da non perdere.
Loving Vincent
Prima di essere (anche) un film, Loving Vincent è una coraggiosa opera artistica e tecnologica che ha fuso con successo cinema e pittura ad olio. I registi Dorota Kobiela e Hugh Welchman rielaborano più di mille dipinti delle opere di Van Gogh realizzate da 125 artisti di tutto il mondo. Attraverso la tecnica del retroscope i due realizzano un cartone animato affascinante e originale di 65.000 frames e 94 minuti. Il tentativo è quello di rievocare la figura umana e artistica di uno dei pittori impressionisti più amati e conosciuti della storia dell’arte attraverso un viaggio.
Il viaggio in questione è quello di Armand (Douglas Booth) che nell’estate del 1891 viene incaricato da suo padre postino di far arrivare a Theo, fratello del pittore, una lettera mai consegnata. Armand si reca dunque nei luoghi degli ultimi giorni di vita di Vincent, ascolta le persone che gli sono state accanto, indaga con loro il mistero della sua morte. Vincent è dunque evocato nella sua inafferrabilità, così in vita come nella sua scomparsa. E i registi scelgono di scindere, spezzare cromaticamente van Gogh e gli altri personaggi attraverso il bianco e nero per il primo e i colori acrilici e brillanti per gli altri. Vincent appare dunque una figura fantasmagorica e inaccessibile, misteriosa e sfocata come la sua mente e il suo sentire universale così doloroso e incompreso. Nel film anche Saoirse Ronan, Helen McCrory, Christopher O’Dowd.
Il curioso caso di Benjamin Button
Attraverso gli espedienti del flashback e del flashforward, il cinema ha l’incredibile capacità di farci viaggiare nel tempo. In un attimo il presente ci regala ricordi e memorie, oppure ci indica quello che sarà, quello che potrebbe essere. Tratto da un racconto breve di Francis Scott Fitzgerald e diretto dal regista di The Social Network David Fincher, il film del 2008 racconta la straordinaria vita a ritroso di Benjamin (Brad Pitt) dal momento del suo abbandono sulla porta di casa di Queenie (Taraji P. Henson) il primo giorno della prima guerra mondiale. Il nascituro però presenta tutte le condizioni fisiche di un anziano: la sordità, le cataratte, l’artrosi.
Nonostante la sua incredibile condizione fisica Benjamin è amato e riesce a vivere una vita tutto sommato normale nella sua straordinarietà. Man mano che gli altri attorno a sé invecchiano però, lui si vede ringiovanire. Diventando progressivamente un uomo maturo, un giovane, un adolescente, un bambino fino a morire da neonato nelle braccia di una donna. ll curioso caso di Benjamin Button ad oltre 12 anni della sua uscita affascina e coinvolge per la sua romantica e romanzata riflessione sullo scorrere del tempo e l’inevitabilità del suo impatto sul nostro corpo. Un cast stellare (Cate Blanchett, meravigliosa), la regia di Fincher, la colonna sonora di Alexandre Desplat, tre premi Oscar. Da vedere, per tutti.
ricordi di quando era bambino